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Margherita Panaciciu
Leggi i suoi articoliLa prima sessione a Prato, venerdì 30 maggio, dell’asta di Farsetti è un trionfo della ricerca formale e dell’innovazione stilistica nell’arte contemporanea. Si va dalla vibrante «Senza Titolo» di Tancredi, eseguita su faesite con tecnica mista, al raffinato equilibrio della scultura «Contrappunto X» di Fausto Melotti, realizzata in ottone nel 1973 (fusa nel 1985), testimone della poetica musicale e astratta dell’artista. Tra i protagonisti dell’arte ottico-cinetica, spicca Victor Vasarely con l’opera «Torony-N» (1970), acrilico su tavola che dialoga con le dinamiche percettive della visione, mentre Hans Hartung, con il vinilico su tela «T1969-H23», offre un esempio altissimo della sua gestualità astratta. Il panorama si arricchisce con opere iconiche come «Foglia» (1986) di Luciano Fabro, simbolo dell’Arte Povera, e con il vibrante «Senza titolo» (1979) di Mario Schifano, smalto e collage su tela che restituisce tutta la potenza espressiva della pittura segnica. Chiude il catalogo contemporaneo la sorprendente scultura «ErmEstetica Borghese» (2002) di Luigi Ontani, in ceramica policroma e oro zecchino: una sintesi barocca e visionaria della sua produzione più teatrale.

Fausto Melotti, «Contrappunto X», 1973. Courtesy Farsetti Arte
La seconda sessione dell’asta, sempre a Prato, sabato 31 maggio, è dedicata ai protagonisti dell’arte moderna, con opere che raccontano la trasformazione culturale e stilistica dell’Italia nel XX secolo. Tra i lotti più significativi spiccano il raffinato «Sedia azzurra e rape (Rape e brocca)» (1927) di Felice Casorati, olio su cartone che fonde realismo e simbolismo, e «Natura morta con germano» (1942) di Gino Severini, dove le influenze cubiste e futuriste si fondono in una nuova visione plastica. Commovente nella sua intensità è «Il Teatro dei Piccoli. Balli Plastici» (1917-18) di Fortunato Depero, mentre «Suite friulana n. 5» (1963) di Giuseppe Santomaso esplora il lirismo astratto del secondo dopoguerra. Opere come «Apparition d’espaces» (1948) di Alberto Magnelli e «Paesaggio» (1940-41) di Giorgio Morandi offrono due prospettive complementari: l’astrazione geometrica e il silenzio della forma.
Il «Paesaggio» di Morandi e «Lotta di guerrieri antichi» di Giorgio de Chirico, tempera su carta dei primi anni Trenta, provengono dalla prestigiosa collezione privata di Ardengo Soffici, figura fondamentale nella cultura del primo Novecento. Soffici fu ponte tra Italia e avanguardie europee, stringendo rapporti con Picasso, Apollinaire, Redon e Cézanne, e divenendo un crocevia intellettuale tra Parigi e Firenze. Tra le opere più interessanti della sessione moderna, «L’attesa» (1926) di Carlo Carrà è uno dei vertici assoluti dell’arte italiana del secolo scorso. Esposta per la prima volta nel 1930 alla Galleria Bardi nella storica mostra «Carrà e Soffici», quest’opera è stata definita dalla critica come una summa della poetica carrana post-metafisica. Secondo lo storico dell’arte Marco Fagioli, «L’attesa è una sorta di manifesto del Novecento italiano, un punto di sintesi tra il secessionismo, il futurismo e il realismo magico». Rievocando l’influenza giottesca, già al centro del celebre saggio Parlata su Giotto pubblicato su La Voce nel 1916, Carrà costruisce un’immagine sospesa, simbolica, fortemente radicata nella cultura italiana, ma aperta all’orizzonte internazionale del «rappel à l’ordre».

Felice Casorati, «Sedia azzurra e rape (Rape e brocca)», 1927. Courtesy Farsetti Arte
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