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Rischa Paterlini
Leggi i suoi articoliÈ aperta fino al 7 gennaio 2024 nella Project Room del MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna la mostra «Architettura e fotografia nelle campagne dell’Emilia-Romagna. Maura Savini, rilievi e progetti. Guido Guidi, fotografie», a cura di Lorenzo Balbi. Grazie ai fondi del bando Strategia Fotografia 2022 (indetto dalla direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura) per l’istituzione bolognese è stato possibile produrre e acquisire una serie di sei opere, delle 29 esposte, di un maestro della fotografia italiana, Guido Guidi (Cesena, 1941).
La mostra vive di due anime: quella architettonica, grazie agli studi storici e archivistici di Maura Savini che portano alla luce, a causa dei vincoli imposti dal territorio, l’ingegnosità e l’immaginazione nella realizzazione di alcuni edifici nei territori di Granarolo, Minerbio e San Giorgio di Cesena, e quella fotografica che rende evidente la bellezza di questi luoghi caratterizzati da un’architettura rurale.
Cascine passanti o torri colombaie, quelle che occupano il territorio della Pianura Padana (in particolare quella emiliana), che richiamano un’idea di spazio aperto, senza confini, dove si collocano i volumi che Guido Guidi ha immortalato con fotocamere tradizionali e che per la prima volta oggi sono visibili al pubblico. Nel catalogo pubblicato da Edizioni MAMbo è lo stesso Guidi a raccontare la sua idea di fotografia affermando che «non guardo soltanto al paesaggio, ma ne faccio esperienza, perché io stesso sono dentro il paesaggio, vedo il paesaggio che guarda me».
Le immagini si susseguono, una via l’altra, come a raccontare una storia: «L’ingresso nello spazio attraverso diverse porte, gli incontri con alcuni particolari oggetti, l’esplorazione del perimetro esterno della torre con l’avanzamento delle linee dell’ombra a testimoniare il passare del tempo... Fino a quando questo perde i suoi connotati, per diventare una sorta di fortificazione o fortezza», scrive il curatore nel testo in catalogo. Scatti fotografici dove la presenza umana, se non fosse per gli assistenti del maestro che s’intravedono seduti in un unico scatto, è completamente assente tanto che a rubare la scena sono una bianca tazzina da caffè poggiata sui gradini di una vecchia cascina, l’umidità che avvolge gli edifici o le bianche cicatrici su di un vecchio muro.
La fotografia di Guidi che non è interessata a celebrare le bellezze che quotidianamente invadono i nostri social, ma che rivelano piuttosto grande rispetto per la tradizione ormai trascurata dall’uomo. Il suo è un desiderio di girare lo sguardo verso la realtà, verso quel paesaggio che produce ancora stupore nel silenzio che lo circonda.

«Minerbio» (2023) di Guido Guidi (un particolare). Cortesia di Viasaterna, Milano e di MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna © Guido Guidi
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