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Giorgia Aprosio
Leggi i suoi articoliArt Basel Miami Beach non è la fiera dove si misurano le tendenze globali: è il luogo in cui si vede chi riesce a brillare anche in mezzo al rumore. L’edizione 2025 conferma la fiera come osservatorio privilegiato per capire come - e perché - sempre più gallerie internazionali scelgano di presentare ricerche giovani, anche in un contesto altamente competitivo e dichiaratamente orientato al mercato.
Pur mantenendo un’impronta commerciale forte, la selezione di opere under 35 presentate quest’anno ha rivelato un numero sorprendente di pratiche che sperimentano con materiali, media e formati. La pittura è stata particolarmente presente, ma non sempre in chiave figurativa, e molte gallerie hanno optato per lavori che non puntano sull’immediatezza visiva, preferendo estetiche liriche e simbolismi più stratificati.
Questa selezione riunisce alcuni under 35 che a Miami si sono distinti per rigore, coerenza e riconoscibilità del linguaggio. L’età non è un criterio di merito, ma un dato utile per leggere come queste ricerche si stanno posizionando sulla scena internazionale, riuscendo a imporsi anche in un contesto affollato ed esigente. Non si tratta di una classifica, ma di una mappa ragionata di traiettorie che meritano attenzione nei mesi a venire, oltre la visibilità immediata della fiera.
Ariana Papademetropoulos, Natural Histories, 2025. Oil on canvas / Olio su tela. 228.6 x 274.3 cm / 90 x 108 inches. Photography Ruben Diaz. Courtesy MASSIMODECARLO
Ariana Papademetropoulos (1990)
Galleria: Massimo De Carlo (Milano, Londra, Hong Kong, Parigi)
Ariana Papademetropoulos prosegue la sua ricerca su iconografie femminili, mitologia e archetipi psicologici attraverso una pittura che combina precisione iperrealista e atmosfere sospese. Scene domestiche, oggetti quotidiani e riferimenti al mondo naturale convivono con elementi visivi che spostano la percezione e introducono un livello simbolico aggiuntivo. Ne risultano immagini in cui il reale è filtrato da costruzioni mentali, memorie culturali e slittamenti di senso.
In stand da MASSIMODECARLO presenta Natural Histories (2025), una grande conchiglia dalla forma sensuale e quasi scultorea, le cui curve richiamano per analogia un corpo femminile reclinato. Dal suo interno scivola un flusso d’acqua che introduce un motivo di trasformazione e rimanda ai simbolismi naturali ricorrenti nella sua pratica.
Papademetropoulos ha esposto, tra gli altri , al LACMA, all’ICA Miami e alla Marciano Art Foundation. In Italia è stata protagonista nel 2024 della sua prima mostra personale nella sede milanese di Massimo De Carlo.
Flora Yukhnovich, Leda and the Swan, 2025. Olio su lino. 160 × 240 cm, 63 × 94 1/2 in. © Flora Yukhnovich, courtesy of the artist, Hauser & Wirth e Victoria Miro.
Flora Yukhnovich (1990)
Galleria: Victoria Miro (Londra, Venezia)
Flora Yukhnovich riformula il linguaggio del rococò attraverso un approccio contemporaneo alla materia e al gesto, partendo spesso da composizioni musicali storiche, miti o classici della tradizione pittorica europea. Le sue tele alternano zone di apparente riconoscibilità a passaggi in cui l’immagine si dissolve in vortici cromatici e stratificazioni, costruendo composizioni sospese tra decorazione, atmosfera e impulso pittorico. Ciò che sembra un fiore può diventare un frammento ornamentale, e ciò che richiama un motivo storico scivola verso una gestualità astratta, lasciando che lo sguardo si muova senza mai trovare un punto stabile.
La sua presenza a Miami era quasi inevitabile dopo un anno di importanti progetti istituzionali e una crescente attenzione internazionale, culminata nella vendita di Tarantella (2025) per 575.000 dollari ad Art Basel Basel 2025.
Yukhnovich ha presentato personali da Victoria Miro e ha preso parte a iniziative come Ashmolean NOW all’Ashmolean Museum (Oxford), il NGV Triennial alla National Gallery of Victoria (Melbourne) e Into the Woods a Ordrupgaard, la sua prima mostra museale fuori dal Regno Unito. Le sue opere sono presenti nelle collezioni del Brooklyn Museum, del Dallas Museum of Art, del Hirshhorn Museum, della National Gallery of Victoria e del Montreal Museum of Fine Arts.
