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Raymond Saunders

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Raymond Saunders

Addio a Raymond Saunders, artista che ha sfidato convenzioni e stereotipi

Un artista atipico e profondamente politico, noto per i suoi dipinti enigmatici e stratificati, dove l’uso sapiente del nero si intreccia a materiali di recupero e frammenti di vita quotidiana

Riccardo Deni

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Raymond Saunders, figura di spicco dell’arte contemporanea americana, si è spento all’età di 90 anni. Le gallerie Casemore, Andrew Kreps e David Zwirner, che ne hanno rappresentato il lavoro, hanno annunciato la sua morte con un messaggio condiviso su Instagram. Saunders è stato un artista atipico e profondamente politico, noto per i suoi dipinti enigmatici e stratificati, dove l’uso sapiente del nero - non solo come colore ma come affermazione identitaria - si intreccia a materiali di recupero e frammenti di vita quotidiana. Nei suoi lavori, l’assemblaggio diventa linguaggio e strumento critico, un mezzo per interrogare il senso dell’essere un uomo afroamericano colto in una società segnata da ingiustizie e stereotipi.

Nato nel 1934 a Pittsburgh, Saunders ha ricevuto una formazione artistica solida sin dall’infanzia. Studiò con Joseph C. Fitzpatrick, mentore anche di Andy Warhol, Philip Pearlstein e Mel Bochner. Dopo una borsa di studio alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Filadelfia, conseguì la laurea al Carnegie Institute of Technology nel 1960. Poco dopo si trasferì in California, stabilendosi a Oakland, dove visse e lavorò per gran parte della sua vita. Il suo impegno nell'insegnamento fu tanto costante quanto la sua pratica artistica. Ottenne un master in Belle Arti al California College of Arts and Crafts, dove insegnò per molti anni fino a diventare professore emerito. Dal 1968 fu anche docente alla California State University East Bay di Hayward.

A parziale manifesto della sua attività, possiamo prendere un passaggio del saggio del 1967, «Black Is a Color», dove scriveva con fermezza: «Non sono qui per fare da comparsa. Non sono responsabile dell’intrattenimento di nessuno. Sono responsabile di essere me stesso, come uomo e come artista, nel miglior modo possibile, permettendomi di sperare che questo sforzo possa portare un po’ di luce, un po’ d’amore, un po’ di bellezza nel mondo e forse correggere alcune ingiustizie».

Tanti i riconoscimenti ottenuti in vita. A partire dai premi - Premio Roma nel 1964, la Guggenheim Fellowship nel 1976 e due sovvenzioni dal National Endowment for the Arts, nel 1977 e nel 1984 - fino alle importanti mostre a cui ha preso parte, come «Soul of a Nation: Art in the Age of Black Power, 1963–1983» (Tate Modern, 2017) e «Now Dig This! Art and Black Los Angeles, 1960–1980» (Hammer Museum, 2011), che hanno contribuito in modo significativo al dibattito sull’arte afroamericana nel XX secolo. Tanto che le sue opere fanno ora parte delle collezioni di importanti istituzioni mondiali come il Museum of Modern Art al Metropolitan di New York, la National Gallery of Art di Washington, il Museum of Contemporary Art di Los Angeles, il SFMOMA e il Berkeley Art Museum in California.

L'ultima retrospettiva a lui dedicata a cui Saunders è riuscito è stata «Flowers from a Black Garden», allestita al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, sua città natale, e conclusasi a metà luglio. Composta da 35 opere di grandi dimensioni, la mostra ha rappresentato, col senno di poi, un'ultima e importante celebrazione dell'artista nel luogo dove è nato e cresciuto, un luogo ancora più indissolubilmente legato a lui e al suo percorso artistico.

Riccardo Deni, 22 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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