Image

Una scena dal film «Indiana Jones e l’ultima crociata» (1989) di Steven Spielberg

Image

Una scena dal film «Indiana Jones e l’ultima crociata» (1989) di Steven Spielberg

Il Santo Graal? Inutile cercarlo, tanto non si trova

In un volume di Matthias Egeler edito da Il Mulino il presunto calice utilizzato nell’Ultima Cena ha una qualità essenziale: la «capacità di riflettere quasi ogni idea o desiderio concepibile»

Virtus Zallot

Leggi i suoi articoli

Il libro di Matthias Egeler ricostruisce l’intreccio delle molte storie del Graal o, meglio, dei molti e diversi Graal che hanno alimentato le storie. Nei racconti in cui è citato, dal Medioevo a oggi, non è infatti soltanto il presunto calice utilizzato nell’Ultima Cena (che avrebbe poi raccolto il sangue di Gesù), ma ciotola di servizio, sacra patena, inesauribile cornucopia, pietra magica che guarisce e ringiovanisce, oggetto misterioso, legame di sangue tra i discendenti di Gesù e altro ancora. 

Finzione narrativa in opere letterarie (dal Perceval di Chrétien de Troyes fino a Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco, a Il Codice da Vinci di Dan Brown e alla trilogia di Kate Mosse), musicali (le più note, il «Lohengrin» e il «Parsifal» di Richard Wagner), cinematografiche (per esempio «Indiana Jones e l’ultima crociata» di Steven Spielberg e la traduzione in film del romanzo di Dan Brown) e figurate (in particolare in manufatti del XIX secolo). Il Graal è stato da alcuni considerato concretissimo oggetto da rintracciare e venerare, per quanto altri lo ritenessero invece in cielo. Argomento di ricerche e ricostruzioni pseudostoriche, ancora attrae turisti nei luoghi che lo nasconderebbero. È inoltre assurto a simbolo religioso (precristiano, cristiano, anticristiano e, oggi, postcristiano e alternativo) e politico (in particolare, nell’ambito di alcuni fanatismi razzisti e nazionalisti). 

Il volume individua e analizza tale repertorio di formalizzazioni e significati, sorta di intrico destinato a rimanere tale poiché non esiste un filo conduttore e tantomeno il bandolo della matassa: la qualità essenziale e il segreto del successo del Graal, sostiene infatti Egeler, è proprio la sua «capacità di riflettere quasi ogni idea o desiderio concepibile». Anche per questo, suggerisce Umberto Eco, non va affatto preso sul serio. Ma noi, come moderni Perceval (che vedendolo sfilare evitò di domandare che cosa fosse e che cosa significasse), lasciamolo nell’indeterminatezza, osservandolo nei fantasy senza pretendere verità e, soprattutto, senza cercarlo nella realtà. 

Il Santo Graal. Storia del calice di Cristo da Artù a Indiana Jones
di Matthias Egeler, trad. di Carla Salvaterra, 144 pp., ill. b/n, il Mulino, Bologna 2024, € 15

La copertina del volume

Virtus Zallot, 09 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Il più delle volte l’«amplexus», questo gesto scritto e illustrato, poteva indicare ciò che non si poteva rappresentare esplicitamente, l’atto sessuale

Le diverse competenze delle braccia maschili e femminili trovavano fondamento nella maledizione divina che condannò Adamo a faticare per trarre il cibo dalla terra ed Eva a partorire con dolore e ad accudire i figli

Il volume di Alessio Innocenti è un viaggio nel millennio che precede l’età moderna, ricco di immagini, approfondimenti, luoghi da visitare e anche film e serie Tv da guardare

Il Santo Graal? Inutile cercarlo, tanto non si trova | Virtus Zallot

Il Santo Graal? Inutile cercarlo, tanto non si trova | Virtus Zallot