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Una veduta parziale del Grande Cretto di Burri a Gibellina

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Una veduta parziale del Grande Cretto di Burri a Gibellina

Grande Visitor Center per il Grande Cretto: la protesta di Bruno Corà

Il presidente della Fondazione Burri dichiara che l’istituzione erede del maestro non è mai stata interpellata e che in tre anni le sue lettere non hanno ricevuto risposta. Non solo: smentisce che il soprintendente gli abbia dato appuntamento per settembre

Ada Masoero

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Era il 1981 quando Ludovico Corrao, sindaco colto e illuminato di Gibellina Nuova, chiedeva ad Alberto Burri (1915-95) di realizzare un «memoriale» per il paese storico, raso al suolo dal terribile sisma del 1968. Burri creò allora un’opera ineguagliabile per qualità estetica e per significato simbolico come il «Grande Cretto», una sorta di sudario di candido cemento che ricopriva le rovine del paese distrutto, aperto da solchi che seguivano il tracciato delle antiche strade.

La realizzazione della gigantesca opera richiese molti anni, anche per la difficoltà di reperire i fondi necessari, e fu completata solo nel 2015, nel centenario della nascita di Burri, con la fattiva collaborazione e la supervisione della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri (Fondazione Burri), istituita nel 1978 dal maestro per farne l’erede dei suoi averi e dei suoi voleri.

Il «Grande Cretto», capolavoro di Land Art (forse il più grande al mondo, con i suoi 6,5 ettari) che si appoggia come un lenzuolo candido sulla collina con il suo carico di memorie e che chiede ai visitatori una contemplazione silenziosa, è rimasto anch’esso «in silenzio» fino al 2022, quando la Regione Sicilia, allora presieduta dall’attuale ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, e il Comune di Gibellina, decisero di «riqualificare e rifunzionalizzare» l’area intorno al Cretto creando nello spazio tra l’opera e la Chiesa di Santa Caterina un Visitor Center (finanziato con 5 milioni di euro), sotto la supervisione della Soprintendenza di Trapani. Se la scelta di un architetto del calibro di Mario Cucinella è inattaccabile, meno comprensibile appare la necessità di costruire un centro di questa natura in un luogo destinato alla pura contemplazione. Ma ciò che più stupisce è il fatto che la Fondazione Burri non sia mai stata coinvolta nel processo decisionale.

Come spiega a «Il Giornale dell’Arte» Bruno Corà, presidente della Fondazione: «Anzitutto lamento una mancata corrispondenza con noi. La Fondazione Burri ha scritto più lettere alla Presidenza della Regione, al Soprintendente di Trapani, allo stesso architetto Cucinella, senza mai ottenere risposta. Riteniamo inopportuno che non vengano prese in considerazione le istituzioni che si occupano del lascito di un artista come Alberto Burri. Noi siamo i suoi eredi universali: eredi dei diritti di immagine, dei diritti morali e della tutela delle opere. Come presidente, elevo perciò una protesta formale. Riteniamo infatti che la musealizzazione del “Grande Cretto” sia fuori luogo, mentre vogliamo rammentare che presso il Comune di Gibellina è depositato un progetto dell’architetto Alberto Zanmatti, amico e collaboratore di Burri, e dell’ingegner Leonardo Tilotta, che rispecchia le idee del maestro riguardo alla sistemazione dell’area circostante l’opera. Devo aggiungere che il sindaco di Gibellina, Salvatore Sutera, di recente ci ha risposto, dicendosi disposto a firmare una convenzione con noi. Ma nulla finora se ne è fatto. Abbiamo perciò presentato un’istanza di vincolo al Soprintendente di Trapani, Riccardo Guazzelli». Il quale ha dichiarato di «aver avuto un’interlocuzione telefonica con la Fondazione Burri, dandoci appuntamento a settembre» («Corriere dell’Umbria», 26 luglio 2025). Il fatto è recisamente smentito a noi da Bruno Corà: «Ho telefonato io personalmente al soprintendente Guazzelli e posso assicurare che non è previsto alcun appuntamento per settembre».

Dello stesso avviso riguardo alla musealizzazione del «Grande Cretto» è Marco Magnifico, presidente del Fai-Fondo per l’Ambiente Italiano: «Il rapporto tra l’opera e il paesaggio è meraviglioso, ci dice, ma lo è anche il suo rapporto con i ruderi, numerosi, che lo circondano e che testimoniano quel momento in cui tutto, per colpa del terremoto, si è fermato improvvisamente. Nella Chiesa di Santa Caterina c’è un piccolo e dignitoso museo del “Cretto”, di cui sarebbe sufficiente aggiornare i materiali. Di fronte alla chiesa (purtroppo sormontata da una fastidiosa pensilina ricurva) c’è il grande rudere di un edificio senza alcuna personalità ma abbastanza grande per essere restaurato così com’è e per ospitare i bagni, un piccolo bar, un piccolo bookshop e null’altro. Perché ciò che lì è essenziale è soltanto il silenzio, mentre il pericolo è di fare del nuovo centro una meta “vociante”. Qualsiasi cosa disturberebbe il “Cretto” se non quello che già c’era quando Burri lo ha realizzato. Serve solo un po’ di pulizia, di cura del paesaggio, purché non eccessiva, perché anche i rovi intorno ai ruderi hanno un significato. Sono totalmente dell’avviso che non vada fatto null’altro. E occorrerebbe anche spostare un po’ più a valle il parcheggio: raggiungere il “Cretto” dovrebbe essere una specie di pellegrinaggio (i disabili, ovviamente, saranno accompagnati con un mezzo). Insomma, bisogna fare il minimo indispensabile e proteggere il silenzio, quello sì, indispensabile in questo luogo. Ed è più che giusto che non esista biglietteria: questa è un’opera che deve poter essere visitata di notte, all’aurora, al tramonto: quando si desidera».

Ada Masoero, 05 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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