Iniziata con l’uso delle Realtà aumentata nei mesi concitati che hanno preceduto l’inaugurazione di Palazzo Citterio e la nascita della Grande Brera (attesa da 52 anni), la rivoluzione digitale che ha investito l’intero organismo di Brera procede rapidamente con una serie di iniziative in alcuni casi pionieristiche anche sul piano internazionale. A volerla e a guidarla sono il direttore generale Angelo Crespi e Diego Bernardi, responsabile delle strategie comunicazione e innovazione, che in questi pochi mesi («sebbene qualche progetto fosse già avviato, quando sono arrivato» precisa il direttore) hanno portato nel mondo digitale la nobile e antica istituzione voluta da Maria Teresa d’Austria. Ne parliamo con Angelo Crespi.
Direttore, partiamo dall’inizio: la Realtà aumentata. Perché l’avete utilizzata?
Dovevamo aprire Palazzo Citterio e dopo anni e anni di riunioni, commissioni, decisioni poi smentite, c’era una questione di tempi, sempre più stretti. Abbiamo perciò chiamato una startup di Milano, Proteus, che utilizzando la tecnologia Noor, un software di Mixed Reality, ha realizzato preventivamente alcuni video dell’allestimento in Realtà aumentata, su cui ci siamo basati al momento di allestire. La precisione era tale che quando li abbiamo poi confrontati con i video delle sale, risultavano indistinguibili. E ora che tutto il palazzo è stato scansionato, potremmo utilizzarla anche per le mostre, con costi contenuti e facilitando enormemente il lavoro dei curatori. Credo siamo stati tra i primi al mondo. Abbiamo presentato con successo il progetto a Roma, a un convegno della Direzione Generale Musei guidata da Massimo Osanna, e ne siamo molto soddisfatti perché abbiamo aggiunto una metodologia museografica utile a tutti gli operatori. Ma, rispondendo alla missione che mi sono posto, quella di rendere la Grande Brera accessibile e comprensibile a tutti, abbiamo messo a punto parecchi nuovi strumenti destinati al pubblico. Tanto per la Pinacoteca quanto per Palazzo Citterio abbiamo sviluppato con Inera una App gratuita di riconoscimento immediato (senza QR code, quindi) delle opere attraverso la videocamera degli smartphone che, in Palazzo Citterio, sostituisce le audioguide e anche le visite guidate, difficili da gestire in ambienti così ridotti. Per ora è in italiano e inglese ma presto aggiungeremo altre lingue. È molto performativa: sugli smartphone appare la scheda scritta e si ascolta l’audioguida. Un altro mio obiettivo primario era quello di far percepire immediatamente, appena entrati nel Cortile d’onore di Brera, in quale luogo di storia e di cultura si entrasse: chiunque entri, deve sapere di trovarsi in un museo importante e famoso nel mondo. Con Chora Media abbiamo perciò realizzato quattro podcast, narrati da Marco Carminati, il primo dei quali, sulle statue del cortile (un «Pantheon degli illustri» di Milano) è già online. E abbiamo in calendario una nuova serie su dieci capolavori della Pinacoteca. A questo punto era necessario che tanto in Pinacoteca quanto in Palazzo Citterio ci fosse il WiFi, che infatti abbiamo messo a disposizione. Intanto, con gli Amici di Brera, parte la pulitura delle statue e dei busti, che sarà completata nel 2026, per il loro centenario. C’era poi il problema dei flussi: nel 2024 abbiamo avuto in Pinacoteca 545mila ingressi, ma nella Grande Brera non ci sono solo i visitatori della Pinacoteca o di Palazzo Citterio. Ci sono gli studenti dell’Accademia per esempio, che entrano ed escono più volte. Il totale è di un milione di passaggi (in pubblicità si direbbe «di contatti») al mese, e questo l’abbiamo potuto scoprire grazie ai totem digitali interattivi posti ai tre ingressi che, oltre a fornire le indicazioni, hanno telecamere che tracciano i flussi, fornendo dati che possono essere anche affinati, a seconda delle necessità.
