Alessandra Ruffino
Leggi i suoi articoliIl 30 giugno 1902, dopo aver visitato la Prima Esposizione internazionale di arte decorativa moderna nel parco del Valentino (nella foto, l’affiche di Leonardo Bistolfi), Antonio Fogazzaro affidava al «Figaro» di Parigi il proprio entusiasta commento, per un’arte il linea con lo «stato d’animo della nostra società moderna». La fioritura dell’Art Nouveau ha la sua incubazione nei lustri assai densi tra il 1884 (ultima mostra degli Impressionisti e uscita di À rebours di Huysmans) e il 1899 (anno dell’Interpretazione dei sogni di Freud), per diffondersi poi in Europa e negli Usa di Tiffany, Sullivan e Wright, con Torino in posizione di rilievo. La mostra «Liberty. Torino Capitale», fino al 10 giugno a Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, illustra il ruolo centrale della capitale sabauda per l’affermarsi e il diffondersi del nuovo gusto. A cura di Beatrice Coda Negozio, Roberto Fraternali, Carlo Ostorero, Rosalba Stura e Maria Carla Visconti, raccoglie un centinaio di opere ed è affiancata da un programma off, «Libertyamo», orientato a coinvolgere città e cittadini alla riscoperta dell’eccezionalità del contesto architettonico circostante.
L’iniziativa costituisce un elemento chiave a sostegno dell’ingresso di Torino nel RANN (Réseau Art Nouveau Network) di Bruxelles e della sua candidatura a Città Patrimonio Mondiale Unesco per il Liberty. La mostra dà conto di quella irripetibile stagione nella quale, prima di ardere nel tragico rogo della Grande Guerra, la borghesia celebra il suo canto del cigno o, per dirla con Walter Benjamin, una morte in bellezza. Con un allestimento coinvolgente, l’esposizione spiega i meccanismi della creazione delle opere Liberty (grafiche, decorative, architettoniche, plastiche, poetiche o musicali che siano) e permette di apprezzare costanti e varianti di uno stile inconfondibile in cui la natura si sublima in simbolo e il simbolo torna a rifondersi nell’eterna metamorfosi delle forme.
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