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Una veduta d’insieme della Cappella Brancacci nella Chiesa del Carmine a Firenze

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Una veduta d’insieme della Cappella Brancacci nella Chiesa del Carmine a Firenze

Masaccio e Masolino 30 anni dopo

Parte il monitoraggio per un nuovo restauro dopo quello «Olivetti» dei celebri affreschi della Cappella Brancacci

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Laura Lombardi

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Grazie al sostegno della Fondazione Friends of Florence in compartecipazione con la Jay Pritzker Foundation, prende il via il monitoraggio della Cappella Brancacci nella Chiesa del Carmine che ospita il ciclo di affreschi con le «Storie di san Pietro», commissionato nel 1423 dal ricco mercante Felice Brancacci ed eseguito da Masolino e Masaccio. Seguirà il restauro, affidato all’Opificio delle Pietre Dure.

Nell’autunno dello scorso anno la Soprintendenza di Firenze aveva avviato, in collaborazione con il Comune concessionario della Cappella e con il Cnr-Ispc, una serie di indagini che hanno rilevato alcune criticità sulla parete destra. Così, dopo una generale spolveratura degli affreschi per rimuovere depositi che ne alteravano la cromia, è stato deciso di procedere sull’intero ciclo secondo un progetto del restauratore Alberto Felici e della storica dell’arte Maria Maugeri (entrambi della Soprintendenza) con Cristiano Riminese del Cnr-Ispc.

L’intervento, che sarà volto a sanare alcuni sollevamenti e cadute di colore, seppur giudicate non gravi, si colloca a più di trent’anni dall’importante restauro avviato nel 1984 e concluso nel 1990, secondo le tecnologie e le metodiche a quel tempo più avanzate, allora curato dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma diretto da Umberto Baldini, compiuto da Ornella Casazza e sponsorizzato dalla Olivetti.

Gli affreschi hanno subito diverse alterazioni nel Settecento: nel 1734 le nudità di Adamo ed Eva vennero censurate tramite foglie di fico rimosse nel corso dell’ultimo restauro; seguirono i danni causati da infiltrazioni di acqua ai quattro Evangelisti di Masolino nella volta a crociera, che fu poi sostituita da una cupoletta affrescata da Vincenzo Meucci (1694-1796).

In anni successivi furono scialbati anche gli affreschi di Masolino nei lunettoni laterali per lasciare posto alle finte prospettive seicentesche di Carlo Sacconi (resta però documentazione in due dipinti uno dei quali è oggi nella collezione, Matteini di Firenze), mentre scomparsi del tutto sono gli affreschi con «San Pietro piangente» di Masaccio e «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore» di Masolino, ai lati della bifora gotica sostituita con una più ampia di gusto barocco (ma sono state recuperate le sinopie ora nel percorso museale del Convento del Carmine).

La cappella sopravvisse per miracolo all’incendio del 1771 e gli affreschi, anneriti dal calore e del fumo, furono riparati grazie a un restauro promosso e sostenuto da Anton Raphael Mengs. Quando i Brancacci si trasferirono nel 1780 in Francia, il patronato della cappella passò al canonico marchese Gabriele Riccardi, promotore di un ulteriore rinnovamento nel 1782. Si arriva così al 1904 quando fu eseguito un semplice intervento di manutenzione.

Una veduta d’insieme della Cappella Brancacci nella Chiesa del Carmine a Firenze

Laura Lombardi, 10 settembre 2021 | © Riproduzione riservata

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