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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliNel 1977 Ugo Ferranti organizzava la prima personale del ventiduenne Domenico Bianchi al Fine Arts Building di New York. Prima della metà degli Ottanta l’artista romano decolla sulla scena internazionale. Nel 1984 a New York presenta da Salvatore Ala lavori ottenuti con la cera, un medium che da una parte riprende l’encausto di età romana, dall’altra la tecnica usata da Jasper Johns nelle pitture neodadaiste.
Bianchi imprime alla cera un processo di lavorazione quasi alchemico, quasi che attraverso la distillazione di materiali preziosi cercasse di controllare la materia fisica e spirituale di un mondo in perenne trasformazione. Non è un caso che nel 1986 alla Biennale di Venezia Arturo Schwarz lo includa nella sezione «Arte e Alchimia».
Fino al 26 giugno Lorcan 0’Neill propone una personale di Domenico Bianchi con un nucleo di opere di grande dimensioni e una serie di acquerelli su carta, tutti eseguiti nel corso del 2020. Tra questi spicca un lavoro che combina cera, olio e palladio su fibra di vetro in un’elegante composizione di forme rette e curve, di pieni e di vuoti allineate in modo asimmetrico, che rimandano a simboli cosmici.
Bianchi (1955) vive e lavora a Roma. Ha esposto in numerosi musei internazionali, tra cui il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía a Madrid nel 1996, il Mumok di Vienna nel 1998, il MoMA di New York nel 1999, e il Tel Aviv Museum of Art nel 2007.

Domenico Bianchi, «Untitled», 2020 © Galleria Lorcan O’Neill
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