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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoli«Un ritrovamento eccezionale, per dimensioni e cronologia». Non esita a definirlo tale Paola Salzani, archeologa funzionaria della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona: a partire dalla lottizzazione residenziale «RivAdige» nel territorio comunale di Albaredo d’Adige in provincia di Verona, classificata a rischio archeologico, è emerso un sito «molto complesso, spiega Sarzani: in totale, a fine lavori su un’area di 6.720 mq, grazie agli scavi eseguiti tra febbraio e dicembre 2024 dalla Sap Società Archeologica Srl, sono state rinvenute e scavate 199 sepolture, di cui 138 a inumazione e 61 a incinerazione. Sono stati individuati almeno quattro nuclei funerari, con modalità deposizionali diverse (con le braccia lungo i fianchi o incrociate sul petto), oltre a una diffusa attività insediativa, il tutto sviluppato in modo non continuativo dall’Età del Bronzo fino all’Età medievale. Tre sostanzialmente le fasi cronologiche databili al Bronzo medio-recente (XV-XII secolo a.C.), al Bronzo finale (metà XII-X secolo a.C.) e all’età medievale a cui sono anche attribuibili oltre duecento strutture negative rinvenute nello scavo, in gran parte pozzetti e buche per l’alloggiamento di pali pertinenti a un nucleo insediativo che pare sovrapporsi alle sepolture, attestando di fatto la dismissione e presumibilmente l’obliterazione del cimitero a settentrione».
Nonostante le alterazioni e le distruzioni dovute prima ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e poi alla successiva costruzione dell’argine maestro del fiume Adige, il ritrovamento è classificato come uno dei più interessanti: «Per l’Età del Bronzo medio-recente, aggiunge l’archeologa, si tratta del primo rinvenimento di necropoli in sinistra d’Adige, mentre il territorio maggiormente noto si concentra nella porzione di pianura tra Mincio e Adige. Per la fase databile al Bronzo Finale il rinvenimento è un’ulteriore testimonianza della importante frequentazione del territorio di Albaredo in questo periodo, che ha la principale testimonianza nella grande necropoli di Desmontà, al confine con il Comune di Veronella, che contava più di 400 sepolture e nella quale sono stati rinvenuti, in un deposito votivo, i famosi schinieri in bronzo. Per la fase medievale lo scavo ha consentito di recuperare e reso disponibile un patrimonio biologico incredibilmente importante che ci consentirà di conoscere le condizioni di vita, di salute, i movimenti di popolazione della fase medievale a cui si riferiscono le sepolture, ancora non chiara in assenza di datazioni radiocarboniche degli scheletri».
Si tratta quindi di una scoperta che cambia la conoscenza del territorio, ma lo studio sarà molto lungo e la Soprintendenza si è già attivata per cercare i fondi per il restauro dei materiali e per le analisi e lo studio antropologico dei resti: l’auspicio è di riuscire a firmare convenzioni con le università che si dimostreranno interessate a condividere e promuovere questi studi.

La prima tomba intercettata nell’area sud della lottizzazione: un’inumazione di una giovane donna con corredo; a destra particolare del pettine in osso databile al Bronzo Medio
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