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Margherita Panaciciu
Leggi i suoi articoliA pochi giorni dall’apertura al pubblico di Art Basel Paris (dal 24 al 26 ottobre), Nahmad Contemporary ha presentato a sorpresa durante la speciale avant-première di ieri e durante l'odierna apertura vip quello che si preannuncia come uno degli allestimenti più significativi dell’intera fiera: la prima mostra personale dedicata a Pablo Picasso nella storia della manifestazione. Allo stand C31 sono infatti esposte nove opere straordinarie dell’artista spagnolo, raramente viste al di fuori di collezioni istituzionali, che attraversano quasi cinquant’anni di incessante sperimentazione e trasformazione stilistica.
Questa selezione non intende celebrare il nome di Picasso quanto piuttosto offrire un’occasione unica per osservare da vicino il processo continuo di reinvenzione che ha caratterizzato ogni fase della sua carriera. Si tratta di dipinti che, per la loro rarità e forza espressiva, richiedono una fruizione diretta: come sottolinea Joe Nahmad, fondatore della galleria, queste sono opere che sfuggono alla riproduzione, che rivelano pienamente il loro significato e la loro carica emotiva solo se vissute dal vivo. L’intento è quello di restituire al pubblico la dimensione dell’incontro autentico con l’arte, in un contesto, come quello fieristico, spesso dominato dalla ripetizione e dalla prevedibilità. Le opere selezionate coprono un arco temporale che va dal 1918 al 1967, tracciando un percorso che attraversa momenti chiave dell’evoluzione linguistica di Picasso. Il viaggio inizia nel primo dopoguerra, in un momento definito dal cosiddetto «rappel à l’ordre», ovvero quel ritorno all’ordine e alla chiarezza formale che investì gran parte dell’arte europea dopo le devastazioni del conflitto. Picasso risponde a questa tendenza non con adesione passiva, ma con una complessità volutamente ambigua: da un lato produce opere segnate da una monumentalità classica, ispirata all’antichità greco-romana, dall’altro continua a lavorare su forme cubiste ridotte all’essenziale, dove la figura viene scomposta fino a raggiungere un’essenza quasi astratta. È già in questo momento che si manifesta una delle costanti del suo percorso: la volontà di non fissarsi mai in uno stile definitivo, ma di mettere in crisi ogni forma acquisita attraverso nuove sintassi visive.

Pablo Picasso, «Nature morte (Fleurs et fruits près de la fenêtre)», 1934. © 2025 Estate of Pablo Picasso / Artists Rights Society (ARS), New York

Pablo Picasso, «Femme au corsage bleu (Dora Maar)» © 2025 Estate of Pablo Picasso / Artists Rights Society (ARS), New York
Con l’avvento del Surrealismo alla fine degli anni Venti, Picasso ne assorbe la tensione psichica e la logica onirica, pur mantenendo una posizione autonoma rispetto al movimento. Alcune delle opere in mostra riflettono chiaramente questo periodo: una natura morta simbolica dipinta in un momento personale turbolento, durante una relazione extraconiugale, e un ritratto disturbante di Dora Maar realizzato nel pieno della Seconda guerra mondiale testimoniano il suo interesse per la metamorfosi, per la distorsione della realtà come via d’accesso all’inconscio. In questi lavori, l’immagine si fa enigmatica, le forme si piegano e si contorcono, come in un processo di continua trasformazione che non concede mai certezze. Con il passare degli anni, il soggetto stesso dell’opera sembra diventare la percezione in quanto tale: un paesaggio mediterraneo, che potrebbe sembrare idilliaco, si dissolve in campiture di colore e luce che rasentano l’astrazione, mentre un tenero ritratto di Françoise Gilot trasfigura la sua fisionomia in una forma fiorita, delicata e insieme simbolica. Qui, l’interesse di Picasso non è più solo per il dato visivo, ma per la sua interpretazione emotiva, per il modo in cui l’occhio e la mente rielaborano ciò che vedono.
La mostra mette inoltre in evidenza il dialogo continuo di Picasso con la storia dell’arte, con i grandi maestri del passato, da Velázquez a Manet. Tuttavia, questo dialogo non assume mai la forma di un omaggio reverente: è sempre una reinvenzione radicale, una sfida che si rinnova in ogni opera. Ogni dipinto esposto in questo contenuto ma impattante allestimento testimonia il suo rifiuto profondo per ogni forma di stile statico. La pittura è per l’artista una pratica instabile, una tensione continua tra memoria e presente, tra struttura e rottura. La presentazione culmina con un nudo datato 1967, uno degli ultimi realizzati prima della morte, avvenuta sei anni più tardi. Si tratta di un’opera di straordinaria immediatezza espressiva, in cui si avverte la consapevolezza del tempo che passa, ma anche la determinazione a vivere pienamente il gesto pittorico fino all’ultimo. Non c’è nostalgia, né manierismo: solo la pittura, ancora una volta, come terreno vivo di esplorazione.

Pablo Picasso, «Paysage», 1937. © 2025 Estate of Pablo Picasso / Artists Rights Society (ARS), New York

Pablo Picasso, «Homme et femme nus», 1967. © 2025 Estate of Pablo Picasso / Artists Rights Society (ARS), New York
Il percorso si apre idealmente con «Pipe» (1918), un dipinto a olio su tela che appartiene al periodo immediatamente successivo alla Prima guerra mondiale, segnato da una ricerca di ordine e rigore formale. A seguire troviamo «Trois femmes à la fontaine» realizzato nel 1921, in cui emerge il classicismo monumentale che caratterizza gli anni Venti dell’artista. Proseguendo si incontra «Nature morte (Fleurs et fruits près de la fenêtre)» del 1934 e, di poco più tardi, «Paysage» (1937), un’opera che riflette un momento particolarmente turbolento nella vita dell’artista e nel contesto politico europeo. Del 1941 è invece «Femme au corsage bleu (Dora Maar)» che dialoga con un altro ritratto femminile presente in mostra, «Femme assise dans un fauteuil (Françoise Gilot)» del 1947. A rappresentare il decennio successivo, è esposto «L’Atelier» (1955), una composizione che ci porta all’interno dello spazio creativo dell’artista, carico di simboli e oggetti ricorrenti. Si prosegue con «Le Déjeuner sur l'herbe (d’après Manet)», realizzato nel 1960, in cui Picasso rende omaggio al celebre dipinto ottocentesco reinterpretandolo con il suo linguaggio inconfondibile. Chiude l’esposizione «Homme et femme nus», del 1967, opera tarda in cui l’artista continua a esplorare con energia e libertà il corpo umano, in una sintesi espressiva che unisce potenza gestuale e intimità. Nahmad Contemporary ha ideato un’esplorazione intensa e selettiva. Fondata nel 2013, la galleria si è affermata per la sua capacità di proporre mostre storicamente fondate ma curate con un occhio contemporaneo.
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