Danica Lundy, Labryinth, 2025, oil on canvas / olio su tela, 96 x 72 in. Foto: Frances Tyska. Courtesy l’artista e White Cube
Danica Lundy (1991)
Galleria: White Cube (Londra, New York, Hong Kong)
La pittura di Danica Lundy nasce da episodi della vita quotidiana che, trasposti sulla tela, diventano strumenti per interrogare il comportamento contemporaneo. Gesti minimi — inserire una moneta in un distributore, ordinare da un drive-through — si trasformano in scene complesse in cui corpi, oggetti e spazi convivono in prospettive simultanee. La realtà non è mai presentata nella sua interezza: viene scomposta, sovrapposta, osservata da dentro e da fuori allo stesso tempo.
Questo modo di costruire l’immagine si riflette anche nell’uso della materia pittorica, che per Lundy è una presenza fisica più che un semplice mezzo. La tratta come un’estensione del corpo, capace di assumere la consistenza di muscoli e nervi e di suggerire tensione o vulnerabilità tanto nei personaggi quanto nell’atmosfera che li circonda. Ne risultano immagini viscerali, quasi scolpite, che non si limitano a descrivere ma insistono nel far emergere frizioni, strutture invisibili e rapporti di potere che attraversano anche i gesti più banali.
Negli ultimi anni Lundy ha presentato due mostre personali da White Cube a Londra e ha esposto in istituzioni internazionali come Hall Art Foundation, Kunstmuseum Schloss Derneburg, Flag Art Foundation e Green Family Art Foundation. Le sue opere sono presenti in diverse collezioni tra cui Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Art Gallery of Ontario, Collezione Maramotti, Dallas Museum of Art, Denver Art Museum, ICA Miami e Art Gallery of New South Wales.
Nadia Lee Cohen, Soul for sale, 2025. Resina, piombo. Foto: Joshua White / JW Pictures. Courtesy l’artista e Jeffrey Deitch, New York and Los Angeles.
Nadia Lee Cohen (1992)
Galleria: Jeffrey Deitch (New York, Los Angeles)
Descrivere Nadia Lee Cohen è difficile, forse impossibile. Nessuna introduzione reggerebbe il confronto con le parole che lei stessa utilizza sul suo sito web: «Artista, fotografa e filmmaker, Nadia Lee Cohen lavora all’interno della cultura popolare. Cinema, pubblicità, centri commerciali e tutti gli scarti sgargianti del consumismo occidentale alimentano la sua pratica, che poi rientra nei mass media sotto forma di copertine, video musicali, servizi di moda e post su Instagram. Cohen si muove con disinvoltura nel territorio fluido tra high e low art, intervenendo direttamente nei codici della cultura popolare e spingendoli a un nuovo livello, come dimostrano le sue ormai iconiche copertine con Rihanna e Lana Del Rey, o il video realizzato nel 2024 con Charlie Denis, interpretato da Kim Kardashian e Macaulay Culkin, di cui la stampa ha a lungo discusso.»
Cohen assorbe codici, cliché e fantasie della cultura visiva occidentale e li restituisce in forma amplificata, satirica e volutamente disturbante. I suoi set fotografici, costruiti come tableaux iper-stilizzati, mettono in scena un femminile artificiale e perturbante, sospeso tra glamour e distorsione. In stand a Miami presenta Soul for Sale, che la ritrae in biancheria intima mentre tiene tra le braccia una piccola figura diabolica.
Ha esposto in numerose istituzioni internazionali e lavora regolarmente con artisti come Tyler, the Creator, Kali Uchis e A$AP Rocky. Ha collaborato con marchi quali Balenciaga, Gucci, Maison Margiela, Miu Miu, Schiaparelli e Valentino, mentre le sue immagini sono state pubblicate su Vogue, Interview Magazine, AnOther, i-D, Dazed e New York Magazine.
