Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliDal 15 gennaio Costantino D’Orazio (Roma, 1974) è direttore per nomina ministeriale dei Musei Nazionali di Perugia-Direzione Regionale Musei Umbria, che comprendono oltre alla Galleria Nazionale dell’Umbria (Gnu), con sede a Perugia, 13 musei disseminati sul territorio. Da tempo impegnato nella divulgazione radiofonica e televisiva, soprattutto attraverso i canali Rai, D’Orazio abbina a una formazione fortemente orientata al contemporaneo esperienze nella realizzazione di mostre temporanee «crossover», in particolare modo in ambito romano. Funzionario della Soprintendenza, dal 2015 al 2018 è stato curatore residente del Macro, Museo di Arte Contemporanea di Roma.
Com’è nata la sua candidatura alla Galleria Nazionale dell’Umbria e dei musei regionali?
Era una sfida resa possibile dalla vasta apertura al contemporaneo attivata dal mio predecessore alla Galleria Nazionale Marco Pierini, che non smetterò mai di ringraziare per il suo lavoro. Per la Sala 39 ho un progetto che ne confermerà l’orientamento al contemporaneo. La Galleria ha ospitato in questi anni operazioni come la mostra di Brian Eno «Reflected» o «Nunzio incontra Perugino». Questa accoglienza riservata al contemporaneo mi ha permesso di ipotizzare una candidatura che si estende alla Direzione museale di una Regione, l’Umbria, da sempre vocata alla creatività contemporanea. Anche di fronte alla commissione giudicatrice sono stato chiaro: la sfida è sì tutelare e curare il patrimonio che ci è stato affidato, ma è anche riconoscere l’importantissimo ruolo di volano rappresentato dalla creatività contemporanea nel campo della valorizzazione.
Le tre parole chiave della mia direzione saranno dunque; accessibilità, ricerca e coinvolgimento. Al primo posto metto comunque la ricerca, intesa come progetto scientifico generatore di mostre e pubblicazioni incentrate su quell’arco temporale compreso tra Duecento e Cinquecento che costituisce il nerbo della Gnu. Anche in termini economici continueremo infatti a investire su restauro e tutela, e la prima mostra che inaugurerò, «Il Maestro di san Francesco e lo stil novo del Duecento umbro», sarà un progetto di altissimo livello scientifico. Lavoreremo però anche alla produzione di mostre monografiche orientate al contemporaneo in coproduzione con importanti musei stranieri, facendo conoscere la Galleria Nazionale dell’Umbria a una platea molto più vasta non solo attraverso i prestiti, ma anche i progetti condivisi.
Vede delle differenze nel tradurre in ambito museale la sua esperienza nella realizzazione di mostre?
Quello che intendo fare a Perugia è esattamente dedicare al fruitore la stessa attenzione che di solito gli riserviamo per le mostre temporanee. Marco Pierini e il suo gruppo di lavoro, insieme al Ministero, in questi anni hanno investito moltissimo nello straordinario riallestimento della Galleria, che io non toccherò. Potremo però lavorare ancora molto sul grande tema dell’accessibilità, intesa come testi ma anche come «strumenti» per coloro che sono affetti da patologie come cecità o autismo, potenziando accoglienza e mediazione con il pubblico anche grazie al coinvolgimento delle associazioni che si occupano direttamente di disabilità. Ho in mente progetti abbastanza sperimentali per fare in modo che la Galleria diventi in questo campo un esempio pilota, anche a livello internazionale. Grazie al Pnrr disponiamo peraltro di importanti finanziamenti, di cui si vedranno i risultati già in giugno e ottobre, quando in Umbria si terrà il G7 Inclusione e disabilità. Il mio obiettivo è che in quell’occasione la Galleria venga presentata come un’eccellenza dell’accessibilità museale.
In che cosa consiste il progetto «La sottile linea d’Umbria»?
La Direzione Regionale Musei Umbria gestisce, tutela e valorizza un sistema museale eccezionale e di estrema varietà, presente su tutto il territorio, che ha soltanto bisogno di essere conosciuto meglio. Noi contribuiremo ad esempio con cantieri di restauro e di valorizzazione, resi possible dal Pnrr, come è accaduto il 25 gennaio quando abbiamo inaugurato il cantiere aperto dell’Ipogeo dei Volumni, dove per la prima volta dopo 200 anni le urne etrusche verranno estratte e studiate con le più moderne tecnologie. Nessuno dei siti chiuderà durante i lavori.
«La sottile linea d’Umbria», grazie a mostre, performance, installazioni, durante l’estate metterà insieme le 14 realtà che pertengono alla Direzione Regionale. L’idea è creare una piattaforma aperta a tutti che colleghi il sistema regionale irradiandosi anche alle altre realtà culturali pubbliche e private, o perché invitate da noi o perché propongono iniziative di alta qualità che siamo pronti ad accogliere, mettendoci al servizio del territorio. Vorremmo infatti che il biglietto unico durasse uno o due mesi, in modo che le persone possano girare l’intera Regione costruendo i propri percorsi.
Come pensa di utilizzare la sua esperienza mediatica?
Si capisce molto bene dai post e dai reel che abbiamo già iniziato a realizzare sui social network, anche grazie all’apertura di un profilo TikTok. La mia idea è che possiamo governare questi nuovi strumenti e linguaggi senza però tradire l’identità istituzionale e la profondità culturale dei nostri valori. Attualmente nel 90% dei casi ci si limita a invitare degli influencer chiedendo loro di raccontare i musei. Questo può essere il primo passo, ma poi è l’istituzione museale stessa che dovrebbe farsi portavoce dei contenuti. Sto infatti per attivare dei corsi di formazione per il nostro staff.
Ovviamente, lavorando da 15 anni in televisione possiedo una precisa esperienza nella scelta delle parole, del montaggio delle immagini e del loro contenuto, e la sto mettendo a disposizione allo scopo di trovare chiavi innovative «progressive», che consentano un graduale passaggio dall’attuale comunicazione molto istituzionale a una più virale e di rottura. Abbiamo già iniziato questo percorso, con grande riscontro, comunicando l’apertura dei depositi della Galleria, andata esaurita in un pomeriggio nonostante i 500 posti disponibili. Il tema dei depositi era già stato affrontato da Pierini con la mostra «L’altra Galleria», ma la loro apertura costituisce un passo in più perché consente al pubblico di accedere al «dietro le quinte». Di fatto abbiamo raddoppiato l’identità della Galleria.
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