Rischa Paterlini
Leggi i suoi articoliIl Teatro Margherita ospita fino al 31 marzo la mostra «Icons» di Elliott Erwitt (Parigi, 1928-New York, 2023). Biba Giacchetti, fondatrice dell’Agenzia Sudest57, nonché amica personale di Erwitt, ha curato la mostra collaborando direttamente con lui nella selezione delle opere, ora tributo tangibile alla memoria del fotografo scomparso il 29 novembre scorso all’età di 95 anni.
Nato a Parigi da una famiglia di emigrati russi, Erwitt trascorse i primi anni della sua infanzia a Milano prima di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1939 per sfuggire alle leggi razziali. La sua carriera decollò negli anni Cinquanta quando Robert Capa lo invitò a unirsi a Magnum Photos di cui diventò presidente nel 1968. Con la sua macchina fotografica è riuscito a catturare non solo gli aspetti più drammatici della vita, ma anche quelli più divertenti e surreali, divenuti la firma distintiva di una carriera straordinaria.
La mostra riunisce una varietà di scatti in bianco e nero, dai ritratti di Marilyn Monroe, colta in momenti intimi, a quelli di Che Guevara o Marlene Dietrich, fino a fotografie che hanno immortalato momenti storici, come il diverbio tra Nixon e Krusciov a Mosca nel 1959, il funerale di Kennedy e il memorabile incontro sul ring tra Frazier e Alì nel 1971. E poi i suoi adorati cani, definiti «esseri molto simpatici, semplici, amichevoli e comprensivi, a cui non importa essere fotografati». Scatti che vanno oltre la semplice rappresentazione di animali domestici come quando, attraverso un effetto ottico, svela un inatteso collegamento tra mondi distanti. Un cane, seduto sulle ginocchia di un uomo in ciabatte, ne cela il volto con il proprio muso, creando una metamorfosi perfetta che sfida le differenze «razziali».
La parte conclusiva della mostra è riservata agli autoritratti, un viaggio nella raffigurazione del sé nell’era digitale. Il fotografo sfida le convenzioni del «selfie» moderno, offrendo uno sguardo critico e satirico sull’autorappresentazione. Elliott Erwitt, con il suo spirito giocoso e il suo occhio affilato, continua a essere una fonte d’ispirazione.
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Lettera a Elliott Erwitt
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