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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliFabrizio Russo torna a occuparsi di Giacomo Balla, dopo una retrospettiva, soprattutto di dipinti, tenuta nel 2010. Dal 15 aprile al 15 maggio con «Giacomo Balla. Dal primo autoritratto alle ultime rose» ripercorre la stagione creativa dell’artista attraverso 80 lavori, tra cui molti studi preparatori, alcuni inediti, e qualche importante opera, perlopiù provenienti dalle figlie Elica e Luce, poi passate agli eredi.
«Nello spazio di poche sale si snoda un percorso di cinquant’anni di ricerca incessante del maestro futurista, spiega Russo, dall’incipit folgorante nel suo primo autoritratto conosciuto (1894), un piccolo olio su cartone in cui l’artista ventitreenne volge il suo acuto, inconfondibile sguardo azzurro verso lo spettatore, a una conclusione negli schizzi degli ultimi anni, quelli in cui l’impetuosa creatività cerca di guidare la mano resa tremante dalla malattia». Spiccano cinque studi per una versione del famoso dipinto «Pazza» (1905), diversa da quella nelle raccolte della Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Gnam) di Roma, ma di cui non si conosce l’ubicazione e i bozzetti per «Risveglio di primavera» (1918), un tema su cui l’autore torna più volte, impiegando tecniche diverse.
Infine si segnalano l’olio «S’è rotto l’incanto», di cui il curatore della mostra Fabio Benzi anticipa l’esecuzione al 1921, e «Linee forza di mare» (1919), una lunga tempera su carta intelata, assimilabile a quella conservata nella Gnam.

Autoritratto del 1894 ca di Giacomo Balla
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