Un bruciatore di incenso a forma di oca risalente alla dinastia Ming, Cina, inizio XV secolo, New York, The Metropolitan Museum of Art

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Un bruciatore di incenso a forma di oca risalente alla dinastia Ming, Cina, inizio XV secolo, New York, The Metropolitan Museum of Art

Al Met l’età d’oro dei bronzi cinesi

Prima del trasferimento a Shanghai, il museo newyorkese ospita da fine febbraio la prima mostra incentrata sulle sculture realizzate tra il 1100 e il 1900, finalmente rivalutate

Curata da Pengliang Lu, la mostra «Rifondere il passato: l’arte dei bronzi cinesi, 1100-1900» mira a configurarsi come il più significativo evento espositivo finora dedicato a questo tema. Dopo la presentazione nel Metropolitan Museum of Art, che la ospita dal 28 febbraio al 28 settembre, la mostra farà tappa nello Shanghai Museum (12 novembre-16 marzo 2026), coorganizzatore del progetto. 

Oltre 200 opere (non solo sculture, ma anche dipinti, opere calligrafiche, ceramiche, lacche e giade) dimostrano continuità e pregnanza dell’uso del bronzo nella storia cinese. Circa 100 pezzi appartenenti alle collezioni del Met si confrontano con altrettanti prestiti provenienti da Cina, Giappone, Corea, Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Dalla Cina in particolare giungono circa 60 opere, tra cui una monumentale campana del XII secolo che reca raffigurata una processione imperiale (proveniente dal Museo provinciale di Liaoning), bronzi rituali appartenenti a templi confuciani oggi nel Museo di Shanghai e lussuosi recipienti arcaicizzanti realizzati nel XVIII secolo dalle manifatture imperiali, conservati nel Museo del Palazzo di Pechino. 

Nell’antica Cina, le suppellettili bronzee erano emblemi di rituali e potere, riscoperti un millennio dopo, tra 1100 e 1900, come testimonianze di una perduta età dell’oro che meritava di essere studiata ed emulata. Questo «ritorno al passato» (fugu) apparteneva a un fenomeno di riscoperta della locale tradizione classica diffuso in tutte le arti. La produzione bronzea più recente è però stata a lungo stigmatizzata come imitazione scadente, invece di essere correttamente interpretata come un’arte fondamentalmente nuova, con caratteristiche estetiche e funzionali proprie. La mostra mira a smentire questa percezione, sottolineandone virtuosismo artistico, innovazione creativa e profondo impatto culturale. «Ci prefiggiamo una da tempo attesa rivalutazione dei bronzi di età tarda, precisa Pengliang Lu, cercando di stabilirne anche un’attendibile cronologia all’interno dell’ultimo millennio della storia cinese. Proponiamo una distinzione tra capolavori assoluti e opere minori, basandoci sulle loro caratteristiche artistiche e culturali». 

Le sezioni cronologico-tematiche sono 5: «Ricostruire antichi riti», «Sperimentazioni stilistiche», «Stabilire nuovi standard», «Vivere con i bronzi», «In sintonia con l’antico». L’ultima sezione in particolare esamina come il profondo apprezzamento da parte di intellettuali ed eruditi tra XVIII e XIX secolo abbia portato a un’ultima, arcaicizzante fioritura di questa produzione.

Campana «Taihe», nota come «Jiazhong», Cina, dinastia Song (960-1279), 1105 ca, reinscritta nel 1174 ca. Cortesia del Palace Museum, Beijing

Elena Franzoia, 13 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

Al Met l’età d’oro dei bronzi cinesi | Elena Franzoia

Al Met l’età d’oro dei bronzi cinesi | Elena Franzoia