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Marco Riccòmini
Leggi i suoi articoliGià i numeri parlano da soli: «14 nuove sale traboccanti di oltre 129 opere al primo piano della Galleria degli Uffizi per un totale di circa 2mila metri quadrati», annuncia il comunicato stampa. «Esposti per la prima volta i due recentissimi acquisti, i dipinti di Daniele da Volterra (stretto seguace di Michelangelo) raffiguranti la "Sacra Famiglia con Santa Barbara", l’"Elia nel deserto" e l’"Enigma di Omero»" del bolognese Bartolomeo Passerotti, eseguito per il fiorentino Giovanni Battista Deti che si pensava perduto, mentre una quindicesima nuova sala è uno speciale "assaggio", sintesi e anticipazione degli spazi che presto accoglieranno gli autoritratti degli artisti collezionati nel corso dei secoli [e che fino a non molto tempo fa stavano nel Corridoio Vasariano], con lavori, tra gli altri, di Bernini, Cigoli, Chagall, Guttuso».
Scommetto che al pittore nato a Bagheria un simile accostamento avrebbe fatto piacere (e, sospetto, anche a quello, di eguale vaglia, nato in Bielorussia); non tanto al Cigoli, che in pochi fuori di Firenze (giustamente) sanno chi sia, quanto al Bernini, giacché tutti, almeno una volta nella vita, si son seduti sul bordo della Barcaccia.
Si va di qua, si passa di là, io mi ci son perso andando dietro al passo svelto dello Schmidt (nel rispetto del distanziamento sociale), perché tra vecchie e nuove sale, in un percorso su e giù, con gli occhi che roteano a destra e a sinistra, sfido chiunque a non smarrire la diritta via (come si dice da quelle parti).
Sarà magari che, come lo Schmidt, anch’io sono nato al di qua dell’Appennino, quindi molto apprezzo che si sia «data una nuova importanza alle scuole extra toscane», ad esempio «per il ’500 romano la tela con la sublime “Morte di Adone” di Sebastiano del Piombo [che, per inciso, è veneziano] può finalmente essere di nuovo vista a un’altezza che permette di apprezzare ogni dettaglio».
E, poi, finalmente gli emiliani, a cominciare dalla «Madonna dal collo lungo» di Parmigianino, ora dentro una teca scura sulla parete di fondo di una sala stretta e lunga, che catalizza lo sguardo di chi entra. Va da sé che i toscani non mancano e, anzi, abbondano, ma mi sembra che, almeno in parte, si sia provati a ribaltare la storica, irremovibile, impostazione tosco-centrica degli Uffizi, mostrando anche il lato delle collezioni meno noto o, meglio, più oscuro, tenendo a mente quelle opere (ora una accanto all’altra) un po’ enigmatiche (anche dal punto di vista dell’attribuzione) di Battista, Dosso Dossi e del loro «Amico friulano», appena dietro l’angolo alla «Ninfa dormiente» di Leombruno.
Ovvero il «lato b» delle collezioni, le opere mai troppo esposte al sole del meriggio di quei pittori cui mancavano risposte certe. E così, di quadro in quadro, zigzagando si finisce, manco a farlo apposta, davanti a quel misterioso e sensuale «Venere, Satiro e Putti» di Annibale Carracci, già nella Tribuna degli Uffizi, dove un giovane Eros con la lingua di fuori sembra farsi beffe di noi, che pensiamo di avere sempre una risposta per tutto.

Il direttore Eike Schmidt svela la «Madonna del Pozzo» di Francesco di Cristofano detto Franciabigio

La Madonna dal collo lungo di Parmigianino al fondo della sala dei «parmigiani»

Il «Mosè difende le figlie di Jetro» di Rosso Fiorentino (al centro) tra il «Ritratto di uomo con guanti» del Franciabigio (a sinistra) e la «Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre» del Pontormo (a destra)
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