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Federico Florian
Leggi i suoi articoliMilano. Era il 1959 quando Mario Schifano, noto ai più per i suoi dipinti di ispirazione pop (celebri le tele marchiate dai loghi Esso e Coca-Cola), cominciò a produrre una serie di lavori monocromi, presentati per la prima volta alla galleria La Salita di Roma (1960) nell’ambito di una collettiva cui partecipano Giuseppe Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio e Franco Angeli.
Si tratta di smalti su carta intelata dagli angoli smussati e dalle pennellate di colore continue: risultato di un’operazione di azzeramento della superficie della tela, necessaria dopo le sperimentazioni informali, cui si dedicò al principio della sua carriera artistica, e prima della prolifica fase Pop.
A questa tappa fondamentale del percorso pittorico di Schifano la galleria meneghina Giò Marconi, dal 21 gennaio a metà marzo, dedica un importante progetto espositivo, a cura di Alberto Salvadori (direttore artistico di Ica Milano) in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano di Roma. In mostra un nucleo di monocromi realizzati dall’artista romano tra il 1960 e il 1962: «Quadri originalissimi», li definisce Maurizio Calvesi nel catalogo della mostra alla Galleria Odyssia nel ’63, «verniciati con una sola tinta o due, a coprire l’intero rettangolo della superficie o due rettangoli accostati… Un numero o delle lettere (ma solo talvolta) isolati o marcati simmetricamente; qualche gobba della carta, qualche scolatura: il movimento della pittura era tutto lì».
Lavori i cui contorni rettangolari ad angoli arrotondati, inoltre, alludono alle superfici di display elettronici: come scrive Calvesi nello stesso testo, «[…] somigliavano a uno schermo preparato a ricevere, o ad un video appena acceso, che stia riscaldandosi; o se si vuole all’inquadratura di un reflex fotografico, che debba dettagliare una zona di veduta». Completa la mostra in galleria una selezione di disegni degli stessi anni.
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