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La copertina del volume «I Buddenbrook» (1901) di Thomas Mann nell’edizione Einaudi del 2014

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La copertina del volume «I Buddenbrook» (1901) di Thomas Mann nell’edizione Einaudi del 2014

Il dottor Divago: libri da spiaggia o spiaggia di libri?

Divagazioni letterarie di Stefano Causa

Stefano Causa

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Per chi non è abituato, pensare è sconsigliato: parola di Francesco Guccini, 1976. Però lo è anche leggere se, da sempre, in Italia ci sono più scrittori che lettori. Pure con l’estate al massimo del voltaggio, non facciamo che esortare a leggere e suggerire rose di titoli da ficcare in valigia (ma mica qualcuno ha mai raccomandato a nessuno di fare l’amore e come farlo!). In ogni caso: alla domanda sul libro da spiaggia per antonomasia, si prospettano due reazioni: far partire lo schiaffo (cosa cui rinunciamo per principio) o blindarsi nel silenzio. Una terza possibilità non si dà. A meno che non ci si voglia mettere a spiegare che non esiste libro da spiaggia ma, semmai, una spiaggia di libri da leggere per la prima volta. Un libro muta pelle a ogni apertura. Anche alla quinta o sesta visita, il capolavoro di Stendhal è sempre di due colori diversi. Il rosso e il nero.

Non esistono libri leggeri o pesanti, ma buona e cattiva letteratura. Se mal scritto, un libro diventa duro come un mattone e mentre lo leggi provi a correggerlo per migliorarlo. Lo riscrivi leggendolo. Più che libri da spiaggia o da tavolo esistono buoni e cattivi libri e, spesso, i cattivi sono così cattivi da esigere più tempo e pazienza della Morte di Virgilio di Broch o della Critica della Ragion pura. Così non esiste musica leggera e pesante, ma buona e cattiva musica.

Ugualmente non c’è soluzione tra vacanze culturali e di svago come pretenderebbe una recente pubblicità dove, per elencare le innumeri e varie bellezze del Friuli, un nucleo familiare arriva al limite dello scontro tra chi vorrebbe andare al mare, chi ai monti, chi nei musei (la sorella maggiore), chi, in pronta opposizione, alle fonti del divertimento (il fratello). Eppure non c’è posto più eccitante di un museo (come insegnano Hitchcock e Brian de Palma); nulla di più mortifero e uniformante di una spiaggia (come sapevano lo Spielberg dello «Squalo» e il Risi del secondo tempo di «Il sorpasso»).

Ma conveniamo pure che i libri pesanti siano quelli che nelle librerie sono a portata di sguardo e mai a portata di mano; i libri, insomma, in cui non inciampi. L’aggettivo classico li accompagna come una condanna. I russi, i francesi, gli inglesi dell’800. Qualche italiano sparuto o sparito. Sono quelli che, come diceva un appassionato di verismo, leggi di malavoglia. Italo Calvino, che aveva studiato da lettore professionista, dice che i classici sono quelli che non hanno mai smesso di dire quello che hanno da dire. Ma questo solo se uno ha fatto la fatica di aprirli. A noi sembra che il contrassegno del classico sia rilasciare giusto il contrario di quello che pensavi contenesse. C’è molto più sesso in Maupassant che in Henry Miller ed è meglio scritto. Il Pickwick di Dickens (specie la prima parte) rimane uno dei libri più divertenti del mondo. I Buddenbrook di Thomas Mann, a fine ’800, è l’ultimo romanzo scritto con le vecchie regole ed è, se vogliamo, il romanzo dei romanzi. Il romanzo definitivo prima delle pippe mentali che comincerà a porsi (e costringerci a porci) la truppa dei grandi di primo ’900, tra Joyce, Kafka, Proust e Musil. Ecco: sulla spiaggia 2024 portiamoci i teneri, patetici industriali di casa Buddenbrook. Che almeno tra la Germania del Nord e la Baviera tira un poco di fresco.

Stefano Causa, 23 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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