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Christian Greco, 49 anni, dal 2014 direttore del Museo Egizio di Torino. Con lui, nella foto, il presidente Sergio Mattarella lo scorso 20 novembre, all’inaugurazione della nuova Galleria dei Re in occasione del bicentenario del museo

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Christian Greco, 49 anni, dal 2014 direttore del Museo Egizio di Torino. Con lui, nella foto, il presidente Sergio Mattarella lo scorso 20 novembre, all’inaugurazione della nuova Galleria dei Re in occasione del bicentenario del museo

I premi 2024 del Giornale dell’Arte • La persona • Greco

Come ogni anno, la redazione ha scelto la mostra, il museo, la persona e il libro più importanti o significativi

Andrea Augenti

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Dal 2014 Christian Greco dirige il Museo Egizio di Torino, eccellenza di livello mondiale. Per cortesia, facciamo tutto il possibile per tenercelo stretto

Dal mio punto di vista, e in perfetto accordo con la redazione di «Il Giornale dell’Arte», non avevo dubbi sul fatto che il personaggio di quest’anno del mondo dell’arte dovesse essere Christian Greco, il direttore del Museo Egizio di Torino. Non avevo dubbi perché se c’è una persona che con il suo lavoro, e con la sua enorme passione, ha lasciato e lascerà un segno sostanziale nella scena culturale italiana, questa persona è proprio lui. 

Partito da Arzignano, un piccolo paese in provincia di Vicenza, poi studente e conservatore museale a Leida, in Olanda, Greco ha fatto letteralmente irruzione a Torino nel 2014. Ha vinto il concorso per la direzione del Museo Egizio da perfetto outsider (ogni tanto i concorsi li vince chi merita davvero!) e si è trovato di fronte un’istituzione boccheggiante, piuttosto impolverata e non abbastanza valorizzata, rispetto alle sue grandi potenzialità. Quelle potenzialità Christian Greco le ha comprese subito, si è rimboccato le maniche e ha impostato una vera e propria rivoluzione, su più piani. Vado a macchia d’olio, dal più piccolo al più grande. 

Innanzitutto, la rivoluzione di Greco riguarda la materia stessa dell’Egittologia. Una disciplina con una tradizione plurisecolare, molto legata soprattutto alla sfera monumentale e funeraria del passato. Nel suo nuovo museo, Greco ha aperto le finestre e ha lasciato entrare una boccata d’aria fresca, approcci e contenuti informati a una concezione dell’archeologia moderna e metodologicamente solida. Un esempio per tutti? La «Galleria della cultura materiale», una sala interamente dedicata agli oggetti della vita quotidiana, alla loro materia e alla serialità dell’artigianato egizio. Non solo sarcofagi, non solo statue, insomma: gli oggetti, anche i più umili, con tutte le loro storie (sul concetto di «biografia degli oggetti» Greco insiste sempre molto), raccontate per arrivare a comprendere e a far rivivere gli esseri umani che quegli oggetti li usavano tutti i giorni. 

E quindi arriviamo al secondo livello della sua rivoluzione: il museo stesso. Christian Greco non è rimasto immobile (non è proprio nelle sue corde!) di fronte ai cosiddetti «punti forti» dell’allestimento precedente. E così, bando ai timori reverenziali: via la sala concepita da Dante Ferretti nel 2006 e spazio alla nuova Galleria dei Re, molto luminosa, con le grandi statue di dèi e faraoni più accessibili e vicine ai visitatori. E ancora, salutiamo il nuovo allestimento del tempio di Ellesiya e attendiamo con impazienza la nascita del «Giardino egizio». Ma non finisce qui. Greco è un vulcano di idee in perenne ebollizione, e direi che la sua impronta si traduce prima di tutto in un museo che non resta mai fermo, ma produce e rinnova continuamente i suoi contenuti. E quindi mostre, convegni, incontri. Una lunga serie di iniziative che sottolineano un concetto fondamentale: ogni museo nasce dalla ricerca e deve comunicare i risultati della ricerca. Non a caso, con il suo team sempre più folto, che include specialisti di ottima qualità, Greco dedica anche una parte del suo tempo a scavare in Egitto. Inoltre lo si vede spessissimo, in museo: con le «Passeggiate del direttore», ad esempio, durante le quali racconta in prima persona a un pubblico attentissimo le storie dietro a ogni reperto. Ma più in generale, il Museo Egizio è davvero casa sua, senza esagerazioni: è lì che passa la maggior parte del suo tempo, a saggiare gli umori dei visitatori e a riflettere su nuove possibilità espositive.

