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Un dettaglio della stanza con la «Caduta dei Giganti» di Giulio Romano a Palazzo Te, Mantova

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Un dettaglio della stanza con la «Caduta dei Giganti» di Giulio Romano a Palazzo Te, Mantova

Da tutta Europa per il cinquecentenario di Palazzo Te

Dal 29 marzo, ispirate alle «Metamorfosi» di Ovidio, prendono il via le celebrazioni per il grandioso complesso realizzato da Giulio Romano per Federico II Gonzaga

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Scrive Giorgio Vasari nelle Vite (1568) che quando nell’ottobre del 1524 Giulio Romano (1499?-1546), celebrato artista e architetto, allievo prediletto di Raffaello, giunse a Mantova da Roma, Federico II Gonzaga (1500-40) gli propose subito una cavalcata fuori città. I due, poco più che ventenni, «se n’andarono fuor della porta di S. Bastiano, lontano un tiro di balestra, dove sua eccellenza aveva un luogo e certe stalle chiamato il T(e) […]. E quivi arrivati, disse il marchese che avrebbe voluto, senza guastare la muraglia vecchia, accomodare un poco di luogo da potervi andare ridurvisi al volta a desinare, o a cena per ispasso». Giulio, che sempre a sentir Vasari, era un architetto che progettava «non abitazioni di uomini, ma case degli Dei», capì subito che quel luogo, dove Francesco II, padre di Federico e marito della grande collezionista Isabella d’Este, teneva i pregiatissimi cavalli dei Gonzaga, gli avrebbe offerto l’occasione giusta per accreditarsi al meglio nella ricca e raffinata corte padana e concepì un progetto grandioso, ispirato alle ville romane, il cui modello sbalordì il pur smaliziato marchese di Mantova, che gli diede immediatamente l’incarico (pressante) di erigere il nuovo palazzo. Il nome derivava da Tejeto, forse «tiglieto», luogo dei tigli; forse (dal latino «attegia») luogo della capanna. Comunque fosse, nel 1525 Giulio avviò la costruzione del palazzo e nel giro di dieci anni consegnò al marchese (intanto insignito del titolo di duca dall’imperatore Carlo V, che al Te soggiornò nel 1530 e nel 1532, accolto nella prima occasione da una festa mirabolante progettata da Giulio Romano) una delle più stupefacenti ville di delizia d’Europa, pensata per accogliere l’«honesto ocio post labores» del Duca («l’onesto ozio dopo le fatiche di governo», come si legge nella più fastosa delle sue stanze, la «Camera di Amore e Psiche»), nonché a proteggere gli amori con la sua favorita Isabella Boschetti.

Tutto accadeva 500 anni fa. Oggi la Fondazione Palazzo Te, diretta da Stefano Baia Curioni, interroga questa superba opera d’arte totale, in cui s’intrecciano architettura, pittura, letteratura e mito (posta com’è sotto il segno delle Metamorfosi di Ovidio e di Apuleio) e ne celebra l’anniversario con una serie di manifestazioni che guardano proprio alle «Metamorfosi» ovidiane e al rapporto stretto con la Natura, senza però dimenticare l’arte contemporanea.

Le celebrazioni si aprono il 29 marzo con il riallestimento delle sale introduttive, dove il percorso di visita è arricchito da alcuni capolavori del Rinascimento giunti dal Louvre, dall’Albertina, dal Prado, dalla Galleria Borghese e dagli Uffizi, orchestrati da Claudia Cieri Via nella mostra «Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te», che evidenzia i simbolismi dei dipinti murali (la stanza arcinota della «Caduta dei Giganti» è, per esempio, un omaggio per nulla cifrato a Carlo V in veste di Giove). In otto sezioni suggerite dal testo ovidiano, ci s’imbatte in opere dello stesso Giulio e di Tintoretto, Correggio, Jacopo Zucchi, Rubens, Nicolas Poussin, cui si aggiunge Giuseppe Penone (1947), artista, spiega la curatrice, «la cui compenetrazione tra natura e materia, tra arte e poesia, è affine all’operato di Giulio Romano».

In ottobre sarà la volta di Isaac Julien (Londra, 1960) che nelle Fruttiere appena restaurate creerà, come anticipa il curatore Lorenzo Giusti, «un’opera originale in continuità con la potenza immaginifica della dimora gonzaghesca, tuttora fonte di ispirazione per grandi artisti internazionali». Sarà un lavoro multicanale che, continua Giusti, «inviterà a riflettere sul rapporto tra entità diverse del mondo vivente, umane e non umane, e sull’urgenza di una trasformazione ecologica, abbracciando un’idea trasformativa di concetti quali l’identità, il genere, la specie».

A fine anno, poi, in un omaggio alla creatività di Giulio Romano e alle sue macchine teatrali, Marco Balich e il suo Balich Wonder Studio allestiranno un labirinto negli spazi del Giardino dell’Esedra: un percorso fisico, metaforico e concettuale in cui mondi effimeri, fatti di specchi e trompe l’œil, sfidano i sensi degli spettatori. A fianco, un fitto programma di concerti di musica classica e contemporanea, performance teatrali, spettacoli di danza, reading, residenze per artisti e laboratori didattici.  

Il Cinquecentenario di Palazzo Te, promosso dal Comune di Mantova e prodotto e organizzato da Palazzo Te con il contributo di Fondazione Banca Agricola Mantovana e Fondazione Comunità Mantovana e altri partner, ha offerto anche l’occasione per interventi strutturali, che resteranno: oltre al restauro delle Fruttiere, i nuovi allestimenti per eventi, l’illuminazione del giardino dell’Esedra, il restauro conservativo del meraviglioso soffitto ligneo della «Camera di Amore e Psiche», oltre all’allestimento di tre aule seminariali per eventi e attività formative che potenzieranno le consolidate attività didattiche della Scuola di Palazzo Te, confermando la vocazione del Palazzo anche a luogo di formazione e creatività.

Pieter Paul Rubens, «Ratto di Proserpina», 1614-15, Parigi, Musée du Petit Palais

Ada Masoero, 20 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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