Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliOrganizzazione impeccabile e buon afflusso di collezionisti di qualità, torinesi, italiani ed europei. Merito della scelta di un tema che invita le gallerie a una maggior riflessione sugli artisti da selezionare e della cornice di una città accogliente e ricca di iniziative. Artissima si conferma un momento fondamentale per il mercato del contemporaneo in Italia. È l’opinione condivisa da molti tra i galleristi interpellati tra gli stand dell’Oval nei primi tre giorni di fiera. In linea con le tendenze degli ultimi anni anche le vendite, mediamente abbastanza vivaci nella fascia entro i 20mila euro, più lente e riflessive per i prezzi superiori. L’Oval resta il luogo dove anche le gallerie più affermate osano e sperimentano, come ci racconta, per esempio, Jose Graci, direttore della sede londinese della galleria torinese Mazzoleni:«Abbiamo portato una selezione dei nostri artisti contemporanei: Marinella Senatore, Melissa McGills, Salvatore Astore, Andrea Francolino, David Reimondo, Rebecca Moccia, Massimo Vitali e Iran do Espirito Santo, new entry della galleria. I prezzi vanno dai 5mila euro per i lavori di piccolissimo formato ai 150mila euro per le opere più importanti. Abbiamo incontrato parecchi collezionisti provenienti dalla città, dall’Italia, dall’Europa, in particolare da Francia, Belgio e Svizzera. La sera dell’opening abbiamo venduto 5 o 6 lavori di Marinella Senatore, Melissa McGill, Rebecca Moccia, Andrea Francolino e altre tra i 5 e i 50mila euro. Artissima resta per noi il luogo dove fare proposte diverse e osare un po’ di più nei confronti dei collezionisti».
La sera dell’opening, seppur lontana dall’epoca dei bollini rossi e del sold out, è stata produttiva e molto ben frequentata: «All’inaugurazione c’è stata un’affluenza di stranieri molto ampia rispetto alle edizioni precedenti, con persone informate e di qualità», spiega Elisabetta Di Grazia della Galleria Tucci Russo di Torre Pellice, che aggiunge, con un po’ di attesa, «il primo giorno ho lavorato bene, ieri passaggio, il presente è presente...». Nello stand opere recenti di Gilberto Zorio, Christiane Löhr, Tony Cragg, Daniel Buren, Giuseppe Penone, un Richard Long del 1998, e prezzi da 20mila a 600mila, per dipinti, sculture e installazioni anche di respiro museale. E anche se i musei, specialmente in Italia, non sempre hanno budget per opere così importanti «ci sono comunque collezionisti privati molto interessanti con cui sto discutendo cose importanti. Lavorare sulle fasce di prezzo medie è più semplice e diretto, ma è comunque una cosa normale in tutte le fiere, non solo in Italia», conclude Di Grazia. La qualità delle opere importanti (e non solo) resta comunque una scelta vincente in una fiera, come Artissima, dove molti galleristi vengono per promuovere artisti a un pubblico qualificato italiano e internazionale, ricco di curatori e direttori di musei che frequentano la fiera spesso per un’azione di scouting. È il caso della Galleria Monopol di Varsavia, diretta da Zuzana Sokalska e presente nella sezione Back to the Future: «l’edizione è molto interessante, apprezziamo molto la sezione in cui siamo, è davvero speciale. Qui per noi è molto più importante incontrare curatori piuttosto che collezionisti, promuovere il lavoro piuttosto che venderlo. In effetti non abbiamo ancora venduto nulla, ma anche perché abbiamo portato opere importanti e di grande qualità di Wanda Czelokowska, comn prezzi da 80mila a 300mila euro senza aspettarci vendite immediate, ma volendo introdurre il lavoro». Wanda Czelokowska è una raffinatissima scultrice e pittrice polacca approdata all’astrattismo con opere nelle quali la figura umana vira verso una rarefazione lirica e poetica, poco conosciuta fuori dai confini nazionali, ha avuto una delle sue prime retrospettive in Svizzera, nel Muzeum Susch.
