Graziella Melania Geraci
Leggi i suoi articoli«Ulisse torna a casa» è il titolo della mostra che annuncia il ritorno a Cerveteri, luogo da cui era stato trafugato, del «pithos Fleischman», il grande vaso etrusco decorato nella tecnica bianco su rosso, rientrato nella disponibilità del patrimonio culturale italiano grazie al Ministero della Cultura e all’operato dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, che hanno condotto le indagini insieme con l’Antiquities Trafficking Unit del Manhattan District Attorney’s Office di New York. Apparso nel 1994 nel catalogo A Passion for Antiquities: Ancient Art from the Collection of Barbara and Lawrence Fleischman della mostra al J. Paul Getty Museum e al Cleveland Museum of Art, per poi essere acquisito dallo stesso museo Getty, dal 6 maggio è nel Museo Nazionale Archeologico Cerite accanto al «vaso di Eufronio», in dialogo ideale con altri reperti ritrovati.
Il ritorno del pithos apre la strada a una serie di grandi novità presentate da Vincenzo Bellelli, neodirettore del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia, Massimo Osanna, direttore generale Musei, Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri, Mario Mettifogo, vicecomandante del Nucleo Tutela: l’adeguamento strutturale del Museo di Cerveteri, il progetto per un suo allargamento, la notizia di altri reperti in arrivo e una mostra in un nuovo museo a Roma che accoglierà gli oggetti recuperati.
«Gli addetti ai lavori conoscono da tempo questo vaso, racconta Vincenzo Bellelli, fu pubblicato nel catalogo della mostra “Ulisse il mito e la memoria” del 1996 al Palazzo delle Esposizioni ma non fu esposto: non è mai stato presentato in Italia, all’epoca era ancora nella collezione privata americana. Ilpithos Fleischmanè una delle rappresentazioni più antiche dell’episodio raccontato nel IX libro dell’Odissea, Ulisse e i suoi compagni che colpiscono il ciclope. Questo vaso è un po’ più tardo del “cratere di Aristonothos”, anch’esso di Cerveteri: quindi le rappresentazioni etrusche più antiche del racconto provengono da qui e ce ne sono anche altre che confermano il ruolo di Cerveteri quale capitale di cultura. Il mito greco e la leggenda di Ulisse intorno alla metà del VII secolo a.C. erano note a Cerveteri, si raccontava questa storia ed è probabile che fosse anche modificata, visto che il ciclope non è rappresentato come un gigante mostruoso, ma come un uomo seduto su uno sgabello dalle gambe tornite; anche nel cratere di Aristonothos il ciclope non è più grande di statura di Ulisse e dei suoi compagni. Ciò è molto interessante perché la ricezione del mito non è passiva. Il vaso è attribuito alla bottega dell’urna Calabresi, dove lavoravano decoratori che operavano sia nelle tombe sia su grandi vasi. Questo è il livello più alto di pittura vascolare, siamo ai confini della pittura monumentale, quindi, si tratta di artisti, non artigiani, che lavorano per le grandi famiglie».
Compagno di viaggio del Museo di Cerveteri e del Parco Archeologico per questa iniziativa è il Museo Nazionale Romano come conferma Stéphane Verger che parla della collaborazione anche con il Nucleo Tutela «… I carabinieri ritrovano, seguono tutta la procedura per portare in Italia gli oggetti e noi per poco tempo li accogliamo nelle Terme di Diocleziano. In questo momento ci sono reperti che provengono da tutti i musei degli Stati Uniti, siamo orgogliosi di avere il compito di custodire questi oggetti che poi sono attribuiti dalla Direzione Generale ai musei più adatti a riceverli, come il Museo di Cerveteri per l’opera in questione. Tra i viaggi di questo Ulisse ci sarà una nuova tappa a Roma, ruberemo per un po’ di tempo questa bella opera che sarà posta in contesto con tutte le altre opere recuperate».
