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Una veduta dell'allestimento della galleria «Heritage» nella mostra «Superfine: Tailoring Black Style» al Metropolitan Museum of Art

Foto © The Metropolitan Museum of Art

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Una veduta dell'allestimento della galleria «Heritage» nella mostra «Superfine: Tailoring Black Style» al Metropolitan Museum of Art

Foto © The Metropolitan Museum of Art

Dio ha creato i neri e i neri hanno creato lo stile

All’annuale gala del Metropolitan Museum gli abiti degli invitati hanno tratto ispirazione dalla moda black dandy al centro della mostra «Superfine», la prima rassegna del Costume Institute del museo newyorkese ad affrontare direttamente l'impatto della razza sullo stile

Stephanie Sporn

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La moda mozzafiato è una costante il primo lunedì di maggio, quando il Metropolitan Museum of Art di New York ospita l’annuale raccolta fondi del Costume Institute; questa volta però gli abiti che sfidano i confini hanno raggiunto nuovi livelli. Per celebrare la nuova mostra del museo, «Superfine: Tailoring Black Style» (dal 10 maggio al 26 ottobre), che ripercorre l’evoluzione dello stile nero nella diaspora atlantica dal Settecento ad oggi, i partecipanti hanno tratto ispirazione dalla moda black dandy e dal dress code del gala «Tailored for You» (Su misura per te). L'evento è stato un successo sotto molti aspetti, tra cui il totale di 31 milioni di dollari raccolti, il più alto nella storia del Met Gala.

Frutto di anni di lavoro, «Superfine» è la traduzione visiva del libro del 2009 Slaves to Fashion: Black Dandyism and the Styling of Black Diasporic Identity di Monica L. Miller, presidente di Africana Studies al Barnard College della Columbia University. «Il concetto al centro della tesi di Monica è che il dandismo nero è un fenomeno sia estetico sia politico», ha osservato Andrew Bolton, curatore responsabile del Costume Institute, durante l'anteprima, tenutasi il 5 maggio, di «Superfine», poche ore prima che ospiti del calibro di Rihanna, Cynthia Erivo, Stevie Wonder e Kamala Harris onorassero con la loro presenza le sale del museo. Bolton ha curato «Superfine» insieme a Miller, dando vita a una stimolante analisi del potere dello stile nel plasmare l’identità e sfidare le gerarchie esistenti di razza, genere, classe e sessualità. Per contestualizzare e illustrare ulteriormente questa relazione la mostra presenta un gran numero di opere d’arte, documenti storici e cimeli.

«A partire dal Settecento, a seguito della tratta degli schiavi, del colonialismo e dell’imperialismo, le tradizioni africane e occidentali in materia di abbigliamento e distinzione sociale si sono incontrate, spiega  Miller. Ridotti al ruolo di servi e trasformati in oggetti di consumo ostentato, gli schiavi africani hanno presto impiegato il potere dell’abbigliamento, dell’abito, della moda e degli accessori per sfidare la loro rappresentazione e reinventare sé stessi». «Superfine» è quindi, puntualizza Bolton, «una storia di liberazione ed emancipazione attraverso la sperimentazione sartoriale».

Oltre ad essere la prima mostra di abbigliamento maschile del Met da vent’anni a questa parte, «Superfine» è anche la prima mostra del Costume Institute ad affrontare direttamente l'impatto della razza sullo stile (le sue due mostre del 2021-22, «In America», si sono concentrate su storie e personaggi inediti della moda). Vista la volontà del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di cancellare i programmi federali per la diversità, l’equità e l’inclusione (ne ha parlato di recente il direttore del Met Max Hollein) la mostra di quest’anno appare particolarmente importante. Bolton ha comunque rimarcato che il «catalizzatore» di «Superfine» è stata la scomparsa nel 2022 di André Leon Talley, redattore di lunga data di «Vogue» e icona di stile, descritto dal «Guardian» come «un vero dandy, come quelli dei romanzi preferiti di Balzac e Baudelaire». Bolton aggiunge che «nel suo libro di memorie, The Chiffon Trenches, André descrive quanto il suo aspetto elegante e dandy fosse fondamentale per la sua posizione nel mondo della moda, e il commento del Guardian mi ha spinto a riflettere su che cosa succede alla figura del dandy quando viene razzializzata».

Se la maggior parte dei partecipanti al Met Gala ha giocato con il capo fondamentale del guardaroba del dandy, un vestito di ottimo taglio, altri hanno optato per abiti e mantelli sontuosi che hanno dato filo da torcere al tema della mostra Camp 2019 del Met e alla raccolta fondi. Molte star hanno reso omaggio alla passione di Talley per i capispalla sontuosi, in particolare Alicia Keys e Serena Williams in Moncler, che hanno evocato i piumini Norma Kamali Sleeping Bag preferiti dal giornalista, e Nicole Scherzinger e Shakira in voluminosi abiti Prabal Gurung, degni di una regina.

Dieci anni fa Rihanna aveva mandato in tilt internet con il suo mantello giallo Guo Pei, caratterizzato da uno strascico di 5 metri (un look che aveva ottenuto l’imprimatur di Talley); quest’anno sembrava che gli abiti di tutti gli ospiti occupassero l’intera scalinata del Met: nessuno però più di Diana Ross, con il suo abito bianco di 5 metri del designer nigeriano Ugo Mozie.

