Elisabetta Raffo
Leggi i suoi articoliNel corso di stimolanti conversazioni tra specialisti e appassionati di tappeti, Anna Beselin, curatrice e conservatrice di tappeti presso il Museum für Islamische Kunst (Museo di Arte Islamica) di Berlino e Jürgen Dahlmanns, creativo e designer contemporaneo, hanno immaginato, come racconta Beselin intervistata da Lucy Upward, editor della rivista «Cover», «una collaborazione che incarnasse il delicato equilibrio tra la conservazione di un manufatto storico e la creazione di qualcosa di nuovo e tangibile. Il progetto #CulturalxCollabs-Weaving the Future ha preso forma quando ci siamo trovati di fronte all'imminente chiusura del Museo di Arte Islamica al Pergamonmuseum, che ci ha spinto a riflettere sulla domanda: quale ruolo può svolgere il museo durante questa chiusura temporanea?». Il Museo di Arte Islamica è chiuso per i lavori che lo porteranno a riaprire completamente rinnovato nella primavera del 2027. Intanto ha messo in atto #CulturalxCollabs-Weaving the Future, un progetto volto a superare i confini delle pratiche museali convenzionali e a celebrare il potere trasformativo dello scambio culturale e i fili comuni che uniscono tutti noi. «Tutto ciò che amiamo, abbiamo amato e continueremo ad amare deriva dallo scambio culturale, dalla migrazione e dalla diversità», si legge sul sito dedicato al progetto.
Il protagonista è un tappeto caucasico del XVII secolo, cosiddetto «a draghi», di circa 6x3 metri, che si trova nei musei berlinesi da oltre 140 anni e riveste un significato particolare per la storia della collezione: nel 1881 è stato acquistato a Parigi dal Kunstgewerbemuseum (Museo delle Arti Applicate) e nel 1922 è diventato un prestito permanente per il Museo di Arte Islamica. Durante la seconda guerra mondiale è stato parzialmente distrutto da una bomba incendiaria e il suo restauro, avvenuto nel 2004 in occasione del centenario del museo, ne ha deliberatamente enfatizzato lo stato frammentario mettendo in risalto con uno sfondo neutro le parti mancanti con un effetto quasi grafico e contemporaneo. Il disegno originale, la storia sofferta e l’aspetto attuale del tappeto sono gli elementi che hanno portato all’idea di tesserne una copia dando così vita al progetto artistico #CulturalxCollabs-Weaving The Future. La copia in scala 1:1: del tappeto «a draghi» viene realizzata a mano nel Rajasthan, in India, nel 2022 e il lavoro dura un anno e mezzo. Dahlmanns (che ha ideato e donato al museo la copia) ha abilmente riprodotto lo stato del tappeto originale abbracciando le imperfezioni attraverso l’uso di lana colorata e seta bianca e mettendo in evidenza i cambiamenti di colore verificatisi nel corso dei secoli. Rispetto all’originale, la copia presenta il decoro riprodotto a specchio, per facilitare il dialogo diretto tra i due tappeti il giorno in cui verranno affiancati. All’inaugurazione del progetto, a settembre 2023, la copia è stata tagliata in 100 rettangoli uguali dando vita a «100 frammenti» di 60x30 cm.
Cento frammenti iniziano il loro viaggio nel mondo
Dopo l’inaugurazione ciascuno dei frammenti viene affidato a un proprietario-custode in giro per il mondo. Per amplificare voci e iniziative differenti, dopo alcuni mesi di custodia ciascun proprietario è invitato a cedere il proprio frammento ad altre persone e istituzioni così da accrescere e tessere nuove storie.
Entrando in contatto con vari ambiti della vita come la musica, il cibo, il gioco, l’intrattenimento, l’artigianato, l’arte, la famiglia, la scienza e lo sport, i 100 frammenti cambiando proprietario evolvono e favoriscono le collaborazioni: #CulturalxCollabs unisce le persone per imparare dal passato, celebrare il presente e plasmare collettivamente un futuro fondato sull’apprezzamento, sulla responsabilità condivisa e sulla curiosità reciproca. I proprietari dei frammenti possono far vivere la propria parte del tappeto seguendo le ispirazioni personali o condividendo le esperienze. Le possibilità sono illimitate e le storie narrate sul sito dedicato al progetto ne sono la prova.
Il ritorno di tutti i frammenti a Berlino è previsto a inizio 2027, alla riapertura del museo. All’evento di finissage saranno riassemblati nella grande sala dei tappeti della nuova esposizione permanente del Museo di Arte Islamica. Utilizzando i segni d’uso, le storie sui social media e le narrazioni condivise dagli ex proprietari-custodi, il tappeto diventerà un potente mediatore di queste nuove storie che i visitatori avranno l’opportunità di esplorare valutando l’impatto della collaborazione culturale.