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Una veduta dell’interno della Grande Brera con l’intervento della realtà aumentata
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Una veduta dell’interno della Grande Brera con l’intervento della realtà aumentata
Il ledwall spettacolare posto all’ingresso di Palazzo Citterio rientra nella stessa filosofia di accessibilità al patrimonio della Grande Brera?
Sì, è una finestra sul prossimo Museo Nazionale di arte digitale (che, come anche il Cenacolo vinciano, fa capo alla Grande Brera, Ndr), diretto da Maria Paola Borgarino. Si tratta di uno schermo di circa 20 metri quadri con tecnologia di Tecnovision denominata Cob e con una risoluzione di 1,5 pixel, che ne fa uno schermo ad altissima risoluzione. È uno dei primi di questa grandezza e risoluzione installati in Italia, e in un museo. Grazie a queste caratteristiche, si possono realizzare mostre digitali come quella di Refik Anadol, con cui abbiamo esordito, cui seguiranno i Masbedo. Ma alla stessa missione, sia pure in forma diversa, fa capo anche nuovo sito internet della Grande Brera, integrato con i contenuti delle App, tutti aggiornabili. Realizzato con Viva on Web, comprende Pinacoteca, Biblioteca Nazionale Braidense e Palazzo Citterio ed è tecnologicamente all’avanguardia perché offre ai visitatori un’esperienza culturale interattiva tra tutti i device di comunicazione (sito, App, totem, ledwall ecc.), sempre aggiornati. Si può così pianificare la visita attraverso il sito web e utilizzare l’App per una guida interattiva durante la visita, con un percorso su misura.
Avete previsto qualcosa per il pubblico più giovane?
Sin dall’inizio del mio mandato ho dato grande attenzione alla comunicazione, anche con l’uso dei canali social: alcuni, che già c’erano, li abbiamo riattivati, altri li abbiamo aggiunti, come Tik Tok, questo rivolto alla fascia (così difficile da raggiungere per un museo) della generazione Z, dai 15 ai 25 anni. Ma abbiamo anche chiamato degli influencer che con i loro interventi sposassero il progetto culturale di un museo, da Chiara Maci, sul rapporto cucina-quadri, al duo di youtuber The Show, che ha organizzato in Pinacoteca una performance piuttosto provocatoria, poi seguitissima sui social.
E per i pubblici fragili?
Anche qui ci sono delle novità, perché i nostri uffici didattici hanno integrato nella nuova App percorsi specifici per ipovedenti, ciechi e sordi che utilizzano la lingua dei segni. Sono percorsi in più lingue, compreso il Lis, su dieci capolavori di Brera, sui tesori del Palazzo di Brera oltre alle «Breraviglie», a DescriVedendo» e altri ancora.
Recentemente avete presentato a Londra, in occasione di una mostra sul Rinascimento a Firenze alla Royal Academy, la riproduzione digitale ad altissima definizione dello «Sposalizio della Vergine» di Raffaello. Di che cosa si tratta, esattamente?
È un progetto di Save the Artistic Heritage, un’organizzazione non profit fondata nel 2018, che realizza edizioni digitali autenticate e brevettate dei capolavori di alcuni musei partner che, racchiuse in cornici come fossero quadri, vengono esposte nel mondo per promuovere il patrimonio artistico non solo italiano, o che vengono vendute ad appassionati: è accaduto con il nostro «Bacio» di Hayez, che ci ha garantito un’importante royalty.
Immagino che non vi fermerete qui.
Infatti stiamo pensando a un nuovo progetto con Intelligenza artificiale per valorizzare il patrimonio librario della Biblioteca Braidense. La digitalizzazione era in corso da anni ma noi cerchiamo di immaginare come l’AI possa aiutare nella fruizione del digitale: le forme di fruizione tradizionale sono ormai desuete e i numeri di chi fa ricerche in biblioteca diminuiscono. Pensiamo però che questo immenso patrimonio librario, stimato in circa 2-3 milioni di volumi e in parte già digitalizzato, possa trovare attraverso l’AI una nuova forma di fruizione. Ci stiamo lavorando.
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