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All'interno della struttura fiorentina una mostra del fotografo; all'esterno, una dello scultore
- Laura Lombardi
- 28 giugno 2019
- 00’minuti di lettura


La Sala del Mappamondo a Palazzo Vecchio, fotografata da Massimo Listri
Listri e Rivalta a Forte Belvedere
All'interno della struttura fiorentina una mostra del fotografo; all'esterno, una dello scultore
- Laura Lombardi
- 28 giugno 2019
- 00’minuti di lettura

Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliÈ da qualche anno che la stagione estiva di Forte Belvedere propone da giugno a ottobre mostre di grandi artisti contemporanei. Dal 2014 hanno richiamato oltre 600mila visitatori. Da quest’edizione in particolare i progetti si saldano dal punto di vista scientifico con l’attività del Museo Novecento, diretto da Sergio Risaliti, che ha ideato le precedenti mostre ed è curatore di quelle attuali insieme a Saretto Cincinelli.
A occupare gli spazi del Forte sono, all’interno, il fotografo Massimo Listri (uno dei suoi «ritratti architettonici» è il soggetto della stampa augurale riservata quest'anno ai nostri abbonati, Ndr) all’esterno lo scultore Davide Rivalta. La vocazione alla contemporaneità del Forte, espressa fin dai tempi della ormai storica personale di Henry Moore del 1972, si precisa nella scelta per questa edizione di un artista giovane, quale appunto Rivalta, anche se già di fama internazionale, in linea con l’indirizzo che caratterizza la 58ma Biennale di Venezia.
Con Rivalta, del quale sono esposti anche disegni a grafite eseguiti sulle pareti di due nuove sale interne del Forte, il visitatore è portato verso i primordi dell’arte, quando gli artisti intrattenevano con l’animale, il coabitante del pianeta, l’«altro» dall’umano, un rapporto magico, apotropaico e rituale. Rivalta elabora le sue sculture a partire anche da fotografie scattate agli animali negli zoo e nei parchi: «Nel caso della mostra al Forte è come dunque se Rivalta restituisse loro una libertà, ma imponesse anche la presenza di un “selvaggio” di un’alterità nello spazio, alla quale noi cittadini non siamo più abituati», osserva Risaliti.
Inoltre, da questa edizione, la mostra esce dal Forte proponendosi come laboratorio sperimentale nella città: negli spazi pubblici del quartiere periferico di Sorgane, al Teatro del Maggio Musicale e nel chiostro del Museo Novecento.
Quanto a Massimo Listri, fotografo che da anni persegue una ricerca ossessionata dalla bellezza del tempo storico dell’architettura, del linguaggio degli spazi museali ma anche industriali, con uno sguardo poetico e concettuale che lo distingue dalla fotografia d’area germanica, cui pure può essere assimilato, «la sua mostra è una sorta di cannocchiale rovesciato su Firenze, spiega Risaliti. Se il Forte, con la sua posizione, si affaccia sullo skyline della città mostrando i monumenti dall’esterno, con le immagini di Listri si entra invece all’interno di quegli stessi luoghi, astraendo però quegli spazi, immobili e silenti nei suoi scatti, dal flusso continuo del consumo turistico», scoprendo la ricerca in quelle architetture di forme quasi astratte o informali.

La Sala del Mappamondo a Palazzo Vecchio, fotografata da Massimo Listri