Vinicius Gerheim, Arapuca, 2025. Acrylic on canvas / acrilico su tela. 90 x 640 cm polittico, 190 x 160 cm ciascuno. Dettaglio dell’opera esposta al Grand Palais, Parigi, 2025. Foto: Romain Darnaud. Courtesy l’artista e Agentilcarioca
Vinicius Gerheim (1992)
Galleria: A Gentil Carioca (Rio de Janeiro, São Paulo)
La pittura di Vinicius Gerheim esplora il rapporto tra memoria, sessualità e immaginario religioso, traducendo ricordi d’infanzia e tensioni identitarie in scene sospese, a metà tra confessione e invenzione. Le sue immagini nascono da una logica associativa, più emotiva che narrativa, in cui simboli, posture e frammenti corporei restituiscono ciò che non trova spazio nel linguaggio quotidiano.
Nel 2025 Gerheim è stato tra gli artisti selezionati per Horizontes – Peintures brésiliennes al Grand Palais di Parigi, nell’ambito della Saison Brésil–France, un progetto che ha messo in evidenza una nuova generazione della pittura brasiliana. Negli ultimi anni ha presentato tre personali con A Gentil Carioca, tra Rio de Janeiro e São Paulo, e ha preso parte a collettive in istituzioni e spazi indipendenti, tra cui il Centro Cultural Correios e diversi progetti nelle due città.
La recente partecipazione alla residenza di El Espacio 23 a Miami ha consolidato l’attenzione internazionale attorno al suo lavoro. Le sue opere fanno parte delle collezioni dell’ICA Miami, della Jorge M. Pérez Collection, della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, della raccolta Hort, del Rennie Museum e del 21c Museum.
Teresa Murta, Merging, 2025acrylic on linen / acrilico su lino. 94 1/2 x 73 in / 240 x 185 cm. Courtesy l’artista e Nicodim
Teresa Murta (1993)
Galleria: Nicodim Gallery (Los Angeles, New York, Bucarest)
Le opere dell’artista portoghese Teresa Murta (nata nel 1993 e oggi basata a Berlino) si collocano in una zona liminale tra figurazione e astrazione, dove forme e presenze emergono senza un soggetto predefinito. Le immagini nascono direttamente sulla superficie, lasciando che segni, tracce ed elementi visivi si organizzino per metamorfosi più che per descrizione. Elementi naturali e artificiali convivono in un immaginario che oscilla tra meraviglia e perturbazione, costruito attraverso tecniche a olio che combinano metodi classici e soluzioni non convenzionali.
L’ambiguità è parte integrante della sua pratica: ogni dipinto resta aperto, disponibile a più letture, come un ecosistema in cui le forme si assestano senza mai fissarsi del tutto.
Negli ultimi anni Murta ha consolidato una presenza internazionale con progetti istituzionali e personali. Ha preso parte a Lucid Daydream – Panorama of Contemporary Portuguese Art alla Porto Municipal Gallery e a mostre presso il Museo di Storia Naturale e Scienza di Lisbona e il Centro de Arte Contemporânea de Coimbra. Ha presentato personali significative al Nicodim Annex di Los Angeles, alla Bruno Múrias Gallery di Lisbona, a Tabula Rasa Gallery di Londra e ad Aldama Fabre a Bilbao, oltre a partecipare a progetti della rete Nicodim in Europa e in Asia.
Veduta dell'installazione ad Art Basel Miami 2025. Courtesy l’artista e Galeria Mandragoa
Emilio Gola (1994)
Galleria: Galeria Madragoa (Lisbona)
Presentato in un solo booth da Galeria Madragoa, Emilio Gola porta a Miami una serie di lavori che confermano il cuore della sua ricerca: scene figurative costruite a partire dal disegno dal vero e da un’osservazione ravvicinata del corpo. I modelli — amici che posano liberamente in studio — diventano l’innesco per composizioni viste dall’alto o da prospettive volutamente anomale, dove figure rovesciate e pose instabili creano immagini sospese tra spontaneità e controllo. Libri, tessuti e piccoli elementi simbolici ricorrono come indizi che ampliano il racconto, mantenendolo in una dimensione intima e mai aneddotica.
Negli ultimi anni Gola ha consolidato una presenza crescente nel sistema italiano, con mostre alla Triennale di Milano, alla Permanente per la Quadriennale e in gallerie come Monica De Cardenas e Tommaso Calabro. Ha ricevuto il Premio Caserini Due Torri per under 35 ad ArtVerona ed è stato finalista al Premio Cairo e al Premio Francesco Fabbri — riconoscimenti che confermano la solidità di un percorso in rapida ascesa.
