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Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliLeggere Tito Livio sul cantiere di scavo del Fanum Voltumnae è suggestivo. Lo storico, vissuto in età augustea, ricorda infatti il santuario, in più occasioni, nella sua opera Ab Urbe condita libri, pur non fornendone una localizzazione precisa. Dal suo racconto apprendiamo che, nelle riunioni che vi si svolgevano, gli Etruschi eleggevano una figura comune a tutti (lo storico romano lo chiama «sacerdos») sulle cui caratteristiche e i poteri esercitati vorremmo sapere di più, e assumevano decisioni politiche e militari per fronteggiare le sfide del loro tempo.
Ad esempio, in una riunione, che possiamo immaginare drammatica, decisero di non intervenire a sostegno di Veio, che era assediata e stava per cadere in mano romana. Nell’assemblea, i Falisci e i Capenati, evidentemente stretti alleati e in tale qualità presenti all’incontro, chiesero che s’intervenisse militarmente, ma si decise di non farlo concedendo solo l’invio di eventuali volontari. Veio fu la prima città-stato etrusca a cadere in mano romana nel 396 a.C. e dall’esito di quello scontro si fa iniziare la lunga, progressiva romanizzazione dell’Etruria.
Le assemblee, svolgendosi negli spazi di un santuario, avevano un preminente carattere religioso, ma erano anche occasioni di mercato e Tito Livio afferma che i Romani apprendevano, in prima battuta, le decisioni assunte proprio ascoltando i racconti dei mercanti che vi avevano preso parte e che forse, in taluni casi, non erano solo venditori ciarlieri.
Vi si svolgevano anche ludi solenni e sempre Tito Livio ricorda un’occasione in cui un personaggio di spicco proveniente da Veio (che i Veienti elessero poi re, nei drammatici frangenti appena ricordati) aveva ritirato improvvisamente i propri attori per protesta contro una decisione a lui contraria dei rappresentanti delle altre città-stato mentre i ludi erano nel pieno svolgimento. Lo sdegno suscitato dalla sua azione è tra i motivi che lo storico indica per spiegare la debole solidarietà dimostrata verso Veio. Siamo tra i resti di quell’area dove tutti questi avvenimenti sono accaduti.
Oggi l’attenzione si è concentrata su un rinvenimento delle ultime settimane e i responsabili dello scavo ne hanno discusso insieme a due ospiti: Laura M. Michetti, che insegna Etruscologia all’Università «La Sapienza» di Roma e dirige lo scavo di un altro importante santuario etrusco, vale a dire Pyrgi, e Claudia Carlucci, direttrice del Polo Museale della Sapienza. Subito a nord del tempio A (quello restato in funzione per l’intera durata del santuario) gli archeologi hanno riportato alla luce un edificio articolato, di cui va compresa la destinazione d’uso e la stessa planimetria resta da definire.
La pavimentazione in cementizio decorato risulta del tutto simile a quella di un rifacimento del pavimento del tempio A. Entrambi i pavimenti risultano databili tra l’80 e il 50 a.C. Ė una datazione, se verrà confermata nel prosieguo delle ricerche, che riveste un interesse particolare, in quanto suggerisce ristrutturazioni nell’area del santuario già decenni prima dell’età augustea, quando, nel quadro generale di un recupero delle antiche tradizioni, vennero fatti interventi significativi e già osservati.
Sono iniziati anche nuovi interventi su una strada basolata, rinvenuta durante le campagne di scavo degli anni scorsi per un tratto lungo 60 metri circa, che collegava il santuario con il lago di Bolsena. La direttrice saliva all’altopiano dell’Alfina attraverso una «tagliata» di epoca etrusca, nota come Sasso Tagliato.
La carreggiata è dotata di canalette per il convogliamento delle acque e presenta un restringimento in corrispondenza del recinto sacro del tempio A, evidentemente per rispettarlo. La strada è segnata dai solchi dei carri che l’hanno percorsa. La parte meridionale della strada è fiancheggiata da una fontana monumentale. I reperti recuperati consentono di datarne la realizzazione nella prima metà del III secolo a.C. e di comprendere che rimase in funzione a lungo anche in piena età romana.
Una novità delle ultime ore: la strada si ricongiungeva con la Via Sacra e forse nella stessa zona va riconosciuto un nuovo ingresso al santuario in epoca romana: in quella fase la maggior parte dei frequentatori proveniva dall’area di Bolsena e non più dalla rupe di Orvieto e dai suoi dintorni.

Veduta dell'area di scavo tra la Via Sacra e la strada verso il lago di Bolsena. Cortesia Associazione Campo della Fiera

Veduta dei resti della via che dal Fanum Voltumnae portava verso il lago di Bolsena
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