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Redazione
Leggi i suoi articoliLe tensioni crescenti tra Iran e Israele hanno indotto i musei di entrambi i Paesi ad adottare misure di emergenza per proteggere i propri tesori nazionali. Il 13 giugno, dopo i raid aerei israeliani su siti nucleari e militari a Teheran, il viceministro iraniano per il patrimonio culturale, il turismo e l’artigianato, Ali Darabi, ha ordinato ai «custodi dei manufatti» di attuare protocolli di crisi, tra cui la chiusura in tutto il Paese di istituzioni e siti storici, nonché il trasferimento di reperti museali. Già il giorno successivo il Ministero della Cultura confermava che tutti i beni sensibili erano stati trasferiti in depositi sicuri. Anche le gallerie d’arte della capitale hanno sospeso le attività.
Il 16 giugno, la Società per l’Archeologia Iraniana ha pubblicato una dichiarazione su Telegram, condannando gli attacchi militari israeliani e sollecitando le organizzazioni mondiali per la tutela del patrimonio culturale, come l’Unesco e l’International Council Consiglio on Monuments and Sites (Icomos), a chiedere «un’azione internazionale immediata e coordinata, per salvaguardare la vita umana, proteggere il patrimonio culturale e difendere i valori del diritto internazionale e dell’umanità condivisa». «Il patrimonio culturale, si legge nella dichiarazione dell’organizzazione accademica e non governativa, non è solo patrimonio di una singola nazione, ma è un'eredità condivisa da tutta l'umanità. La sua distruzione costituisce un grave attacco all'identità, alla memoria e alle fondamenta della pace».
Dopo la notizia del primo attacco di Israele all'Iran nelle prime ore di venerdì 13 giugno, diversi musei israeliani hanno preso precauzioni mettendo al sicuro in depositi e caveau opere d'arte e manufatti di valore. Già nelle prime ore del giorno il Tel Aviv Museum of Art, il primo museo d’arte in Israele (fondato nel 1931, ha una vasta collezione che spazia dall’Impressionismo all’arte del Secondo dopoguerra e oltre) ha attivato i protocolli di guerra, trasferendo tutte le opere esposte in strutture sotterranee. Sul sito web del museo un avviso informa che «a causa dell'attuale situazione di sicurezza e in conformità con le istruzioni del Comando della Difesa Civile, il Museo rimarrà chiuso al pubblico a partire da venerdì 13 giugno fino a nuovo avviso. Tutte le attività sono sospese. Speriamo in giorni migliori». La direttrice Tania Coen-Uzzielli ha dichiarato che caveau e magazzini sono stati messi a disposizione di altri musei della città che avevano bisogno di un deposito protetto per le loro opere d'arte.
Nel campus dell'Università di Tel Aviv, il personale dell’Anu-Museum of the Jewish People ha trasferito il Codex Sassoon, la più antica Bibbia ebraica quasi completa al mondo, in un luogo sicuro all’interno dell'edificio. Il manoscritto, risalente a oltre 1.000 anni fa, avrebbe dovuto essere esposto in modo permanente l'11 ottobre 2023. Acquistato a maggio di quell’anno per 38 milioni di dollari in un’asta tenuta da Sotheby’s a New York e donato al museo israeliano da Alfred H. Moses, era arrivato in Israele pochi giorni prima dell'attacco di Hamas del 7 ottobre che ha dato inizio alla guerra in corso. L’esposizione era quindi slittata fino allo scorso maggio.
Alla fine della giornata del 13 giugno anche l’Israel Museum di Gerusalemme, in linea con le direttive di sicurezza nazionale ha chiuso al pubblico. «Ci siamo abituati», ha commentato la direttrice Suzanne Landau, in un’intervista alla radio Kan. «L'ultima volta è stato il 7 ottobre 2023». Il personale del museo è riuscito a trasferire in spazi protetti le collezioni e le opere in prestito nel giro di un’ora e mezzo. «I Rotoli del Mar Morto sono stati i primi», ha detto Landau, riferendosi ai sette rotoli scoperti a Qumran nel 1947 e conservati nel Santuario del Libro, presso l’Israel Museum. Riposti in scatole, ha spiegato la direttrice, saranno anche gli ultimi reperti a tornare nella loro sede abituale.
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