In Italia
La Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica ha ricevuto all’avvio del progetto il frammento n.2/100. Nel periodo trascorso a Genova, nella dimora storica che ospita la biblioteca di Alessandro Bruschettini, il frammento ha avuto modo di accostarsi a importanti volumi dedicati ai tappeti caucasici, ma anche mamelucchi, persiani e ottomani. È quindi nata l’idea di affiancare il frammento non solo ai libri, ma a un tappeto caucasico «a draghi» della collezione Bruschettini. La Fondazione ha proposto al Mao di Torino di raccontare il progetto #CulturalxCollabs nell’ambito della mostra «Tradu/izioni d’Eurasia» esponendo il frammento. Il direttore Davide Quadrio ha allestito i tappeti in mostra nella monumentale Sala Mazzonis: qui il frammento contemporaneo ha dialogato con due esemplari storici di tappeti caucasici «a draghi» e «a fiori» (XVI-XVII secolo) della Fondazione Bruchettini e con l’installazione luminosa «Mosadegh» (2023) dell’artista Shadi Harouni (1985, Hamedan, Iran). La scelta non poteva essere più indicata: la parola «Mosadegh», punto di partenza della riflessione dell’artista, evolve nel tempo e si trasforma prima in «verità» e poi in «morte per crepacuore».
Ed ecco che le storie s’intrecciano: si racconta che la tragedia del bombardamento di Berlino, che portò alla distruzione di almeno 20 dei più importanti tappeti antichi dei musei della città, abbia causato nel 1945 la «morte per crepacuore» di Friedrich Sarre che, insieme a Wilhelm von Bode, fondatore del Museo di Arte Islamica di Berlino nel 1904, aveva creato la straordinaria collezione di tappeti del museo. Come si legge nella guida a «Tradu/izioni d’Eurasia» «il cortocircuito di narrazioni che s’intrecciano all’interno della mostra evoca una profonda riflessione sulla complessità delle relazioni e sulle possibilità di circolazione degli oggetti artistici che sembra riuscire a valicare i confini geografici e politici. In questa complessità di significati il frammento contemporaneo, così come l’originale che è stato tradotto, diventa un “pezzo sopravvissuto” che rinasce dalla distruzione e dal dolore del conflitto. All’interno del progetto #CulturalxCollabs-Weaving the Future ciascun frammento di tappeto diventa un potente mediatore e catalizzatore di esperienze e ispirazioni che racchiude centinaia di storie intrecciate una tradizione spezzata che successivamente viene tradotta in un messaggio di rinascita, potente e salvifico».
La mostra è terminata e il frammento è pronto a riprendere il suo viaggio che lo porterà al Museo di Arte Islamica di Doha, scelto come nuovo custode, dove dialogherà con alcuni dei tappeti antichi più importanti del mondo. I tappeti raccontano storie appassionanti di persone, paesi, culture, passato, presente e futuro. Forse per costruire un futuro migliore dobbiamo solo diventare tutti un po’ più curiosi.
Storie di tappeti nei musei in questi mesi
Sono tante le storie che possono raccontare i tappeti conservati nei nostri musei. Ecco le più recenti e quelle in programma: nella rinnovata Sala Islamica del Museo Nazionale del Bargello a Firenze è esposta una straordinaria coppia di tappeti mamelucchi del XVI secolo, di recente acquisizione, che raccontano storie medicee; nella sala islamica del Mao di Torino la nuova esposizione permanente dedicata alla produzione persiana di Kirman (XVI-XVII secolo) «Frammenti di... Fiori gloriosi in lana» racconta storie di straordinari artigiani che producono opere dai motivi e dal cromatismo contemporaneo. A inizio 2025 i frammenti saranno oggetto di un incontro speciale nell’ambito del Corso di Culture Materiali del Mao. Al Mita-Museo Internazionale del Tappeto Antico di Brescia dal 25 ottobre la mostra «Turchi di Transilvania» racconta la strana storia dei tappeti anatolici nelle chiese protestanti. Inoltre si avvia una serie di presentazioni di libri sui tappeti: dopo The Transylvanian heritage di Stefano Ionescu, il 20 novembre Maria Taboga, responsabile Laboratorio Arazzi del Quirinale condividerà le storie straordinarie vissute dai tappeti persiani nei palazzi romani. A Palazzo Lomellino a Genova un tappeto ottomano «Lotto» di fine XVI secolo e altre opere raccontano storie di «Ottomani, Barbareschi, Mori e altre Genti nell’arte Genovese» (fino al 26 gennaio).
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