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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliIl fondatore di un impero farmaceutico che a 95 anni si dedica con uguale passione ed eccentricità al collezionismo d’arte contemporanea e all’Opificio, investendo 51 milioni per formare l’imprenditorialità personale, economica e culturale delle generazioni future
Marino Golinelli è un personaggio stravagante. Nel senso positivo, carismatico, del termine. E letterale: che segue cioè strade diverse dalle consuete, esterne ed estranee ad altri osservanti di convenzioni, tradizioni e luoghi comuni. Oggi 95enne, nato nel 1920 da una famiglia povera della Bassa Modenese, a 28 anni è stato il fondatore della Biochimici A.L.F.A. poi Alfa Wasserman, oggi Alfa Sigma, colosso farmaceutico presente in 68 Paesi con un fatturato di oltre 900 milioni di euro; dal 1979 è Cavaliere del Lavoro.
È un industriale di spicco e di vanto della generazione del secondo ’900 italiano e fra i più cospicui e generosi collezionisti d’arte contemporanea. Lasciata ai figli la guida dell’Alfa Sigma, da ormai trent’anni si dedica alla Fondazione Golinelli, creata nel 1988, unico esempio italiano di fondazione privata ispirata al modello delle maggiori fondazioni filantropiche americane (modello è la Bill & Melinda Gates Foundation), in cui ha investito oltre 51 milioni di euro perché, dichiara oggi Golinelli, «filantropo è colui che è “amico dell’uomo” sostenendone le ispirazioni creative e operative».
La Fondazione ha infatti come obiettivo la diffusione della cultura scientifica. Le sue attività, rivolte a tutti «da 0 a 99 anni e oltre», specifica sorridendo, «integrano arte, scienze della natura e scienze dell’uomo e mettono in contatto scuola, università, ricerca, mondo dell’impresa e del lavoro» e coinvolgono quelli lui definisce «i cittadini del domani».
I programmi di Golinelli e della Fondazione mirano «da qui al 2065» a preparare le nuove generazioni a visualizzare quello che definisce un «nuovo futuro mondo sostenibile» in quella fusione dei tre fattori arte, scienza e conoscenza che (ed è la pietra angolare della filosofia di Golinelli), moltiplica a livello esponenziale il risultato, divenendo fondamento di ogni progresso. E rimarca: «Il primo dovere dell’imprenditore e dell’impresa è investire nella ricerca facendo crescere l’intero capitale umano e sociale».
Nel giugno 2015, con un investimento pari a 12 milioni di euro, nasce l’Opificio Golinelli, 9mila metri quadrati di sede di design curata da DiverseRigheStudio, inaugurata il 3 ottobre per creare con istruzione, formazione e ricerca l’imprenditorialità personale, economica e culturale delle generazioni future. «Esterno locale, interno globale», questa la visione di Golinelli che ha guidato la progettazione dell’edificio, concepito, specifica il patron Marino, come «metafora di una città della conoscenza acceleratore della società verso il futuro in un mondo globale e sostenibile». Sarà fra i più grandi laboratori sperimentali a fine didattico nel campo delle scienze e della tecnologia in Italia, con capienza di 400 ragazzi in laboratori a postazione singola e in aule didattiche e quasi 3mila mq di ambienti dedicati e spazi multifunzionali e a fine espositivo. «Con l’apertura di Opificio, sottolinea Marino Golinelli, si realizza il mio sogno di investire nel futuro di tutti».
I settori di attività della Fondazione dell’Opificio sono sei: Scienze in pratica (sperimentazioni pratiche per adolescenti in laboratori d’avanguardia per sviluppare interesse/passione per scienza e tecnologia); Scuola delle idee (spazio ludico e interattivo per valorizzare la creatività dei bambini, nel 2012 qualificato fra i migliori dieci Children Centres europei); Educare a educare (programma per formare gli insegnanti a una didattica di dialogo fra discipline scientifiche e umanistiche); Giardino delle imprese (attività educative e formative all’imprenditorialità per studenti di superiori e università); Scienza in Piazza (programma avviato nel 2010 con laboratori, incontri, convegni e mostre nelle aree urbane trasformandole in Science Centres temporanei) e Arte, Scienza e Conoscenza che, spiega Golinelli, «con le mostre di arte+scienza, gli incontri e i convegni stimola il pensiero complesso e il dibattito negli adulti e nei ragazzi».
