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Ginevra Borromeo
Leggi i suoi articoliChristian Caujolle è stato una delle figure più influenti della fotografia francese e internazionale degli ultimi cinquant’anni. Critico, curatore, scrittore e fondatore della celebre Agence Vu, è scomparso il 20 ottobre a 72 anni, lasciando un’eredità che va ben oltre le immagini: un modo diverso di pensare la fotografia, di raccontare il mondo e di riconoscere il talento. Per Caujolle, la fotografia non era mai semplice riproduzione della realtà. «I fotografi sono una razza a parte», diceva, distinguendo chi produce immagini da chi è capace di offrire un punto di vista. Era questa tensione – tra realismo e immaginazione, tra documento e racconto personale – a renderla, ai suoi occhi, una vera forma d’arte.
Nato nel 1953 nel sud-ovest della Francia, cresciuto in un ambiente lontano dalla cultura visiva, Caujolle scoprì la fotografia relativamente tardi. Proprio questa mancanza, raccontava, alimentò una curiosità inesauribile. Gli studi a Tolosa e poi a Parigi, all’École Normale Supérieure, lo portarono a frequentare alcuni dei grandi intellettuali francesi del tempo, come Michel Foucault, Roland Barthes e Pierre Bourdieu. Un contesto che affinò il suo sguardo critico, senza mai trasformarlo in un teorico distante dalle immagini. Il vero punto di svolta arrivò con il giornalismo. A Libération, quotidiano simbolo della Francia post-1968, Caujolle iniziò come critico d’arte e letteratura, per poi diventare, nel 1981, direttore della fotografia. Da quella posizione cambiò il modo di usare le immagini nella stampa: affidò incarichi a fotografi allora sconosciuti, diede libertà assoluta agli autori, chiese loro non solo di documentare ma di interpretare. William Klein fu inviato a Lourdes per raccontare il Papa con uno sguardo irriverente; Raymond Depardon trasformò la cronaca internazionale in un diario visivo; Sophie Calle portò la sua pratica concettuale sulle pagine del quotidiano. Molti fotografi devono a quegli anni l’inizio della propria carriera.
Nel 1986 Caujolle lasciò il giornale per fondare Agence Vu. La sua idea era chiara: non un’agenzia di immagini, ma un’agenzia di fotografi. Vu divenne rapidamente un punto di riferimento per una fotografia più soggettiva, intima, spesso inquieta, lontana dai codici tradizionali del fotogiornalismo. Non era un imprenditore nel senso classico, ma un visionario con un fiuto straordinario per le voci nuove. Questo ruolo si rafforzò ulteriormente nel 1997 con l’apertura di Galerie Vu a Parigi. Qui Caujolle sostenne e lanciò autori che avrebbero segnato la fotografia contemporanea, da Antoine d’Agata a Michael Ackerman, da Anders Petersen a J.H. Engström. Amava decidere d’istinto: guardava un lavoro e, se lo sentiva necessario, lo esponeva. Senza lunghe spiegazioni, senza sovrastrutture teoriche.
Accanto all’attività editoriale e curatoriale, Caujolle fu anche un instancabile animatore di festival e progetti espositivi. Fu direttore ospite dei Rencontres d’Arles, curò mostre in tutto il mondo e fondò nel 2008 il festival Phnom Penh Photo, in Cambogia, dove seppe intrecciare fotografia e spazio urbano con grande sensibilità, proiettando immagini su barche che scorrevano lungo il fiume, trasformando la città in parte integrante dell’esposizione. Scrittore prolifico, autore di saggi, cataloghi e prefazioni, nel 2007 raccolse la sua esperienza in Circonstances Particulières, una sorta di autobiografia intellettuale attraverso la fotografia. Nel 2010 fu insignito dell’Ordre des Arts et des Lettres, riconoscimento ufficiale di una carriera che aveva già segnato profondamente il panorama culturale europeo.
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