Kelsey Isaacs, The Winter, 2025. Oil on aluminum / Olio su alluminio. 53 x 70 in / 134 x 177 cm. Courtesy l’artista e THETA Gallery, New York
Kelsey Isaacs (1994)
Galleria: THETA Gallery (New York)
Kelsey Isaacs, nata nel 1994 a Los Angeles e oggi basata a New York, costruisce le sue immagini a partire da set fotografici interamente orchestrati: oggetti in plastica, strass, nastri e altri materiali decorativi vengono assemblati, illuminati e fotografati prima di diventare pittura. Da questa trasformazione prende forma un linguaggio che alterna trompe-l’œil e astrazione, giocando con l’ambivalenza tra artificio e processo. Ogni dettaglio — dal riflesso del flash ai finti incidenti pittorici — è sapientemente costruito. In questo modo Isaacs smonta l’idea, ancora radicata nella pittura astratta, che la spontaneità sia garanzia di autenticità.
Isaacs ha presentato mostre personali da Clima a Milano e a Frieze London nel 2024, oltre che da Theta a New York (2023) e da Chapter NY (2022). Tra le collettive recenti figurano progetti presso Theta e Bortolami a New York, Paulina Caspari a Monaco e Schiefe Zaehne a Berlino (tutte del 2025). Ha inoltre partecipato a mostre da Zodiac Pictures a Los Angeles (2024), Tara Downs a New York e Soft Opening a Londra (2023), Venus Over Manhattan e Harkawik a New York (2022), e King’s Leap, sempre a New York, nel 2021.
Ludovic Nkoth, Soft Armor, 2025. Acrylic on canvas / Acrilico su tela. 182.8 x 91.4 cm / 72 x 36 inches. Photography Adam Reich. Courtesy MASSIMODECARLO
Ludovic Nkoth (1994)
Galleria: Massimo De Carlo (Milano, Londra, Parigi, Hong Kong)
Lo avevamo incontrato in occasione della sua recente mostra personale da MASSIMODECARLO a Milano. Ad Art Basel Miami l’artista presenta una tela del 2025 che prosegue la stessa linea di ricerca: una figura solleva una sottoveste trasparente fino a coprirsi il volto, eliminando ogni possibilità di riconoscere identità, età o genere. Il risultato è un’immagine sospesa, costruita più intorno al gesto che al soggetto.
L'opera conferma la consueta fisicità tipica dell’opera di Nkoth: impasti densi, cromie sature e campiture materiche modellano il corpo come volume, concentrando lo sguardo sulle tensioni interne all’immagine. La sua biografia — nato in Camerun e cresciuto negli Stati Uniti — resta un riferimento discreto, che informa il contesto della sua ricerca senza diventare una chiave interpretativa esplicita della rappresentazione.
Le sue opere sono presenti in collezioni come Yuz Museum, Hammer Museum, ICA Miami, Fondation Louis Vuitton, High Museum e Studio Museum Harlem.
Nour Malas. Courtesy of CARBON 12 and the Artist
Nour Malas (1995)
Galleria: Carbon 12 (Dubai)
Per Art Basel Miami Beach, l’artista francese Nour Malas presenta un nuovo ciclo di opere che rileggono in chiave emotiva la sua biografia, in particolare l’infanzia trascorsa in Siria e i passaggi storici che hanno segnato il Paese. È la prima volta che concentra la propria pittura astratta su un soggetto definito, trasformando la superficie in uno spazio di riflessione in cui il ricordo si intreccia con il presente.
Il risultato è di forte impatto: a prima vista le tele appaiono come campi astratti attraversati da lavature di colore vibrante; osservandole meglio, emergono invece figure e frammenti corporei che affiorano per gradi, come immagini filtrate da una memoria parziale e stratificata.
Malas, nata a Cannes nel 1995 e cresciuta tra Siria, Emirati Arabi Uniti ed Europa, vive oggi a Brooklyn. Ha studiato scultura a Goldsmiths a Londra e ha conseguito un MFA allo School of the Art Institute of Chicago, elementi che spiegano l’attenzione per il gesto, la materialità e il possibile ritorno a forme tridimensionali nella sua ricerca. Ha esposto in diversi contesti tra Chicago, Dubai, Londra e la Grecia, e presenterà una personale con Patron nel 2026.
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