La restituzione del vaso è frutto di trattative diplomatiche, come conferma il vicecomandante del Nucleo Tutela Colonnello Mario Mettifogo: «La nostra attività ha carattere prevalentemente investigativo, si svolge con determinate regole dettate da codici, ma non sempre è possibile portarla a termine e bisogna servirsi della diplomazia culturale come in questo caso. È un modo di operare che nasce per iniziativa del Ministero della Cultura, poi portato avanti materialmente da chi se ne occupa sul campo e spesso siamo noi a farlo. Consiste in una serie di accordi con gli Stati o con entità private per permettere il rientro di opere italiane che diversamente non avrebbero la possibilità di ritornare per la mancanza di una normativa specifica che regoli la materia, soprattutto quando parliamo di vicende internazionali. Per portare a termine le trattative, le tempistiche possono variare da qualche mese a qualche anno, dipende dall’importanza dell’opera e dalla controparte. Questa volta sono rientrati nel mese di dicembre oltre 200 pezzi dagli Stati Uniti, in particolare dal Getty. L’attività investigativa è svolta inizialmente in maniera riservata e permette di individuare le opere a volte attraverso segnalazioni, altre volte grazie a indagini incrociate. Le opere d’arte costituiscono sempre di più una fonte di reddito, un investimento per chi ha interesse a trasferire somme di denaro. Oggi ci sono ancora fenomeni isolati riferiti ai tombaroli, ma in numero assolutamente inferiore anche per un aumentato livello dei controlli e per un’accresciuta sensibilità della popolazione in generale verso questo tipo di argomenti. Inoltre è entrata in vigore da poco tempo una legge che tutela maggiormente i beni culturali: sono stati cambiati e aggiunti nuovi articoli del Codice penale in relazione alla tutela del patrimonio che prevedono pene più dure, sanzioni più elevate e quindi permettono di avere a disposizione strumenti investigativi più avanzati nelle indagini di questo tipo di reati. Ovviamente, trattandosi di Stati stranieri, l’Italia non legifera a riguardo, ma ci sono tante convenzioni dell’Onu che tuttavia non sono sottoscritte da tutti gli Stati, come ad esempio alcuni Paesi dell’Europa settentrionale e gli Stati Uniti, dove il concetto di proprietà privata prevale su tutto il resto, ovviamente parliamo di collezionisti e non di musei».
Per Massimo Osanna: «Il pithos è un pezzo d’eccezione che abbiamo voluto restituire subito alla comunità di Cerveteri, fino al 5 giugno, con l’idea di riportarlo momentaneamente a Roma dove stiamo fondando, anche su intento del ministro Franceschini, un Museo dell’arte salvata che sarà ospitato proprio nelle Terme di Diocleziano, forse già da giugno. Vogliamo presentare con il Nucleo Tutela i lotti di materiale restituiti. Poi, dopo questa esposizione, probabilmente trimestrale, li restituiremo ai luoghi di provenienza. Non per tutti è facile capire da dove siano stati rubati o prelevati, ma per il pithos siamo abbastanza certi, per altri pezzi è più difficile considerare la provenienza, quindi attribuiremo a musei che per competenza territoriale rientrano nelle aree dove grosso modo sono stati prodotti e distribuiti. Il pithos tornerà a Cerveteri e lo farà in compagnia perché ci sono altri pezzi molto interessanti: resta il problema di questo museo che, pur con un allestimento un po’ datato regge ancora bene, anche se è necessaria una possibilità di espansione. Cerveteri ha bisogno di spazi più vasti, ci sono materiali straordinari in magazzino e altri che arriveranno con questi nuovi recuperi quindi bisogna pensare a un nuovo luogo per creare un grande museo per una grande città come per il Parco Archeologico per il quale si procederà a una nuova perimetrazione dell’area facendo confluire anche tutte le zone che sono rimaste fuori fino ad adesso, come la via degli Inferi, e gestite, finora, separatamente dalla Soprintendenza. Risorse significative arriveranno a Cerveteri con il Pnrr per l’adeguamento di questo museo che ha problemi di accessibilità e di efficienza energetica e poi, appena il bilancio sarà pronto, sono già state accantonate risorse in modo che questo Parco nasca e cammini subito con le proprie gambe. Lavoreremo all’accessibilità, pensando a un ascensore per superare quel minimo di barriere architettoniche per poi lavorare sulle barriere cognitive perché un museo deve parlare a tutti con un linguaggio che non è solo per gli specialisti, ma è per tutte le comunità, classi di età e fruitori che speriamo siano sempre più numerosi».
Pronto ad accogliere l’invito del direttore generale Musei, il sindaco uscente di Cerveteri, Alessio Pascucci, individua quale futura sede del Museo Nazionale Cerite il Palazzo del Granarone, grande edificio costruito tra XVII e XVIII secolo, posto in posizione dominante e vicino al centro storico di Cerveteri. Proposta che, si spera, venga accolta dalla nuova amministrazione.
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