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Fabio Mauri e Carolyn Christov-Bakargiev nella Chiesa di Santa Caterina a L’Aquila, 1994

Courtesy Eredi di Fabio Mauri e Carolyn Christov-Bakargiev

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Fabio Mauri e Carolyn Christov-Bakargiev nella Chiesa di Santa Caterina a L’Aquila, 1994

Courtesy Eredi di Fabio Mauri e Carolyn Christov-Bakargiev

Fabio Mauri, «veggente del nostro tempo»

La curatrice del Catalogo ragionato, ora online e nel 2026 pubblicato da Hatje Cantz e Allemandi, racconta anni di amicizia e lavoro insieme: «Aveva compreso che il fascismo è una potenzialità latente in ogni mezzo di comunicazione moderna, nella stessa struttura della comunicazione»   

Quando sono stata invitata da Achille Mauri, il suo fratello più giovane, a curare il Catalogo ragionato di Fabio Mauri, qualche anno dopo la morte nel 2009, ho accettato con un senso di entusiasmo e di responsabilità. Nel 1994 avevo già pubblicato la prima monografia sulla sua opera che accompagnava la sua prima mostra retrospettiva che avevo curato alla Gnam di Roma, e molte volte con Fabio, negli anni successivi, avevamo parlato di realizzare questo suo catalogo generale. Dal 1987 circa, e per moltissimi anni, andavo a pranzo il sabato da lui e parlavamo approfonditamente del senso dell'arte, del rapporto tra arte e metafisica, arte e fisica, arte e storia, arte e mondo, e perfino del mistero dell'esistenza del «Male». Volevamo scrivere assieme un libro sulla memoria, ma non siamo mai riusciti a completarlo ed è rimasto in bozza... 

Catalogare non significa mai semplicemente elencare; significa dare ordine all’opera di una vita, tracciare l’arco del pensiero di un artista attraverso il tempo, incontrare gli echi tra il visibile e l’invisibile. Per un artista come Mauri (il cui lavoro ha indagato le stesse condizioni del vedere e del credere) questo compito è parso come entrare in un mistero, un regresso infinito di riflessi. 

Per compiere il lavoro, Achille mi presentò la ricercatrice Sara Codutti ed è stata per nove anni al mio fianco, assieme allo Studio Fabio Mauri tutto, e agli altri membri del nostro Comitato scientifico (Francesca Alfano Miglietti, Laura Cherubini, Andrea Viliani e, di recente, anche Caroline Bourgeois). 

Il Catalogo ragionato di Fabio Mauri, ora online www.fabiomauri.com, concepito e realizzato dallo Studio Fabio Mauri-Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo e dagli eredi di Fabio Mauri, tra i quali Santiago e Sebastiano Mauri, riunisce più di 3.600 opere: dipinti, disegni, oggetti, installazioni, performance, schermi, proiezioni, diari, modellini, e scritti. È lo studio più completo mai dedicato alla sua opera, frutto di molti anni di lavoro. L’edizione a stampa, promossa dal MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna e pubblicata da Hatje Cantz e Allemandi, vedrà la luce nel 2026 con il sostegno dell’Italian Council del Ministero della Cultura.

Mauri è stato una delle figure più importanti dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra, un artista poliedrico (creatore visivo, scrittore, docente, editore) le cui intuizioni profetiche sul potere dello schermo sono diventate ancora più urgenti nel XXI secolo. Le sue opere sono atti di lucidità, che mettono a nudo le forze invisibili attraverso cui l’ideologia si insinua nella vita quotidiana. Egli ha usato l’immagine non per sedurre, ma per rivelare la propria complicità nei sistemi di credenza. Nelle sue mani, lo schermo è diventato uno strumento di filosofia, una superficie su cui proiettare ed esaminare le storie del fascismo, del trauma e della memoria collettiva.

Curare questo catalogo ha significato ripercorrere il lungo dialogo di Mauri con il Novecento. Ha significato leggere i suoi saggi, analizzare la sua corrispondenza e i suoi quaderni, seguire le sue collaborazioni con Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco e altri intellettuali che cercavano di comprendere le rovine estetiche ed etiche dell’Europa dopo il 1945 e l'emergere di una sua semiologia. Ha significato riconoscere che la sua attenzione all’ideologia non era astratta: nasceva dall’esperienza personale della guerra, dal crollo delle certezze e da una domanda persistente: come prende forma l'ideologia?

 Un catalogo ragionato è solitamente considerato uno strumento di ricerca, un repertorio di dati. Ma lavorando a questo progetto mi sono resa conto che è anche una forma di narrazione e, nel caso di Mauri, forse persino un atto etico. Ogni immagine è un frammento di storia. Riunendole, mi ha colpito la continuità della sua visione. Dai primi Schermi degli anni Cinquanta fino alle ultime performance, e gli zerbini, Mauri non ha mai smesso di indagare l’apparato della rappresentazione, come ideologia, media e memoria si fondano per modellare la percezione e il pensiero.

