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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliParigi, art week, atto secondo. Il 10 aprile il testimone è passato a Sotheby’s, che in Faubourg Saint-Honoré ha allestito una doppia vendita: l’incanto serale di arte moderna e contemporanea è stato preceduto da una sessione tutta dedicata alla dispersione della collezione di Niomar Moniz Sodré Bittencourt, importante giornalista, imprenditrice e mecenate brasiliana. Proprio questa preziosa raccolta di opere, un mix di lavori delle avanguardie occidentali del XX secolo e di opere coeve di artisti sudamericani, ha dato una marcia in più alla serata, totalizzando 11,4 milioni di euro, risultato superiore alle aspettative iniziali di 6,9-10,5, con oltre il 50% dei lotti venduti sopra le stime di partenza. Se a questo fatturato si aggiungono i 19 milioni dell’asta principale si ottengono 30,4 milioni, risultato assai soddisfacente e in linea con quanto avvenuto la sera prima da Christie’s. Niomar Sodré Bittencourt era una donna volitiva, tenace sostenitrice della libertà e della democrazia del proprio Paese, anche attraverso le pagine del giornale Correio da Manhã, di cui fu direttrice. Venne ribattezzata «lady Resistenza», per la sua opposizione alla dittatura militare del Brasile e alla fine degli anni Sessanta pagò con il carcere e poi l’esilio a Parigi la sua coerenza. La sua non fu solo una resistenza politica ma anche culturale: appassionata d’arte riuscì a fondare il Museu de Arte Moderna (Mam) di Rio de Janeiro nel 1955, e già dagli anni ’40, anche grazie all’amicizia con la scultrice Maria Martins, entrò in contatto con la scena artistica internazionale. Due distinti incendi sul finire degli anni ’70 distrussero il 90% delle opere della collezione del Mam e anche della sua collezione privata. Una tragedia a cui resistettero i lavori ora battuti all’asta: 65, tutti quindi inediti per il mercato e per lo più acquistati da Sodré Bittencourt direttamente dagli artisti che li crearono.

Pablo Picasso, «Femme nue à la guitare», 1909. Courtesy Sotheby’s
Il gradino più alto del podio se lo è aggiudicato Alberto Giacometti con «Femme debout», del 1952 circa, passata di mano a 4,9 milioni (da una valutazione di 2,5-4). Una scultura lontana dalle successive astrazioni del maestro, radicata nella fisicità accentuata e che nella potenza visiva e nel rigore sembra rispecchiare la personalità della stessa collezionista. È invece rimasto nel pieno delle stime di 1,2-1,8 milioni uno dei primi lavori di ricerca cubista di Picasso, «Femme nue à la guitare», del 1909, venduto a 1,5 milioni. Molto buono il risultato di «Etude pour le Parc des princes» di Nicolas de Staël, in cui le figure si dissolvono in una serie di pastose pennellate giustapposte e in tocchi vibranti di luce: l’aggiudicazione è arrivata a 889mila euro, ben oltre le stime di 300-500mila. Risultati entro le previsioni per «Les fiancés» surrealisti di Max Ernst (a 241mila euro) e per l’astrazione nero brillante di Soulages (330mila). Si ferma a 254mila euro invece un «Achrome» tridimensionale di Piero Manzoni composto da sei rosette di pane, del 1962 circa (la valutazione era di 250-350mila euro). Con la scultura «O Guerreiro» del 1949, venduta a 279mila euro (da 80-120mila) è stato invece segnato il record per Maria Martins, l’importante artista brasiliana che mise in contatto Niomar Sodré con figure come Peggy Guggenheim e Marcel Duchamp. Del padre del ready-made non è passato inosservato il provocatorio e ironico seno in gomma piuma, «Prière de toucher», che ha superato i 76mila euro moltiplicando le stime di 10-15mila. Ideato come copertina del catalogo della mostra «Exposition Internationale du Surréalisme» organizzata da André Breton, nel 1947, questo esemplare non fa parte della tiratura numerata e venne omaggiato direttamente da Duchamp a Sodré. La collezionista fu una grande sostenitrice degli artisti più innovativi del Sudamerica a lei contemporanei e in asta si è distinto anche Almir da Silva Mavignier con l’astrattismo cromatico di «Armao de Linhas que se encontram», che ha raggiunto 95.250 euro, il suo miglior risultato in Francia.

Piero Manzoni, «Achrome», 1962. Courtesy Sotheby’s
La serata è proseguita con la vendita arte moderna e contemporanea che, pur senza exploit, ha saputo mantenere la rotta con un giro d’affari superiore a quello della vendita equivalente dell’anno scorso (pari a 17,9 milioni) e il 95% del venduto. La performance più debole si trova proprio fra i top lot: il Matisse di «Nu sur la chaise longue», che segna una fase di transizione, anticipatoria del tema delle odalische, ma rivolta ancora alla purezza di linee e forme del passato, non ha convinto del tutto ed è stato scambiato a 1,75 milioni, sotto le stime di 2-3 (La tela aveva già cambiato proprietario da Christie’s nel 2019 per 2,1 milioni). Stessa cifra, 1,75 milioni, è stata spesa per «La Partie de campagne or Le déjeuner sur l’herbe» di Cézanne, un paesaggio vitale ed armonioso, in origine appartenuto al mercante Ambroise Vollard, che ha superato le previsioni di 1-1,5 milioni. Se da Christie’s la pennellata di Caillebotte era apparsa un po’ sotto tono, ben diversa è stata la sorte del castagno fiorito protagonista di «Marronnier rose, plaine d'Argenteuil», composizione dal taglio fotografico che ha scatenato i rilanci fino all’aggiudicazione per 1.567.500 euro, un bel balzo rispetto alla stima di 350-450mila. Ottima performance poi per Andy Warhol, presente con sei opere, tutte vendute sopra le valutazioni di partenza. Fra tutte spicca una serigrafia del 1964 della serie «Flowers», mai andata all’incanto, che ha acceso la contesa, facendo lievitare il prezzo fino a 977.900 euro (da 200-300mila). Per l’Italia è infine il solito Lucio Fontana a distinguersi con due diversi lavori: un «Concetto spaziale, Teatrino» del 1965 che ha raggiunto 635mila euro (da 400-600mila) e un «Concetto spaziale, Attese», due tagli su fondo rosso, di piccole dimensioni (22x16 cm) che ha superato le previsioni di 300-400mila fino all’aggiudicazione per 495.300 euro.
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