Francesco M. Benedettucci
Leggi i suoi articoliNel sito di al-Jumayl, a sud-est della capitale Amman in Giordania, è attiva dal 2019 la missione dell’Università di Vienna sotto la guida di Basema Hamarneh, titolare della cattedra di Archeologia tardoantica e cristiana. Poco distante si trova l’importante sito di Umm al-Rasas, oggi inserito nel patrimonio Unesco, dove per anni ha operato l’archeologo francescano padre Michele Piccirillo, che identificò il nome antico della località, Kastron Mefa’a, portando alla luce svariati edifici ecclesiastici bizantini con spettacolari pavimenti mosaicati. La prossimità tra questi due luoghi solleva non poche domande sulla relazione tra i due villaggi in epoca bizantina e islamica e le fotografie aeree degli anni ’50 e ’60 rivelano una comune distesa di terreni agricoli, con la presenza di muretti di demarcazione, sbarramenti e dighe.
Ad al-Jumayl l’obiettivo del progetto è indagare la morfologia insediativa in età tardoantica, con l’utilizzo delle metodologie scientifiche (bioarcheologia, archeobotanica e geoarcheologia) che si affiancano a quelle archeologiche. Le analisi di laboratorio cui sono sottoposti i resti organici e inorganici forniscono importanti dati per la conoscenza di antiche pratiche alimentari e preferenze nella produzione agricola, ma anche informazioni su economia locale, cambiamenti ambientali e condizioni di salute degli abitanti, mentre il campionamento dei sedimenti, analisi specifica della geologia ambientale, fornisce ulteriori rivelazioni sull’impatto del clima e sulle relazioni uomo-paesaggio, anche a livello regionale. Tutto questo appare di particolare importanza per meglio comprendere le modalità di frequentazione e abbandono degli edifici di culto nel passaggio tra la fase di dominio bizantino e la fase islamica.
Le prime campagne di scavo e ricognizioni ad al-Jumayil hanno rivelato l’occupazione del sito a partire dall’Età del Ferro fino all’epoca ottomana, presenze debitamente mappate e documentate. Lo scavo si è concentrato sul versante sud-ovest dell’insediamento, ove il terreno roccioso scende bruscamente verso il sottostante corso d’acqua stagionale. Qui è stato individuato un complesso architettonico costituito da due chiese adiacenti e comunicanti, eretto con grandi pietre provenienti dalla cava locale. Ciascun edificio mostra un ambiente a navata unica, con cinque file di pilastri doppi su cui poggiano archi a tutto sesto che sorreggevano, a loro volta, un tetto composto da lastre in pietra, rinvenute in situ nello strato di crollo.
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Una delle due chiese portate alla luce ad al-Jumayil. Foto: Basema Hamarneh
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Gli archeologi della missione austriaca al lavoro sulle pietre crollate delle coperture degli edifici ecclesiastici. Foto: Basema Hamarneh
Nelle campagne 2022, 2023 e 2024, la rimozione di questo crollo ha evidenziato uno strato di cenere grigia che ricopriva la maggior parte della chiesa Nord e alcuni settori della chiesa Sud. In questa cenere erano presenti molti reperti zoologici e botanici, con diversi tipi di piante carbonizzate e ossa di animali (soprattutto pecore, capre e volatili), oltre a gusci d'uovo e resti di pesci, tra cui quelli di un pesce pappagallo, animale molto comune nelle barriere coralline tropicali (incluso il Mar Rosso), la cui carne era particolarmente apprezzata in epoca tardoantica.
Altri materiali rinvenuti sono frammenti di vasi di vetro, tegole, intonaco di calce fine, tessere, macine in basalto e diversi pezzi di lastre di recinzione presbiteriale in scisto bituminoso, nonché ceramiche risalenti al periodo bizantino, abbaside e fatimide.
