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Dettaglio di «Salvator Mundi», 1615 circa, pittore caravaggesco

Courtesy Wannenes casa d’aste

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Dettaglio di «Salvator Mundi», 1615 circa, pittore caravaggesco

Courtesy Wannenes casa d’aste

Exploit da Wannenes per un Salvator Mundi

È il top lot, inaspettato, dell’asta di dipinti antichi e del XIX secolo. Da Cambi, invece, gli arredi d’epoca resistono e sfidano la crisi

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Elena Correggia

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Conservativo per definizione, anche il settore dei dipinti antichi può riservare qualche sorpresa. O, forse, in un periodo di grande prudenza come l’attuale, a dare slancio agli affari sono proprio le valutazioni più contenute. Così è accaduto il 15 aprile a villa Carrega Cataldi, sede genovese di Wannenes, che è stata teatro di un’intensa contesa per un «Salvator Mundi» volato da una stima iniziale di 2-3mila euro a una vendita per ben 237.650. Nella scheda del catalogo, la tela veniva cautamente attribuita a un pittore attivo a Roma all’inizio del XVII secolo, di corrente caravaggesca e di origini straniere, con analogie ai modi di Giuseppe Ribera. Qualche sguardo acuto ha forse scommesso che si trattasse proprio di un’opera dell’autore spagnolo e la battaglia fra sala, telefoni e online ha fatto decollare il top lot, finora custodito in una non meglio precisata collezione privata, che ha contribuito a far lievitare il fatturato dell’asta oltre il milione e mezzo di euro. Salvator Mundi a parte, è interessante notare come buone performance, in parte inaspettate, provengano proprio da opere che non erano neppure rientrate nella comunicazione promozionale dell’asta. È il caso, per esempio, di una «Veduta del Canal Grande con la chiesa della Salute», di un anonimo pittore veneziano del XVIII-XIX secolo, balzata da 8-12mila euro a un’aggiudicazione per 37.650. Stessa stima per due raffigurazioni allegoriche napoletane del XVII-XVIII secolo raffiguranti «Primavera e Giustizia» e «Mansuetudine, Concordia e Fede», passate di mano rispettivamente a 22.650 e 30.150 euro. Ottimo esito anche per una «Natività» del veneziano Giovanni Battista Pittoni che interpreta le atmosfere del primo Settecento in modo del tutto personale, con toni vivaci e un segno minuto e sottile, venduta a 40.150 euro (da 15-26mila) e per l’«Annunciazione» dello Scarsellino, balzata da 4-7mila a 20.150 euro. Gli echi del pittoricismo di Van Dyck che si ritrovano in «Lot e le figlie» di Giovanni Andrea De Ferrari hanno contribuito a far crescere le offerte fino alla vendita del dipinto per 27.650 euro (da 5-8mila).

Giovanni Battista Pittoni, «Natività». Courtesy Wannenes casa d’aste

Al Seicento genovese influenzato dallo stile di Bernardo Strozzi apparteneva poi un’altra opera di soggetto religioso di Gioacchino Assereto, «Vergine del Rosario con il Bambino e i santi Domenico e Caterina da Siena», del 1630 circa, che ha raggiunto 37.650, un risultato entro le valutazioni di 30-50mila. Ci si aspettava probabilmente di più anche per la tela di Pietro Antonio Magatti, «Davide risparmia la vita di Saul», di grandi dimensioni e in ottimo stato di conservazione, già nella collezione dei nobili milanesi Casati Stampa, valutata 30-50mila euro e venduta per 36.400. Delusione, infine, per un raro lavoro del napoletano Carlo Sellitto, il «Ritratto di Adriana Basile in veste di Santa Cecilia» rimasto invenduto e per il quale c’era una previsione di partenza di 40-70mila euro. In un contesto generale di forte incertezza, a cui si aggiungono le difficoltà intrinseche del mercato dei mobili d’epoca, è da considerare un successo l’asta di «Dimore italiane» battuta da Cambi il 16 aprile con un realizzo di 605mila euro e il 65% di lotti venduti. Fra i mobili con prezzi d’occasione ha svettato una coppia di cassettoni lastronati del XVIII secolo, dalle eleganti forme neoclassiche e con piano di marmo, che hanno innescato la gara passando da una stima di 3-5mila a una vendita per 27.600 euro. A incuriosire i collezionisti sono anche oggetti d’arredo in grado di coniugare qualità intrinseca e originalità. Si sono quindi fatti notare una grande tazza in malachite e bronzo dorato del XIX secolo, di provenienza russa o italiana, che ha cambiato proprietario per 22.600 euro (da 4-5mila) e una elegante specchiera in legno dipinto a chinoiserie, di manifattura lombarda, datata fine XVIII-inizio XIX secolo, con cornice a pannello decorato con intagli policromi in rilievo, aggiudicata a 12.600 euro (da 4-6mila). 

Trittico da camino in porcellana Arita, Giappone, fine XVII secolo. Courtesy Cambi casa d’aste

Apprezzato anche un trittico da camino composto da tre vasi giapponesi in porcellana Arita, della fine del XVII secolo con montature francesi in bronzo dorato, dell’epoca di Napoleone III, venduto a 15.100 (da 5-6mila). L’antico più tradizionale per una volta ha prevalso sul contemporaneo: sono infatti rimaste invendute le opere di forte impatto dello scultore e designer Andrea Salvetti (1967-2017). La sua visione che abbina un approccio artigianale con una reinterpretazione giocosa del mondo naturale non ha convinto del tutto, forse anche per la difficoltà di collocazione di alcune opere (le stime oscillavano da 6-8mila euro per tre tavoli in legno e marmo ai 30-40mila per la scultura abitabile «Mazzolin di fiori»).

 

Coppia di cassettoni lastronati, XVIII secolo. Courtesy Cambi casa d’aste

Elena Correggia, 20 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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