
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
RA Fotografia
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a Milano
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
RA Fotografia
IL NUMERO DI APRILE 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a MilanoVerifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Colpevoli di aver donato?
- Giovanni Contini Bonacossi
- 01 marzo 2018
- 00’minuti di lettura

Colpevoli di aver donato?
Colpevoli di aver donato?
- Giovanni Contini Bonacossi
- 01 marzo 2018
- 00’minuti di lettura
Giovanni Contini Bonacossi
Leggi i suoi articoliNon è facile raccontare cosa abbia significato per me la collezione. Ero molto piccolo ed era ancora vivo il mio bisnonno Alessandro, il collezionista, da tutti conosciuto in famiglia come «il nonnone». Mi portavano a fargli visita ed ero intimidito dalle sue dimensioni colossali. Ma anche da quelle della sua casa: lui viveva nella collezione. Attraversavamo grandi stanze, mobili rinascimentali alle pareti, maioliche, tappeti, arazzi e quadri. In quel periodo, però, non riuscivo a capire cosa fosse la famosa «galleria» della quale tutti parlavano. Pensavo con un certo orgoglio che si trattasse di un tunnel stradale di famiglia.
Negli anni Sessanta andai a vivere per un paio di anni con mio nonno Sandro, figlio del «nonnone» Alessandro. Ma con lui parlavo di letteratura, non di opere d’arte. Era un fine intenditore ma aveva una certa reticenza a parlare degli antichi maestri e delle loro opere, quasi ne fosse intimidito, quasi non gli fosse concesso. Dopo ho capito perché: Alessandro e Vittoria avevano per molti aspetti escluso figli e nipoti dalla loro attività di grandi collezionisti, un’impresa che giudicavano troppo complicata, difficile, ardua. Poi la collezione, ormai donazione, raggiunse me e tutti i Contini della mia generazione nella forma di articoli scandalistici sui giornali. Di colpo scoprivamo, con un certo raccapriccio, che i nostri maggiori erano riprovevoli perché avevano donato, ma non abbastanza. Anzi, avevano donato ma poi… ma invece… E qui, effettivamente, era difficile capire perché una donazione di opere di tale valore allo Stato generasse invece che gratitudine tanto astio.
Veniva sempre interpellata Elsa De Giorgi, che campeggiava in fotografia sui rotocalchi e per noi era diventata una specie di «Crudelia De Mon” le cui energie sembravano tutte dedicate alla distruzione della nostra famiglia. Devo anche dire che i nostri genitori e nonni non ci aiutavano perché non erano capaci di spiegare. In parte perché anche loro non riuscivano veramente a comprendere la logica (assai involuta e, oggi si può dire, alquanto perversa) di quelle campagne stampa, che poi divennero anche procedimenti giudiziari. Un po’ perché si vergognavano moltissimo che il nostro nome finisse sui giornali. Il silenzio. Di fronte alla calunnia opponevano un silenzio offeso. Che però non aiutava a fare chiarezza, per il pubblico e soprattutto per noi, Contini Bonacossi dell’ultima generazione. Ricordo quando uscì il libro della De Giorgi; io ero più che adulto e chiesi a mio padre e a mio nonno perché non la citavamo in giudizio, tanto numerose e orribili erano le calunnie e le insinuazioni in quel testo. Risposero di no, avremmo aumentato il clamore, aiutato le vendite del libro.
Oggi Sandro Pazzi ha finalmente deciso di rompere questo silenzio e di riunire in un libro tutta la documentazione accumulata come avvocato di mio nonno in decenni di lavoro. Ha voluto scrivere una storia della donazione che fosse fondata su fonti certe. Sandro ha perseguito l’obiettivo di riaffermare l’onorabilità della nostra famiglia ed è riuscito a realizzarlo. Di questo gli sono molto grato, ma gli sono anche riconoscente in quanto, dalle pagine del libro, sono finalmente riuscito a capire cosa è successo nel corso degli anni, e perché.
Giovanni Contini Bonacossi, figlio primogenito di Ugo Contini Bonacossi