Pantaloni a zampa e piume, smoking e cappelli a cilindro, cravatte e bastoni: la miriade di look di grande impatto ha reso questo evento «il Met Gala più swag della storia», per dirla con l’espressione usata dalla cantante e attrice Teyana Taylor durante il livestream del Met Gala 2025 di «Vogue», da lei presentato con l'attore e comico Ego Nwodim e l’attore e produttore La La Anthony. Taylor ha indossato uno dei look più sensazionali della serata, disegnato da lei stessa insieme a Ruth E. Carter (la prima donna nera a vincere un Oscar per i costumi), Anthony ha invece reso omaggio a Virgil Abloh con un capo d’archivio di Off-White. L’eredità del defunto poliedrico artista, che era stato anche direttore artistico delle collezioni uomo di Louis Vuitton, era ovunque sia nella mostra «Superfine», sponsorizzata dalla maison francese, sia al gala, il cui copresidente Pharrell Williams è dal 2023 direttore creativo della linea uomo di Louis Vuitton.

Tra gli altri copresidenti del Met Gala 2025 c’erano A$AP Rocky, Colman Domingo e Lewis Hamilton, il cui abito color avorio di Grace Wales Bonner è stato in parte ispirato dai ritratti in bianco su bianco di Barkley L. Hendricks. Uno di questi dipinti, «Slick» (1977), è in mostra in «Superfine», e molti degli eleganti abiti indossati dai partecipanti al gala (in particolare quelli con i completi fantasia di Ozwald Boateng) avrebbero potuto facilmente essere immortalati nelle tele del pittore scomparso nel 2017.

La partecipazione degli artisti è parsa ai massimi livelli: tra gli ospiti del gala si sono visti infatti Rashid Johnson e Amy Sherald, entrambi con mostre personali in corso rispettivamente al Guggenheim Museum e al Whitney Museum of American Art, oltre a Jordan Casteel, Arthur Jafa e Lauren Halsey. La regista e scrittrice Janicza Bravo ha indossato un completo di Tory Burch realizzato in collaborazione con Johnson: sul suo outfit erano stampate la serie «Anxious Men» e altre opere del 48enne artista di Chicago. Nel catalogo di «Superfine» compaiono poi le fotografie di Tyler Mitchell, sostenuto da Gagosian, mentre il tappeto blu del gala, cosparso di motivi a forma di narciso, è stato disegnato da Cy Gavin. A «Vogue» Gavin ha spiegato che il narciso è un simbolo sia della nuova stagione che del legame profondo con il tema dell'identità su cui si concentra la mostra.

Altri look del Met Gala riecheggivano varie sezioni di «Superfine», a partire dallo «Zoot suit» (un abito maschile dai pantaloni a vita alta e molto ampi e giacche dalle spalle marcatamente larghe: lo hanno sfoggiato Tracee Ellis Ross in Marc Jacobs e Patrick Schwarzenegger in Balmain); Joséphine Baker (FKA Twigs in Grace Wales Bonner, Megan Thee Stallion in Michael Kors e innumerevoli star con riccioli lisci); e arene e luoghi culturali, come Harlem, dove lo stile nero ha prosperato in tutte le discipline (Dapper Dan in un modello di sua creazione e André 3000 in Burberry con un pianoforte a coda sulle spalle). Erano fatti su misura per il tema di «Superfine» i modelli androgini di Thom Browne, indossati da Janelle Monáe e Walton Goggins,. 

E nonostante si siano visti molti look monocromatici (assai simili alla mostra del Met del 2023 dedicata a Karl Lagerfeld), il gala è stato punteggiato da momenti audaci e colorati. Tra questi, Regé-Jean Page tutto in rosso in abito Brioni (praticamente una reincarnazione del «Dr. Pozzi at Home», 1881, di John Singer Sargent, attualmente visibile nella mostra «Sargent and Paris» del Met); Cole Escola in un abito floreale di Christopher John Rogers, Guillaume Diop in un Valentino elettrico e Raúl Domingo in un abito viola con paillette degno di Prince (la camicia bianca con volant di Louis & Vaughn appartenuta al cantante è esposta in «Superfine»).

All'anteprima della mostra, Colman Domingo ha condiviso una citazione del drammaturgo e regista vincitore del Tony Award George C. Wolfe: «Dio ha creato i neri e i neri hanno creato lo stile». Mentre l’attore e copresidente del Met Gala alludeva a come questo sarebbe stato pienamente evidente in «Superfine», una mostra rivelatrice e imperdibile, ha anche preannunciato come gli splendidi abiti del gala avrebbero alzato il livello della moda sul red carpet.

Una veduta dell’allestimento della galleria «Respectability» nella mostra «Superfine: Tailoring Black Style» al Metropolitan Museum of Art. Foto © The Metropolitan Museum of Art

Una veduta dell’allestimento della galleria «Freedom» nella mostra «Superfine: Tailoring Black Style» al Metropolitan Museum of Art. Foto © The Metropolitan Museum of Art

Stephanie Sporn, 08 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Dio ha creato i neri e i neri hanno creato lo stile | Stephanie Sporn

Dio ha creato i neri e i neri hanno creato lo stile | Stephanie Sporn