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Una veduta dell’ex miniera di carbone del Grand-Hornu, nella provincia belga dell’Hainaut, che dal 2002 ospita il Mac’s, il museo d’arte contemporanea della Federazione Vallonia-Bruxelles

Una veduta dell’ex miniera di carbone del Grand-Hornu, nella provincia belga dell’Hainaut, che dal 2002 ospita il Mac’s, il museo d’arte contemporanea della Federazione Vallonia-Bruxelles

Dibattito in Belgio: eliminare il Ministero della Cultura?

Dall’inizio dell’anno un’offensiva liberale ha preso di mira l’esistenza stessa del Dicastero nella parte francofona del Paese. Al di là dell’aspetto provocatorio dell’iniziativa, a essere messo in discussione è un intero modello di pensiero e organizzativo

Bernard Marcelis

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Ad accendere la miccia è stata una frase di Georges-Louis Bouchez, pronunciata durante una lunga intervista a «Le Soir» del 4 e 5 gennaio 2025, alla vigilia dell'insediamento del nuovo governo federale belga (detto «Arizona» per i colori dei partiti che lo compongono): «Se volete gettare un sasso nello stagno, [vi direi che] non vedo perché abbiamo un ministro della Cultura. Negli Stati Uniti non ce n’è uno, e la cultura americana domina il mondo, e non solo con i “blockbuster”, che finanziano il cinema d’autore [...]. Preciso che non sto attaccando il nostro ministro della Cultura; lo dico solo per dimostrare che tutti abbiamo un modello ideale, ma che c’è un contesto in cui ci si inserisce cercando di farlo evolvere».

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa frase non proviene da un eletto che ora siede all’opposizione, a seguito delle elezioni legislative e regionali del giugno 2024, ma è stata pronunciata dal presidente del Mouvement Réformateur (Mr), il partito che ha vinto le elezioni nella parte francofona e i cui rappresentanti ricoprono cariche importanti ai tre principali livelli di potere in Belgio: federale, comunitario (ovvero la Federazione Vallonia-Bruxelles in questo caso) e regionale (ovvero la Regione Vallonia e la Regione di Bruxelles, anche se quest’ultima è ancora in attesa di un governo a pieno titolo).

Le dichiarazioni di Bouchez hanno suscitato reazioni tanto rabbiose quanto indignate, senza tuttavia cadere nella trappola della replica semplicistica, di fronte a quella che nella parte francofona del Belgio molti considerano l’ennesima «provocazione» alla Donald Trump. In una lettera aperta il regista Fabrice Murgia e la coordinatrice scientifica Rachel Brahy si impegnano a sollevare la controversia e a ricollocare l’«uscita» di Bouchez in un contesto ideologico più ampio: «Ancora una volta il dibattito è aperto. La polarizzazione s’instaura. La centralità mediatica è assicurata. Questo fenomeno, illustrato dalla teoria della finestra di Overton, consiste nell’introdurre idee marginali o scioccanti, quindi “al di fuori” del discorso accettato o abituale, per normalizzarle gradualmente. Così, partendo da affermazioni polemiche, un personaggio politico può trarre due vantaggi: [da un lato], esistere mediaticamente, fare “rumore”; [dall'altro], spostare insidiosamente i limiti dell'accettabile, preparando progressivamente un pubblico e degli interlocutori [...] disponibili a discutere e a prendere posizione di fronte a riforme più o meno estreme...».

Il grande timore del settore culturale, così come espresso da questi due autori, è quello di vedere realizzarsi, dietro questa proposta dalle intenzioni limpide, «un mondo in cui tutto [sarebbe] ridotto all’efficienza e all'utilità, un abbandono dei sogni e dei progetti collettivi. È la scommessa sulle teorie del trickle down [l’effetto a cascata], secondo cui s’immagina che i “blockbuster” [...] finanzieranno naturalmente le produzioni d'essai».

