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«Six Recruits» (1815 ca) di Ghulam Ali Khan, Washington, Freer Gallery of Art & Arthur M. Sackler Gallery | Freer Gallery of Art and Arthur M Sackler Gallery [Smithsonian Institution]

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«Six Recruits» (1815 ca) di Ghulam Ali Khan, Washington, Freer Gallery of Art & Arthur M. Sackler Gallery | Freer Gallery of Art and Arthur M Sackler Gallery [Smithsonian Institution]

I pittori dell’impero coloniale

Alla Wallace Collection la bellezza del mondo naturale indiano tra XVIII e XIX secolo e la realtà sociale dell’epoca

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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Londra. Fino al 19 aprile, la Wallace Collection presenta «Forgotten Masters: Indian Painting for the East India Company», a cura dello scrittore e storico William Dalrymple, prima mostra dedicata alle opere di pittura indiana commissionate dall’onnipotente East India Company (vera creatrice dell’impero coloniale britannico) tra fine del XVIII e XIX secolo. Questi dipinti, dai colori vivaci e abbaglianti e di sorprendente composizione pittorica, vanno riconosciuti fra le migliori creazioni della pittura indiana.

La mostra getta nuova luce su un aspetto trascurato della storia culturale anglo-indiana in cui si specchiano sia la bellezza del mondo naturale indiano sia la realtà sociale dell’epoca, in una rara visione della fusione culturale fra i gusti artistici britannici e gli stili indiani conviventi nel complesso sistema socioculturale anglo-indiano nel Sette-Ottocento.

Composta da opere dall’ampia varietà di tradizioni artistiche indiane, la mostra si concentra sullo splendore di quei maestri quali Shaikh Zain ud-Din, Bhawani Das, Shaikh Mohammad Amir di Karriah, Sita Ram e Ghulam Ali Khan, che ricevettero la committenza dell’East India Company, e (presentando opere di artisti Mughal, Marathi, Punjabi, Pahari, Tamil e Telugu) evidenzia il dialogo fra le varie scuole tradizionali indiane, quelle islamiche e quelle occidentali.

Committenti i grandi funzionari della East India Company: botanici o chirurghi, diplomatici, governatori, giudici e le loro mogli, oltre che artisti e intellettuali britannici in viaggio attraverso l’India per piacere e istruzione, in una sorta di Grand Tour d’Orient, tutti uniti dall’interesse entusiasta e non solo accademico per la variegata sfaccettatura della cultura, della storia e della biodiversità indiane.

La mostra esplora i quattro principali centri di quella che viene tradizionalmente definita «Company Painting School»: Calcutta e Lucknow, dove fiorirono i pittori Mughal delle province di Murshidabad, Patna e Faizabad; Madras e Tanjore, dove la committenza fece fiorire la tradizione pittorica dell’India meridionale; e Delhi, dove gli artisti della corte imperiale Mughal crearono alcune delle migliori opere dell’epoca.

Tutti questi dipinti rappresentano uno dei momenti tanto vivaci quanto trascurati dell’arte indiana nonostante l’epoca si segnali (proprio grazie al patronaggio della East India Company) per gli scambi culturali intensissimi fra le due civiltà indiana e britannica.

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 29 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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