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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliIl museo d’arte contemporanea di Montpellier, il MO.CO., propone, dal 18 novembre al 28 gennaio 2024, la prima retrospettiva in Francia dell’artista pakistana Huma Bhabha, i cui lavori sono stati presentati in Italia alla Biennale di Venezia del 2015 e in una personale da Gagosian a Roma nel 2019. È una mostra dal titolo buffo: «Une mouche est apparue, et disparut» («Una mosca è apparsa, poi scomparve»).
Huma Bhabha, nata a Karachi, in Pakistan, nel 1962, si è stabilita negli Stati Uniti nel 1981, dove ha portato avanti i suoi studi, prima alla Rhode Island School of Design poi alla Columbia University. Da tempo vive e lavora a Poughkeepsie, nello Stato di New York. Huma Bhabha assembla tra loro materiali eterogenei e sorprendenti, bronzo e materiali di scarto, sughero e polistirolo. Esplora i temi del tempo e delle memoria, dei disastri delle guerre, delle migrazioni, del colonialismo. Nel suo lavoro è onnipresente la figura umana, ma trasformata, deformata, perché Huma Bhabha mette in discussione il posto dell’essere umano nel mondo.
Oscillando tra figurazione e astrazione, i personaggi delle sue sculture sono inquietanti, grotteschi, totem giganti, spaventosi. Ne sono un esempio le due, mostruose, sculture monumentali di bronzo del progetto «We Come in Peace» che sono state installate sul roof garden del Metropolitan Museum di New York nel 2018.
La personale del MO.CO è stata realizzata in collaborazione con il Museum Leuven, in Belgio, dov’è già stata presentata durante l’estate. Sono allestite una cinquantina di opere, presentate in Francia per la prima volta, una selezione di sculture, bronzi e opere intagliate nel sughero, tra cui «Castle of the Daughter» (2016), «I was Invited» (2020), «Impossible» e «The Ambitious One» (2021), una selezione di monumentali disegni su fotografia e alcune ceramiche.
I personaggi dei suoi disegni rappresentano essenzialmente esseri a metà tra l’umano e il non umano, che sembrano usciti da un film di fantascienza o arrivati da un futuro non identificato. Figure «estreme» che alludono alla fragilità, alle tensioni, ai conflitti.
Huma Bhabha è un’artista eclettica, che si ispira tanto all’iconografia della cultura popolare che alla scultura antica, greca e egiziana, tanto alle maschere rituali dell’Africa che alle maschere del Carnevale, tanto agli eventi d’attualità che ai ricordi di Karachi, la città natale: «Quando creo una nuova opera, mi oriento spesso verso le stesse influenze, cercando di guardarle con occhi nuovi, ha spiegato l’artista. Sculture antiche, statue africane, opere dell’Espressionismo tedesco, Picasso, Giacometti. C’è anche l’arte di Gandhara, uno stile scultoreo dalla mia regione di origine, nato nei primi secoli dopo Cristo, un misto di influenze greche e buddhiste. Il Gandhara è al crocevia tra Oriente e Medio Occidente. Vista dal Pakistan, la Grecia non era così lontana. Era un’epoca che celebrava gli incontri tra le diverse culture, che permetteva di generare del nuovo. Il nazionalismo è una delle cose peggiori al mondo. Uccide tutto ciò che è diverso».



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