Arte, Scienza e Conoscenza è il fiore all’occhiello di Marino Golinelli perché illustra in modo immediato tutta la sua filosofia di uomo, imprenditore e cultore di arte e scienza: «Arte e scienza non sono mondi separati né tanto meno in contrapposizione o distonici. Anzi: dall’interazione fra l’una e l’altra nasce la vera cultura dell’uomo, quella più proficua, quella più avanzata, quella che guarda avanti e non indietro». «E questa, aggiunge, è proprio la filosofia della mostra che abbiamo voluto al MAMbo di Bologna, “Gradi di Libertà”, con artisti da Vanessa Beecroft a Pietro Ruffo proiettati con la loro ricerca artistica nella sperimentazione e nel futuro, sui condizionamenti sociali sulla cultura e la ricerca dei “gradi di libertà” dei processi decisionali attraverso arte e scienza».
La mostra è aperta fino al 22 novembre. Questo approccio guida anche la sua attività di uomo di cultura pragmatica: è membro dei «200 del Fai» e del Board della Peggy Guggenheim Collection di Venezia e di Arpai (Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano), nel 2001 ha ricevuto la laurea honoris causa in Conservazione dei Beni culturali e nel 2010 il «Nettuno d’Oro», il più alto riconoscimento della città di Bologna. Si è legato di amicizia personale a scienziati come James D. Watson (Nobel per la Medicina nel 1962 per gli studi sulla struttura del Dna) e Rita Levi-Montalcini, di cui ha fatto sue le parole per spiegare la propria mission di imprenditore, mecenate e filantropo (come tiene a definirsi): «Per non farci travolgere dobbiamo promuovere la creatività». Insieme a quelle di papa Wojtyla: «Non abbiate paura».
E questo obiettivo lo rispetta anche nella sua attività di collezionista di arte contemporanea, definizione che decisamente rigetta: «Non confondetemi con un “collezionista”. Io sono un “raccoglitore”, perfino un “collettore” di opere d’arte che aspira a ridare fruizione sociale condivisa a parte della fortuna economica creata con l’impegno di una vita», in questo aiutato e ispirato dalla moglie Paola Pavirani, travolgente per eccentricità, glamour, spirito, innovazione, ironia e autoironia. «Certo, nella mia raccolta figurano artisti di gran nome (fra cui William Kentridge e Bill Viola, Ndr) ma, a differenza di molti collezionisti à la page che fino a quando collezionare arte contemporanea non è diventato uno status symbol non distinguevano Morandi da Picasso o Burri da de Chirico, io non voglio in casa, alle mie pareti (dove i quadri hanno l’etichetta con titolo e autore come nei musei ma in più anche la loro spiegazione artistica, filologica e filosofica, Ndr) gli artisti alla moda, né anni fa Damien Hirst e gli Yba né oggi quei Castellani o Bonalumi che adesso tutti freneticamente rincorrono ma che prima della mostra di Robilant+Voena a Londra ben pochi conoscevano.
Quelle che soprattutto io cerco e voglio sono le opere degli artisti giovani e “ricercatori”, quelli di cui io, nonostante la mia età, condivido maggiormente la filosofia e l’approccio artistico: quelli come Sissi, Laurina Paperina, Flavio Favelli, Jitish Kallat e Pascale Marthine Tayou, per citarne solo alcuni, che nelle loro opere si fanno interpreti e testimoni di una società che cambia, di una cultura che si evolve, del sentimento di vivere in un mondo globale, di un futuro che si avvicina o si allontana secondo il modo in cui noi lo affrontiamo». Eccentrico, ancora una volta, e stravagante anche come uomo d’arte. Non solo per le sue ormai inconfondibili giacche di foggia indiana, in tutti i colori e tipi di seta possibili che sono invidia e sogno di tutti i dandy d’Italia e del mondo.

Marino Golinelli tra due opere di Sissi: «Nidi» e, sul pavimento, «Anatomie continue»

Marino Golinelli accanto all’«Autoritratto» di Piero Pizzi Cannella

Marino Golinelli nella cucina di casa sua

L'esterno dell'Opificio Golinelli. Foto: Giovanni Bortolani

Una veduta dell'Opificio Golinelli

Un interno dell'Opificio Golinelli. Foto: Giovanni Bortolani

Marino Golinelli. Foto: Giovanni Bortolani
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