Hilarie M. Sheets
Leggi i suoi articoliPrima che la Frick Collection chiudesse l’anno scorso per un rinnovamento e un’espansione da 160 milioni di dollari, le sue opere di arte europea (dipinti, sculture e arte decorativa) erano rimaste in gran parte là dove l’industriale Henry Clay Frick le aveva collocate per la prima volta nel 1915, la sontuosa villa sulla East 70th Street. Ora, lontani dalle atmosfere «Gilded age», i capolavori del museo saranno in mostra per i prossimi due anni a pochi isolati, su Madison Avenue, in quella che fu la casa del Whitney Museum of American Art (e più recentemente occupata dal Met Breuer).
Piuttosto che tentare di replicare gli ambienti domestici (ancorché sontuosi) di Frick, densamente popolati di dipinti, bronzi, mobili, smalti, orologi, porcellane e tappeti, il museo si ripresenterà nell’austera cornice dell’edificio brutalista progettato da Marcel Breuer negli anni ’60 per il Whitney, ora ribattezzato Frick Madison. «Come cogliere l’opportunità di vedere la collezione in un modo in cui dopo questi due anni non sarà mai più possibile?», si chiede il vicedirettore e capocuratore Xavier Salomon, alla guida del progetto per il nuovo allestimento, aperto dal 18 marzo.
L’auspicio è di spingere i visitatori a stimolanti incontri con l’arte che è stata a lungo associata a un’atmosfera «sontuosa, ma difficile da fruire per i tanti oggetti assiepati». «Gran parte dell’esercizio al Frick Madison consiste nel decostruire ciò che accade alla casa museo Frick», dice Salomon. I 470 oggetti abitualmente in mostra sono stati ridotti a poco più della metà e sono raggruppati per la prima volta per provenienza, tipologia e cronologia.
«Tutto è allestito in modo molto semplice, quasi spartano, dice: assolutamente nulla che ricordi l’opulenza della sede storica del Frick». Al secondo piano del Frick Madison, con i dipinti nordeuropei provenienti dalla Germania, dalle Fiandre e dai Paesi Bassi, le gallerie di singoli artisti saranno dedicate a Vermeer, Rembrandt e Van Dyck, radunando in conversazione ravvicinata dipinti che erano prima sparsi per la villa.
Nella sala con tre dei 34 Vermeer conosciuti al mondo saranno esposti anche «Soldato con ragazza sorridente» (1657 ca), la prima opera del maestro acquisita da Frick, e «Ragazza interrotta durante la lezione di musica», l’ultimo acquisto, nel 1919, poco prima della morte. Il terzo piano è dedicato ai dipinti dall’Italia e dalla Spagna, con 3 El Greco, 4 Goya, un Velázquez e un Murillo.
Il «San Francesco nel deserto» di Bellini (1476-78 ca), forse la tela più amata del museo, è sola, come in una sorta di cappella. Grande rilievo è dedicato alla collezione di bronzi: «Al Frick sono ovunque, su ogni superficie e mobile, e in molti non li notano», dice Salomon. Analogamente, la collezione di porcellane è esposta in un’unica galleria, mescolando per colore («secondo modalità del Vecchio Mondo che, stranamente, sembra abbastanza contemporaneo e radicale in questo momento»...) ceramiche asiatiche ed europee su scaffali dal pavimento al soffitto.
Una grande galleria raccoglie i 7 Gainsborough, per la prima volta insieme, mentre 4 monumentali Fragonard sono attorno alla maggiore delle finestre trapezioidali dell’edificio, affacciata su Madison Avenue.
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