Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliCuratrice di eventi e docente di Antropologia Culturale all’Accademia di Brera, Giulia Grechi scrive nel suo libro Decolonizzare il museo (Mimesis 2021): «I musei etnografici hanno costruito e rappresentato le culture extraeuropee portando alle estreme conseguenze l’Illuminismo enciclopedico del secolo precedente e la fiducia incondizionata in un concetto di verità universale che nasconde un’ottica evoluzionista ed etnocentrica. Le loro collezioni (…) oggi costituiscono un patrimonio difficile e conteso, oggetto di molteplici richieste che riguardano sia la restituzione ai Paesi e alle comunità di provenienza, sia una profonda revisione delle narrazioni che il museo ha elaborato su di esse».
Così Grechi spiega il suo lavoro: «Il libro, che pone domande ma non fornisce risposte, nasce da 10 anni di indagini su tematiche non più rimandabili nell’attuale società transculturale ma che, per quanto emergenti in altri Paesi, in Italia non sono ancora affrontate. Il museo come dispositivo culturale nasce tra Otto e Novecento sulla base di urgenze e ideologie connesse al nazionalismo e alla seconda fase imperialista europea, confermate in Italia dal fascismo. Si tratta di narrazioni inferiorizzanti, a cui all’estero stanno rispondendo movimenti come “Decolonize our museums” e artisti come Alice Procter, che organizza nel Regno Unito “Uncomfortable art tours” tesi a raccontare le voci subalterne e il “non detto” della Storia».
Strettamente legato al tema delle restituzioni appare quello della conservazione: «Si tratta di patrimoni problematici, precisa Grechi. Basti pensare alla collezione padovana di calchi facciali realizzati in epoca fascista da Lidio Cipriani o al Museo delle Civiltà (Muciv) di Roma, ex Museo Coloniale inaugurato da Mussolini nel 1923. È molto difficile riproporre oggi quegli oggetti, che spesso non si saprebbe nemmeno a chi restituire, anche se sempre di più si sta cercando non solo di coinvolgere le comunità diasporiche a offrire il loro punto di vista e il loro contributo, ma anche di realizzare eventi come il festival Resurface, che ho curato con Viviana Gravano e Salvo Lombardo, coinvolgendo artisti come Luca Capuano o Leone Contini, i quali da tempo lavorano su questi argomenti. In Italia mancano afrodiscendenti nelle posizioni apicali delle istituzioni, capaci di restituire agli oggetti la loro fisicità originaria. L’Europa ha infatti privilegiato la sola vista, con un atteggiamento necrofilo che nega il “potere di scandalo” proprio di molti oggetti rituali».
Decolonizzare il museo. Mostrazioni, pratiche artistiche, sguardi incarnati,
di Giulia Grechi, 310 pp., ill. col., Mimesis, Milano-Udine 2021, € 24
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