Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliDopo i primi esiti del restauro presentati a inizio 2023, si è concluso l’intervento nella Sala della Guardaroba di Palazzo Vecchio, nota come Sala delle Carte geografiche per i 53 dipinti a olio su tavola inseriti negli sportelli di monumentali armadi che ci restituiscono la visione del mondo ai tempi di Cosimo I de’ Medici. Il restauro, il primo dopo più di mezzo secolo, del valore di circa 500mila euro, è stato elaborato dalla direzione Servizi tecnici-Belle arti e Fabbrica di Palazzo Vecchio, ma reso possibile grazie alla donazione dei Friends of Florence (unico donatore The Giorgi Family Foundation) nell’ambito del programma «Florence I Care», e ha visto anche la collaborazione del Museo Galileo.
Le carte geografiche, alle quali i restauratori hanno lavorato sotto gli occhi del pubblico, sono state spostate nell’adiacente Sala della Cancelleria. Nella Sala del Guardaroba si è provveduto al consolidamento della struttura portante del solaio, alla nuova pavimentazione e alla manutenzione conservativa dei 13 armadi monumentali in legno di noce realizzati tra il 1564 e il 1571 con motivo decorativo a intaglio di Dionigi di Matteo Nigetti. Durante l’intervento i pannelli in plexiglass sulle ante sono stati sostituiti da lastre antiriflesso tipo «Optium Museum Acrylic». Nuovo l’impianto di illuminazione della sala basato sul sistema domotico a Led; progettato anche un sito web per la visita virtuale in 3D.
L’ambiente fu realizzato da Giorgio Vasari (1561-65) su richiesta del duca Cosimo che collaborò con il cosmografo Fra’ Miniato Pitti. Trenta delle 53 carte geografiche sono state eseguite dal domenicano Egnazio Danti, le restanti 23 dall’olivetano Stefano Bonsignori. Si possono cogliere le differenze dello stile: più vicino a quello dei miniatori il primo, più simile alla condotta dei pittori contemporanei il secondo. Diversi erano anche i problemi di degrado, causati da strati di vernici protettive alterate e ingiallite, da numerosi ritocchi debordanti, a vernice e a olio, e da una diffusa patinatura di colore bruno, e ora le carte hanno ritrovato un aspetto luminoso e brillante.
Una notevole sorpresa ha riservato lo spettacolare globo monumentale al centro della sala, il più antico di così grandi dimensioni (220 cm di diametro) giunto fino ai nostri giorni, realizzato da Egnazio Danti in tempi in cui la tecnica di costruzione di questo genere di strumenti scientifici non era ancora stata codificata. Tuttavia poiché la sala, concepita da Cosimo come strabiliante macchina teatrale per riunire «le cose del cielo e della terra», non fu portata a compimento, il globo venne trasferito a Palazzo Pitti, poi nella Terrazza degli Uffizi (detta infatti delle Carte geografiche nel 1594). Dal 1776 fu esposto nel neonato Museo di Fisica e Storia Naturale (oggi la Specola) per poi far ritorno a metà del Novecento a Palazzo Vecchio.
Durante il restauro, realizzato in situ da Marica Milanesi e affiancato dalle ricerche sui documenti d’archivio di Serena Pini, è risultato che il globo non conserva quasi nulla della pittura originale di Danti, ma solo la struttura esterna di sostegno e gli elementi principali dell’armatura interna realizzati dall’ingegnere Antonio Lupicini «con invention nuova talmente che con un sol dito sì gran macchina si muove[va] per tutti i versi». La superficie dipinta, che doveva aver sofferto negli spostamenti, era stata oggetto di un primo restauro da parte del conte Antonio Santucci tra il 1595 e il 1597; sarà poi Matteo Neroni a decidere, tra il 1605 e il 1613, di ridipingere il globo ex novo. La cromia, pur lacunosa e consunta, è raffinata e preziosa nella descrizione dei mari in lapislazzuli, con gli animali acquatici in bianco, le scritte in oro, le terre in ocra e malachite, i rilievi lumeggiati, le isole in rosso cinabro, come le città rappresentate da piccoli castelli o pallini. Integrazioni e restauro pittorico sono stati eseguiti secondo il metodo della abbassatura tonale per restituire leggibilità, ma con la massima leggerezza nei ritocchi. È attesa una pubblicazione di Mandragora sugli studi e i lavori della sala.
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