Rimuovendo gli ultimi strati relativi alla fase di abbandono, nella chiesa Nord è stato portato alla luce un mosaico pavimentale completamente privo di immagini, realizzato a più riprese. Le parti che coprono il presbiterio e la parte orientale della navata appartengono alla prima fase del periodo bizantino; la parte occidentale della navata mostra un mosaico molto rimaneggiato, in cui piccole parti di una precedente pavimentazione a mosaico sono ancora conservate lungo la parete occidentale. Il terzo segmento, più vicino alla facciata Ovest, è costituito dalle tessere originali, rimosse e ricollocate a formare un motivo a strisce di colore nero e rosso, occultando completamente le tracce della decorazione precedente. Si tratta di un caso unico nel panorama delle alterazioni iconofobiche dei mosaici pavimentali della regione.
Nel 2024 le attività di scavo si sono concentrate sulla chiesa Sud, ove la rimozione degli strati superiori ha permesso di identificare un pavimento della chiesa fatto di lastre, con resti limitati di un pavimento a mosaico conservati solo lungo il bordo Nord-Ovest. Ciò ha permesso di accertare che l’edificio, come l’adiacente chiesa Nord, era inizialmente decorato con un complicato mosaico pavimentale, conservato in piccola parte. In una fase successiva, per qualche ignota ragione, il mosaico è stato rimosso e sostituito da un nuovo pavimento. Tale cambiamento ha avuto luogo probabilmente intorno all'VIII secolo, o, almeno, quando la chiesa non era più utilizzata come edificio religioso, cosa dimostrata dal reimpiego di lastre di recinzione presbiteriale inserite nel pavimento con la faccia decorata rivolta verso l'alto.
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Lacerti di pavimenti musivi rinvenuti ad al-Jumayil. Foto: Basema Hamarneh
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Il pavimento lastricato di una delle chiese di al-Jumayil. Foto: Basema Hamarneh
Un sondaggio in profondità al centro della chiesa, dove mancavano lastre pavimentali, ha permesso di identificare quattro tombe sotterranee, circa 80 cm sotto il livello del pavimento. Le tombe polisome, orientate in senso est-ovest, erano tagliate nella roccia e coperte da un tetto di grandi lastre di pietra piatte. Le pareti interne erano decorate con semplice intonaco bianco, che conferiva una consistenza liscia alle pareti asimmetriche. Sorprendentemente, sono stati rinvenuti pochissimi reperti ossei e resti di corredo funerario, quali anelli, bracciali, fibbie di cintura e piccole perle in vetro. Probabilmente, per ragioni al momento ignote, le ossa furono rimosse prima che fosse realizzato l'ultimo pavimento.
Il complesso ecclesiale di al-Jumayil è senza dubbio di particolare interesse, soprattutto sotto le prospettive architettonica e liturgica. In altri esempi di chiese gemelle presenti nella regione, solitamente questi edifici non sembrano eretti nello stesso periodo; nel caso di al-Jumayil, le due chiese furono costruite relativamente poco tempo l’una dopo l'altra, anche se, tecnicamente, la chiesa Nord fu realizzata per prima. I numerosi cambiamenti di funzione del complesso e la fruizione spaziale intercambiabile attestano la sua lunga vita, sicuramente compresa tra VI e VIII secolo.
Il progetto di scavi e indagini archeologiche e scientifiche ad al-Jumayil prevede la realizzazione di ulteriori campagne, a partire dal 2025. Molte novità sono attese non solo dalle attività archeologiche tradizionali di scavo delle strutture architettoniche, di documentazione e di studio del materiale rinvenuto, ma anche dalla realizzazione di analisi scientifiche innovative che potranno certamente fornire ulteriori informazioni su molte attività quotidiane condotte dagli abitanti dell’antico insediamento, dall’economia alimentare all’utilizzo di particolari pratiche agricole. Ma, soprattutto, la prosecuzione dello scavo potrà consentire la verifica della funzione del complesso architettonico, nonché di fare luce sulle dinamiche del suo utilizzo post-ecclesiale, soprattutto per ciò che riguarda le fasi di abbandono.
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Una delle tombe rinvenute ad al-Jumayil durante le fasi di scavo. Foto: Basema Hamarneh
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Documentazione e rilievo delle strutture architettoniche portate alla luce ad al-Jumayil. Foto: Basema Hamarneh
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