Melania Lunazzi
Leggi i suoi articoliPassariano di Codroipo (Udine). Nel contesto delle numerose iniziative dedicate al quarantennale del terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia non poteva mancare una riflessione che toccasse l’ambito delle opere d’arte e dei beni culturali.
Il 23 aprile inaugura infatti la mostra «Memorie. Arte immagini e parole del terremoto in Friuli», che rimarrà aperta fino al 3 luglio negli spazi dogali di Villa Manin di Passariano.
Una mostra nata dalla stretta collaborazione tra la Soprintendenza alle Belle arti e al paesaggio e la Regione FVG costruita attorno a un'articolata elaborazione del tema della memoria, che in relazione al patrimonio culturale si traduce in termini di ricostruzione e di restauro. Cento i miliardi di lire investiti (grazie all’articolo 8 della legge regionale del 20 giugno 1977 numero 30) e millecinquecento interventi di ricostruzione o restauro, dal Duomo di Venzone, ripristinato filologicamente pietra su pietra, al Castello di Colloredo di Montalbano, che ha ottenuto l’ultima tranche di finanziamenti per il suo completamento definitivo.
La mostra, curata da Antonio Giusa e dal nuovo soprintendente Corrado Azzollini, è allestita negli spazi di Villa Manin ed è articolata su sette livelli di lettura, seguendo i diversi tipi di memoria, da quella dell’evento tragico a quella del restauro, a quella della solidarietà e del dono. Sono allestiti nel percorso espositivo dai documenti visivi e immateriali alle opere d’arte antica e contemporanea, in un viaggio dalla memoria tragica dell’evento (riletta attraverso documentari e servizi giornalistici dell’epoca tratti dagli archivi della Rai passando per la medaglistica e la collezione Friam fino ad arrivare all’interpretazione di un gruppo di giovani artisti) con dieci nomi under 30 scelti da Andrea Bruciati.
Cuore simbolico della mostra sono però i trentasei lacunari del Pomponio Amalteo che decoravano il soffitto della distrutta chiesa di San Giovanni Battista di Gemona del Friuli, esposti al pubblico per la prima volta dopo quarant’anni di vita in un caveau. Santi, profeti e sibille che costituiscono ciò che sopravvive di un soffitto di 90 metri quadrati che è oggetto di un vivace dibattito sulla sua ricollocazione e fruibilità in altre due chiese di Gemona.
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