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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliCerti sono piccole opere d’arte, come il bottone in bronzo dorato inciso da Alberto Giacometti negli anni Trenta per Elsa Schiaparelli o il trio di esemplari con i disegni ispirati alle favole di La Fontaine dell’orefice Lucien Falize. Accessorio di moda indispensabile, utile ma anche frivolo, che può dissimularsi discretamente o dare quel tocco in più a un modello, il bottone è al centro della mostra «Déboutonnez la mode», che si tiene al Musée des Arts Décoratifs di Parigi dal 12 febbraio al 19 luglio. È esposta per la prima volta una collezione di 3mila pezzi (nella foto un bottone da giarrettiera del 1952 ca), che spaziano dal XVIII al XX secolo, raccolta da Loïc Allio e acquisita dal museo parigino nel 2012, affiancata da un centinaio di abiti e accessori in cui il bottone la fa da padrone, come nel civettuolo stivaletto di pelle rosa di Hellestern & Sons, fabbricato intorno agli anni Venti con una fila di minuscoli bottoncini neri, prestato dal Musée international de la chaussure. Non mancano modelli di Chanel e Christian Dior, passando per Cristóbal Balenciaga, fino ai bottoni-gioielli di Yves Saint Laurent e ai tailleur pantalone di Jean-Paul Gaultier interamente coperti di bottoncini di madreperla. Si comincia dalla fine del Settecento, quando l’accessorio è un oggetto di lusso, il cui valore supera talvolta quello dell’abito stesso e diventa veicolo di un’opinione o un messaggio umoristico, politico e privato. Nel 1780 il bottone compare sugli abiti e i corsetti femminili, mentre nell’800 si vuole discreto e raffinato sui gilet dei gentiluomini. La prima sezione si chiude nel 1910 sul ritorno dello stile «Impero» e le influenze dello stilista d’avant garde Paul Poiret. Gli anni Venti sono segnati dai suoi bottoni Art Déco: una vetrina è dedicata alle creazioni per Jean Clément, Jean Schlumberger ed Elsa Schiaparelli. Anche artisti come Jean Arp e Picasso si lanciarono in creazioni inedite. Il 1980 è l’inizio del declino: il bottone torna a essere un semplice bottone.

photo Jean Tholance
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