Luana De Micco
Leggi i suoi articoliI marchi sponsor delle Olimpiadi di Parigi (cfr. lo scorso numero, p. 32) potranno godere di una delle più invidiabili vetrine per farsi pubblicità. In occasione dell’evento sportivo, la Darc, Direzione regionale degli affari culturali, ha concesso infatti delle deroghe al «Codice dell’ambiente», che regolamenta gli annunci pubblicitari in città. Ovviamente, le deroghe sono «inquadrate giuridicamente». Per i monumenti storici «protetti», si legge in una nota del Ministero della Cultura del dicembre 2023, sono autorizzati solo bandierine e striscioni. Mentre «gli annunci dei marchi partner riguardano il monumento solo se ospita una competizione»: meno di una decina di siti storici in tutto, è precisato. Le deroghe valgono per un periodo limitato, dal 26 giugno al 23 settembre: comunque tutta l’estate parigina, che aspetta 15 milioni di visitatori.
Tra i «partner premium» dei Giochi, che conta di sfruttare al meglio la pubblicità privilegiata consentita dai Giochi, c’è Lvmh, leader del settore del lusso con 75 brand (da Louis Vuitton a Fendi, da Tiffany a Bulgari, a Moët & Chandon), il cui proprietario, Bernard Arnault, contende il titolo di uomo più ricco del mondo a Elon Musk. Secondo fonti di stampa, Arnault contribuirebbe ai Giochi con finanziamenti pari a 150 milioni di euro. Una cifra «modica» per il gruppo, che nel 2023 avrebbe speso per la sola pubblicità oltre 10 miliardi. Lvmh partecipa anche all’Olympiade Culturelle, organizzando eventi culturali paralleli all’evento sportivo. L’Arco di Trionfo e la colonna della place Vendôme figurano nelle sue clip per le Olimpiadi.
«I Giochi sono l’occasione per il magnate del lusso di completare la sua acquisizione simbolica della capitale», scriveva di recente Mediapart. In una lunga inchiesta, la rivista online indipendente ha contato almeno 200 indirizzi in città, tra boutique, caffè e uffici, che appartengono a Lvmh.
Di recente Arnault ha acquisito (per 770 milioni di euro, secondo CFNews, media specializzato nella finanza) il palazzo del 101 avenue des Champs-Elysées dove si trova uno dei flagship storici del gruppo. Sempre sul famoso viale parigino Lvmh sta completando i lavori al numero 103 dove aprirà un suo nuovo hotel di lusso. Il cantiere è ricoperto da un’immensa impalcatura che ricorda le forme del baule da viaggio con le iniziali del marchio Vuitton. Sul viale ci sono già nove boutique del gruppo. Lvmh possiede alcuni degli indirizzi più belli tra Saint-Germain-des-Prés, avenue Montaigne, place Vendôme e la piazzetta che si affaccia sul Pont Neuf, lato rive droite, dove si trovano l’headquarter di Vuitton e il grande magazzino La Samaritaine, in stile Art Nouveau, resuscitato proprio da Lvmh nel 2021 dopo più di dieci anni di chiusura ed enormi lavori di ristrutturazione.
A giugno 2023, riferisce Mediapart, Bernard Arnault avrebbe versato 184mila euro al Comune di Parigi (più 250mila euro di spese per la sicurezza) per affittare il più antico ponte di Parigi dove si è tenuta la prima sfilata di Pharrell Williams dopo la sua nomina alla testa di Vuitton. Poco dopo, su quella stessa piazzetta è stata installata una statua alta 15 metri dell’artista giapponese Yayoi Kusama, a sua immagine, con borsetta griffata al braccio. Mediapart parla di «Lvmh-Land» facendo riferimento al Bois de Boulogne, dove si concentrano la Fondation Vuitton, il Jardin d’Acclimatation, un parco giochi e l’ex Museo delle arti e tradizioni, tutt’ora in cantiere, che ospiterà un centro culturale dedicato al gruppo.
Il lusso si sta un po’ alla volta «mangiando» Parigi. Prima vittima sono proprio gli Champs-Elysées, dove stanno scomparendo i luoghi della cultura. Di recente ha chiuso un altro cinema multisala.
«Parigi è conosciuta in tutto il mondo come capitale dell’eleganza e della moda. Lvmh se ne nutre e specula per vendere i suoi prodotti», contesta Julien Lacaze, presidente dell’associazione Sites & Monuments, sentito da Mediapart. «Per Lvmh, Parigi è diventata un Monopoli», aggiunge l’architetto Françoise Fromonot. Arnault ha legato il suo nome anche al Louvre, organizzando sfilate di moda nella Cour carrée e partecipando con 15 milioni di euro alla raccolta fondi per l’acquisto di una natura morta di Chardin (in cambio di sgravi fiscali).
A Versailles, la Maison di profumi Francis Kurkdjian, che appartiene al gruppo, ha aperto uno spazio nei giardini della reggia.
Ma Lvmh non è il solo a farla da padrone. Anche altri marchi di lusso legano il loro nome a diversi luoghi privilegiati della capitale. Chanel, dopo aver contribuito con circa 25 milioni di euro a finanziare il faraonico restauro del Grand Palais, ha dato il suo nome alla porta della Grande Neuf, che si affaccia sugli Champs-Elysées.
Kering, che appartiene a François Pinault, l’uomo d’affari che espone la sua collezione d’arte contemporanea alla Bourse de Commerce parigina (oltre che a Venezia), dopo aver investito più di 150 milioni di euro nel restauro del palazzo, ha scelto la Tour Eiffel come sfondo delle ultime sfilate del suo marchio Yves Saint Laurent.
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