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Due angoli della casa parigina di Pierre Le-Tan (1950-2019)

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Due angoli della casa parigina di Pierre Le-Tan (1950-2019)

I segreti privati di «qualche collezionista»

Un libro scritto «sottovoce» dall’artista Pierre Le-Tan, lui stesso cultore del collezionismo

 

 

 

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Simone Facchinetti

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All’apparenza è un librino modesto, di poche pagine, illustrato con disegni del medesimo autore, morto nel 2019. In realtà si tratta di un piccolo tesoro, fatto di osservazioni, riflessioni e conoscenze molto intime di Qualche collezionista (Johan & Levi, traduzione di Rossella Rizzo, 120 pp., Milano 2024,  € 18).

Il titolo è rivelatore, poiché l’argomento principale è scontato: il collezionista? Il collezionismo? No, solo «Qualche collezionista». Alcuni collezionisti (venti) di cui Pierre Le-Tan ha potuto conoscere le passioni e le predilezioni: dalla principessa di Brioni a Pierre Rosenberg.

Al centro del libro c’è l’autore medesimo che in qualche modo costituisce il buco nero in cui sono stati riassorbiti tutti gli altri astri. È il capitolo più intenso ma forse anche quello più insincero. Si intuisce che Pierre Le-Tan ha preferito dissimulare, depistare, raccontare qualche bella storiella, senza andare a fondo della questione. Ma anche questa parte, anzi proprio questa parte, trasforma il lettore in un critico, attento a ogni singola parola: «La collezione che conosco meglio e di cui mi è più difficile parlare è naturalmente la mia. È inafferrabile».

C’è poi un secondo elemento da considerare, Pierre Le-Tan è stato un artista, quindi si è nutrito di conoscenze figurative, le ha collezionate, le ha scambiate, le ha vendute, le ha ricomprate, le ha osservate nelle case dei nuovi, provvisori, proprietari, ridisegnando una piccola galassia di predilezioni che hanno forgiato anche il mondo figurativo che ha costruito nel corso del tempo. È una specie di habitat autosufficiente che si è nutrito di immagini che arrivavano dal passato, le ha scelte, le ha inglobate e le ha ricreate.

Ora, tutto questo è apparentemente molto bello e quasi inutile allo stesso tempo, come ogni forma di collezionismo, in larga parte destinato a disperdersi senza lasciare alcuna traccia. Tuttavia è sempre utile fare delle verifiche, banali e prosaiche ma pur sempre dimostrabili. Altrimenti staremmo qua a sondare le qualità letterarie del testo (che pure esistono), le qualità artistiche dei suoi disegni (indiscutibili), le occasioni irripetibili dei suoi incontri.

Tutto questo, ovviamente, basterebbe a consigliarne la lettura, ma a quelli che ancora non ne sono convinti suggerisco un giro internet indirizzato all’asta della collezione Pierre Le-Tan, celebrata a Parigi il 16 marzo 2021 (Sotheby’s, ), dove si trovano molti degli oggetti menzionati nel libro. Il punto saliente è che gran parte delle opere che aveva raccolto nell’ultimo tratto della sua vita (dico questo perché c’era già stata un’asta, corrispondente alla sua prima vita, nel 1995, ancora Sotheby’s) hanno mediamente moltiplicato per 10 le stime iniziali. Per carità, sono solo numeri, ma vogliono dire che Pierre Le-Tan aveva visto giusto perché aveva collezionato con estremo gusto.

A questo punto bisognerebbe farsi un’ultima domanda: è stata la fama di Pierre Le-Tan a favorire il successo delle vendite della sua collezione o è stata la collezione a creare Pierre Le-Tan? Confesso di non saper rispondere ma, istintivamente, sarei per la seconda, anche se sono consapevole che questa opzione conduce dritto alla prima.

 

Qualche collezionista,
di Pierre Le-Tan, traduzione di Rossella Rizzo, 120 pp., Johan & Levi, Milano 2024,  € 18

La copertina del volume

Simone Facchinetti, 24 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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