Il formato digitale del catalogo è cruciale. Mauri stesso ha spesso lavorato con proiezioni e schermi, esplorando quella superficie immateriale in cui la luce incontra il pensiero. Rendere digitalmente accessibile la sua opera, disponibile a tutti, mi è sembrato un gesto coerente. Una prosecuzione più che una traduzione delle sue idee. Il catalogo online può evolvere; può accogliere nuove informazioni, revisioni, scoperte. Resiste alla chiusura, così come l’arte di Mauri resiste a un’interpretazione definitiva.

E tuttavia anche il volume a stampa avrà un peso profondo. Sarà un monumento fisico: un migliaio di pagine di immagini e testi, pesanti tra le mani, a ricordarci che la memoria, e l'etica, richiedono peso oltre che leggerezza. Insieme, le forme digitale e cartacea mettono in scena la tensione che ha animato tutta la pratica di Mauri: tra gesto e permanenza, ideologia e materia, proiezione e iscrizione. Lo schermo rappresentava il modo in cui le tecnologie della comunicazione (radio, televisione, cinema...) portavano a una nuova ontologia della manipolazione, e questa alla forma autoritaria della politica: un punto di vista inquadrato dalla proiezione stessa, in senso psicanalitico ma anche letterale, alla proiezione filmica. 

Durante la cura del Catalogo ragionato, ho spesso pensato all’opera del 1971 «Che cosa è il fascismo», una performance in cui una serie di ludi juvenilis di giovani, bellissimi e in uniforme, si svolgono davanti a un pubblico che è anche partecipe, svelando i meccanismi della formazione di credenza collettiva attorno alla bellezza estetica dell'ordine. Quell’opera rimane uno specchio anche dei nostri tempi, sorta di Cassandra premonitrice. Mauri aveva compreso che il fascismo non era un regime del passato, ma una potenzialità latente in ogni mezzo di comunicazione moderna, nella stessa struttura della comunicazione. Aveva visto che ogni schermo (cinematografico, televisivo, digitale) è anche una superficie ideologica. La sua arte ci insegna a guardare le immagini come se fossero eventi politici e gli eventi politici come se fossero atti estetici.

 Catalogare questo corpus significa dunque testimoniare. Significa riconoscere che ogni opera è insieme oggetto e testimonianza. Molte delle schede di questo catalogo documentano performance sopravvissute solo attraverso fotografie e ricordi. Altre registrano installazioni, gesti, disegni espressionisti su carta di strani uomini con la testa ficcata in sacchi, ciechi o accecati. Dare a ciascuna di esse il proprio posto nella continuità della pratica di Mauri significa riaffermare la sua convinzione che l’arte non è mera rappresentazione, ma memoria materializzata e ricerca filosofica. 

Il Catalogo ragionato contiene anche testimonianze di amici come Giacomo Marramao e un'intervista con Hans Ulrich Obrist, oltre a saggi di Miglietti, Cherubini e Viliani. Non è una conclusione, ma un inizio. Invita studiosi, curatori e visitatori a confrontarsi nuovamente con l’opera di Mauri, a interrogarsi su come l’ideologia circoli nella nostra epoca di schermi, e a riconoscere la persistenza delle domande etiche che egli ha posto. Lavorando a questo progetto, ho finito per pensare a Mauri non solo come a un artista del suo tempo, ma come a un veggente del nostro. La sua visione profetica dello spettacolo della politica e della politica dello spettacolo resta sorprendentemente attuale. In un’epoca saturata di immagini, generate dagli algoritmi, la sua insistenza sulla coscienza (sulla responsabilità di vedere) appare radicale.

Per me, questo catalogo è un atto di gratitudine: gratitudine verso Mauri per la sua chiarezza intransigente, e verso coloro che hanno custodito con tanta dedizione la sua eredità. È anche, forse, una promessa silenziosa che la sua arte continuerà a interrogarci, a illuminare la nostra stessa complicità con gli schermi che abitiamo. Curare questo catalogo ha significato dimorare dentro quel fascio di luce proiettata. Intravedere, anche solo per un istante, la luminosità malefica che Mauri ha rivolto verso noi tutti, poiché in tutti si insidia un Ubu e, come mi ripeteva spesso, «il male e il bene parlano la stessa lingua». 

La copertina del Catalogo ragionato delle opere di Fabio Mauri la cui edizione a stampa sarà disponibile nel 2026

Carolyn Christov-Bakargiev, 16 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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