E poi, c’è un’altra dimensione di questa storia: Christian Greco ha molto presente un fatto centrale, e cioè che l’archeologia interessa a molti e che non è un mondo a parte, noi archeologi non viviamo in una bolla lontani da tutto il resto. A Greco interessano i contesti storici, del passato e del presente. E così, il suo Egizio ha anche trovato fin da molto presto una dimensione politica. Ma è di alta politica, che qui si parla: una politica nobile. Appena arrivato, Greco ha deciso di intitolare una sala del museo a Giulio Regeni, il ricercatore barbaramente ucciso in Egitto. Un gesto allo stesso tempo provocatorio e storicizzante, non richiesto eppure in qualche modo dovuto, visto che il Museo Egizio è, in un certo senso, un pezzo di Egitto in Italia. E poi, nel febbraio 2018 il battibecco davanti all’ingresso del museo con l’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni (allora presidente di Fratelli d’Italia), a causa dell’iniziativa degli ingressi agevolati per i membri della comunità arabofona. Colpisce molto, rivedendo quel video in rete, la pacatezza di Greco; e colpisce altrettanto quanto ha affermato di recente, e cioè che auspica un nuovo confronto con la presidente Meloni, perché (parole sue) «per me sarebbe un momento di crescita». 

Sì, perché lui è proprio così: Christian Greco sa essere «politico», e sa rendere il suo museo «politico» senza alcun estremismo, con gentilezza, umiltà e determinazione. Perché, alla fine, conoscendolo personalmente, credo di poter dire che una cosa gli stia a cuore più di qualunque altra: far sì che il Museo Egizio sia il museo di tutti. E ci sta riuscendo, senz’altro. La riprova? Chiedete ai torinesi che cosa ne pensano, dell’Egizio: non avrete altro se non risposte positive. Greco è diventato a tutti gli effetti un beniamino della città, perché il suo museo viene percepito come un fiore all’occhiello, qualcosa di cui essere fieri, indipendentemente dalle appartenenze politiche. Torino è una città viva, è spesso teatro di eventi straordinari: penso, solo nell’ultimo mese, ad Artissima, alle Atp Finals di tennis e al Torino Film Festival... Ma ognuno di questi dura una settimana, mentre il Museo Egizio, grazie a Christian Greco, risplende tutto l’anno (e crea un notevole indotto economico, tra l’altro).

Dopo un periodo difficile, in cui tutto è sembrato in bilico, e nuvole nere si addensavano molto spesso all’orizzonte, ora l’ottima squadra del Museo Egizio è nuovamente ben salda al suo posto, a partire dalla presidente della Fondazione da poco confermata dal ministro Giuli, Evelina Christillin (la persona che più ha creduto in Christian, fin dall’inizio: le dobbiamo tutti un grande ringraziamento). E Greco può dedicarsi al suo museo senza altre preoccupazioni se non quella di farlo crescere ancora di più, in piena armonia con la città che lo circonda e che lo ama. Abbiamo un’eccellenza di livello mondiale, in Italia, nel campo della cultura. Si chiama Christian Greco. Per cortesia, facciamo tutto il possibile per tenercelo stretto.

Andrea Augenti, 11 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

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