Un ritorno ad Artissima, con la volontà di promuovere artisti ancora poco intercettati dal mercato e dalle mostre italiane è anche quella della Galleria Wentrup di Berlino, che recentemente ha aperto una sede a Venezia. «Non partecipavano ad Artissima dal 2014, avendo aperto da poco la seconda sede in Italia, abbiamo deciso di fare Artissima per entrare nel mercato italiano, un mercato più lento e riflessivo rispetto ad altri, per esempio quello americano è molto più impulsivo. La fiera per noi sta andando molto bene, stiamo riscontrando molto interesse. Abbiamo artisti emergenti, come la francese Marian Verboom, e altri mid-career che hanno già un bel posizionamento nel mercato americano, come Karl Haendel e John Mcallister, potentissimi e quotati in Usa, ma in Italia non ancora molto conosciuti: stanno piacendo molto. Abbiamo però un po’ di difficoltà con i prezzi, il nostro range va da 6mila-16mila a 50mila euro. Finora abbiamo chiuso solo una vendita (un dipinto di John McAllister da 30mila dollari) e qualcosa è in trattativa, come il grande Leone disegnato da di Karl Handel da 40mila dollari». Torino resta insomma un momento importante per il mercato dell’arte italiana, lo confermano, tra gli altri, anche Alfonso Artiaco, che spiega: «Abbiamo visto tanti nostri collezionisti e ne abbiamo conosciuti di nuovi. La fiera vive ciò che la circonda, un contesto internazionale segnato dalla guerra in Medioriente e da quella in Ucraina. Il momento non è superpropizio, solitamente facciamo di più, ma abbiamo comunque lavorato e siamo soddisfatti». Nello stand opere di Diego Cibelli, Maria Thereza Alves, Andreas Breuning, Botto & Bruno, Giulio Paolini e altri ancora, con prezzi da 800 a 80mila euro «e vendite concluse, soprattutto, sulla fascia più bassa, ma non solo...».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Agnese Cutuli, della Galleria Vistamare, che conferma: «è una fiera di qualità, nella quale stiamo allacciando nuovi contatti e anche incontrando qualche collezionista europeo. Abbiamo concluso vendite nella media delle nostre aspettative qui ad Artissima». Nello stand un’overview di artisti storici come Joseph Kosuth ed Ettore Spalletti e di artisti giovani come Sara Enrico (una sua opera è stata acquistata dal Castello di Rivoli) e Francesca Banchelli, con prezzi da 4.500 a 240mila e «una maggior facilità di vendita nelle opere sui fascia sui 20-30mila euro». Molto soddisfatto Fabrizio Padovani della Galleria bolognese P420 che registra «molto interesse e tante vendite, con un incremento rispetto allo scorso anno. Le vendite stanno riguardando complessivamente tutti gli artisti proposti nel nostro stand, un mix di nomi storicizzati, con una maggioranza di giovani e giovanissimi, alcuni appena usciti dalle accademie, da Maha Amed a Irma Blank, Ana Lupas, Pieter Vermeersal, Francis Offman e Victor Fosto Noyo, per citarne alcuni. Diciamo che ad Artissima resta un po’ più difficile vendere le opere più importanti, più grosse. Il nostro range in stand va da 5mila a 50mila euro, ma le vendite si concludono più facilmente nella fascia entro i 20mila euro». Lo stesso vale anche per i lavori dell’artista colombiana Johanna Calle proposti dalla Galleria MPA di Madrid nella sezione Disegni, con prezzi da 25mila a 150mila euro. Doppia soddisfazione per la Galleria Richard Soulton, presente in due sezioni, Main Section e Back to the Future. Tra opere di Agostino Bonalumi, Aldo Rossi, Giuseppe Penone, Fabio Mauri, Filippo De Pisis, Raphäel Mafai con prezzi da 2.500 a 140mila euro «apprezzate da collezionisti e curatori. Non avevamo aspettative altissime, stiamo vendendo un po’ di tutto in entrambe le sezioni, siamo soddisfatti». E se tutti gli addetti ai lavori riconoscono «Artissima il tempio del collezionismo italiano», come precisa in uno dei talk in fiera anche Maria Rosa Sassoli, in molti si chiedono quali funzioni il collezionismo assumerà in futuro, e con esso molte delle opere acquisite ad Artissima. Una possibile risposta la fornisce Giorgio Fasol che, nello stesso talk ad Artissima, racconta della donazione di 110 opere della sua collezione, alcune comprate a torino nel corso degli anni, all’Università di Verona, con la volontà di farne uno strumento per migliorare la vita delle persone. Fasol propone per esse un modello di cogestione che coinvolga studenti e docenti, perché le opere non siano oggetti d’arredo, ma strumenti di conoscenza o, come la direbbe Luigi Fassi, sogni a occhi aperti per modellare il futuro del mondo.
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