 

Un attacco al Partito socialista

Il dibattito è tanto ideologico quanto politico, poiché nel mirino c’è il Partito socialista, che dopo le elezioni è passato all’opposizione, mentre in precedenza nella Federazione Vallonia-Bruxelles era maggioritario. Secondo Bouchez il problema deriva da una presa di potere politica e si pone in questi termini: «Come mai oggi la maggior parte dei decisori culturali sono vicini al Partito socialista?». Il presidente del Mr precisa tuttavia di sapere «che la rivendicazione politica passa anche attraverso l’arte e la cultura». Qui non è tanto il settore delle arti plastiche (tradizionalmente il parente povero, insieme al settore editoriale, dei sussidi ufficiali) a essere messo in discussione, quanto i grandi operatori delle arti performative e dello spettacolo, come l’opera o il teatro. Il cinema occupa un posto a parte, come spiegheremo in seguito.

Eletto nella provincia dell’Hainaut, di cui è originario, il presidente del Mr non è nella posizione migliore per criticare la politica dei rappresentanti, in maggioranza socialisti, della regione, dato che questa è dotata della rete più fitta delle cinque province vallone nel settore delle arti plastiche. Dopo la crisi carbonifera degli anni ’60 e ’70, molti siti sono stati riconvertiti in strutture culturali e sono finanziati in tutto o in parte dalla Federazione. Senza la volontà socialista di conservare questo patrimonio e di dedicarlo alla creazione, non ci sarebbero il Musée d’art contemporain (Mac’s) o il Centre d’innovation et de design (Cid) a Grand-Hornu, il Musée de la Photographie e il BPS22 (Musée d’Art de la province du Hainaut) a Charleroi, il Centre de la gravure et de l’image imprimée o il Centre de la céramique (Keramis) a La Louvière, il Musée de la Tapisserie et des Arts textiles (Tamat) a Tournai, solo per citare le istituzioni principali, senza contare i musei municipali delle Belle Arti di Mons, Charleroi e Tournai. Lo stesso dicasi per Bruxelles con il futuro Kanal-Centre Pompidou voluto dalla maggioranza socialista ed ecologista allora al potere.

 

Come finanziare la cultura?

Secondo una narrativa collaudata del presidente del Mr, le provocazioni enunciate dalla stampa vengono poi riformulate in modo più sfumato dalla comunicazione ufficiale del partito, in modo da gettare le basi per un dibattito più sereno ma sempre rivendicato. Così, in «Quoi de neuf au Mr?» (Che cosa c'è di nuovo al Mr?), il 17 maggio 2025 si legge: «Vogliamo organizzare grandi tavole rotonde con gli attori del settore per stabilire un catasto del finanziamento culturale nella Federazione Vallonia-Bruxelles», evidentemente senza una reale concertazione con la ministra della Cultura Élisabeth Degryse, membro del partito Les Engagés, partner privilegiato del Mr nello stesso governo. Georges-Louis Bouchez afferma di voler proporre «una riforma ispirata al modello francese: introdurre una legge sul mecenatismo culturale, accompagnata da incentivi fiscali per le imprese che sostengono la creazione». Questa proposta s’inserisce nella linea liberale dello scudo fiscale, in vigore in Belgio da circa vent’anni e particolarmente vantaggioso per il cinema. Una misura che  consente alle società belghe (o straniere con sede in Belgio) di investire in opere audiovisive, produzioni teatrali o videogiochi, ottenendo in cambio una detrazione fiscale. Si tratterebbe quindi di estendere questa possibilità ad altre discipline sulla base di quanto già esiste.

L'ambizione non si ferma qui, poiché si parla anche di istituire un meccanismo inedito di «cofinanziamento pubblico, in modo che per ogni euro versato da un mecenate, le autorità pubbliche potrebbero aggiungerne due». Secondo Georges-Louis Bouchez, si tratterebbe di «una leva intelligente che valorizzerebbe la capacità del settore di mobilitarsi, rafforzando al contempo l'investimento culturale globale». 

Per quanto allettante sulla carta, questa intenzione rischia però di scontrarsi molto rapidamente con la realtà, vista la disastrosa situazione finanziaria della Federazione, nonostante la ministra della Cultura abbia assicurato, il 14 marzo 2025, sul quotidiano «Le Soir», che «non ci saranno tagli alla cultura nel nuovo bilancio, perché [lei stessa, il suo] gabinetto e il governo [sono convinti] dell'importanza della cultura in generale».

Al di là di questa polemica, la cultura, finora ampiamente sottovalutata dai leader (ad eccezione del livello comunale), diventerà finalmente oggetto di una vera sfida politica nella Belgio francofono, e in particolare da parte dei liberali?

Bernard Marcelis, 12 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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