Melanie Gerlis
Leggi i suoi articoliRitorno all’ordine: le gallerie raggruppate per tendenza
I direttori della 46ma edizione di Art Basel, che si apre dal 18 al 21 giugno, hanno ripensato l’allestimento al piano terreno, dedicato ai mercanti specializzati nel mercato secondario. Negli ultimi anni questo spazio era sempre meno «definito», proprio come i confini del mondo dell’arte. Quest’anno le gallerie sono raggruppate in base alla loro specializzazione, quindi metà circa hanno cambiato posto.
Un appassionato di espressionismo tedesco e austriaco non avrà più bisogno di attraversare tutta la fiera per raggiungere gli stand della londinese Richard Nagy o della Galerie Thomas di Monaco, che saranno ora nella stessa sezione. Idem per i fan del Surrealismo: La Galerie 1900-2000 di Parigi si trova ora a due passi dalla berlinese Berinson. C’è un che di parco a tema alla Disneyland in questo tipo di suddivisione, ma un rinnovamento era necessario. Gli allestimenti di Art Basel a Hong Kong e Miami sono più schematici, e inoltre era un intervento chiesto dai mercanti. «La nuova disposizione è più coerente, spiega Marc Spiegler, direttore di Art Basel. Il pubblico non ha molto tempo e non vogliamo che lo passi a capire come muoversi tra gli stand».
In realtà non è cambiato molto in termini di espositori. La sezione centrale della fiera ha solo tre new entries: Rodeo di Istanbul e Londra, Take Ninagawa di Tokyo e Vilma Gold di Londra. Le italiane sono Artiaco, Continua, Raffaella Cortese, De Carlo, Invernizzi, kaufmann repetto, Giò Marconi, Massimo Minini, Noero, Christian Stein, Tega, Tornabuoni, Tucci Russo, Zero e Galleria dello Scudo (continua l’incomprensibile ostruzionismo di Basilea a una galleria qualificata come Lia Rumma).
A quest’ultima si deve anche la presentazione, tra i 74 progetti della sezione «Unlimited», di quella che il titolare della galleria Massimo Di Carlo definisce «l’unica installazione di pittura esistente di un artista del XX secolo»: si tratta di «...in continuum» (1987-88), composta da 109 dipinti (formato medio 175x245 cm) di Emilio Vedova ed esposta nella sua interezza per la prima volta. L’allestimento, di per sé «una performance in continua evoluzione» dal momento che non esistono istruzioni circa la disposizione delle tele, è affidato a Fabrizio Gazzarri, che per trent’anni è stato assistente di Vedova.
Alcune opere in fiera sono ricorrenti nelle aste in questa fase della stagione. Ad esempio, Landau Fine Art propone «Les dormeuses» (1965) di Picasso, mentre Dominique Lévy porta un busto di Giacometti raffigurante il fratello Diego (1951). La sezione «Feature», focalizzata su progetti curati ad hoc, propone una maggior novità ed è divisa su due piani. Sono una trentina le gallerie presenti quest’anno a «Feature», tra le quali James Cohan che presenta la prima opera visiva di John Cage, un «plexigramma» in otto parti (un pannello in plexiglas serigrafato) per celebrare la morte dell’amico e mentore Marcel Duchamp, «Not Wanting to Say Anything About Marcel» (1969). Luxembourg & Dayan offre due opere di Michelangelo Pistoletto, una delle quali, «La Gabbia» (1967-74), inviterà i visitatori all’interno di un’installazione a tutta altezza di pannelli specchianti che ricreano la cella di una prigione.
Il «progetto Messeplatz», con opere all’aperto, si presenta infine come una novità per chi è stanco delle fiere: Rirkrit Tiravanija ha realizzato «Do We Dream Under The Same Sky» (2015). Il progetto, con tanto di giardino delle erbe, porta un po’ di natura nel cuore in cemento e metallo della fiera.
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