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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoli«Mentre si avventurava nei territori dell’irrazionale e del visionario, Alberto Martini usava “la penna più sottile del mondo, la Made in England”, come precisa nell’autobiografia. Arrotata ulteriormente sulla pietra indiana, questa si trasformava in un “bisturi dell’arte” con cui poteva esercitare una cura ossessiva da miniaturista nella definizione dei dettagli lenticolari delle sue invenzioni», spiega Monica Cardarelli della Galleria del Laocoonte, che tira le somme di una stagione espositiva densa proponendo una nuova mostra del maestro veneto nella galleria antiquaria del socio e marito Marco Fabio Apolloni in via del Babuino.
Pittore, incisore e illustratore, Alberto Martini (1876-1954) possedeva uno straordinario talento grafico, alimentato dai rapporti con l’ambiente culturale tedesco e dal suo proiettarsi su un piano lavorativo ed espositivo europeo. La sua natura artistica enigmatica e decadente, dai forti tratti surrealisti, emerge con originalità, quando incontra Vittorio Pica, intellettuale tra i fondatori della Biennale di Venezia, che diffonde in Italia la poesia decadentista francese.
«Ho scelto oltre sessanta opere, diverse e mai esposte prima, che sintetizzano il lavoro più inventivo di Martini, racchiuso nei primi due decenni del Novecento, quando si lega d’amicizia a Pica: dalle illustrazioni dei racconti di Edgar Allan Poe a quella sorta di “resa visiva” dei poemi di Shakespeare e del teatro classico antico, fino alle litografie corredate da testi autografi». In particolare «Lacrime d’amore» sembra dare corpo a un’oscura dimensione interiore, dove passione, dolore e rancore si fondono insieme fino a raggiungere l’inevitabile oblio.
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