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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliSe è usuale che le fondazioni di origine bancaria italiane detengano ingenti raccolte d’arte, «ereditate» dalle banche di riferimento dopo il distacco dagli istituti di credito avvenuto all’inizio degli anni Novanta con la legge Amato, meno diffuso è il tentativo di «sistematizzare» la presentazione di tali collezioni in esposizioni. Lo fa ora, con «Collezione d’arte. Da Signorelli a Burri», a cura di Anna Ciccarelli, a Palazzo Montani Leoni a Terni, dal 12 dicembre al primo marzo 2026, la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni che raccoglie un «museo della memoria artistica» attraverso 45 opere. Abbiamo visitato la rassegna in compagnia della curatrice, direttrice della stessa fondazione.
Com’è organizzata la mostra?
Il percorso prende avvio con alcune testimonianze del Trecento e del Quattrocento, tra cui alcune legate alla cerchia di Taddeo Gaddi e prosegue con i grandi maestri del Cinquecento, come Luca Signorelli, presente con la predella del «Massacro degli innocenti» con «Adorazione dei pastori» e «Adorazione dei Magi», opera che rivela il suo straordinario senso plastico e la tensione drammatica delle figure. C’è anche «Venere e Adone» attribuibile alla bottega di Tiziano. Seguono nel percorso dipinti di scuola manierista, barocca e fiamminga, in cui si colgono le trasformazioni della pittura tra eleganza formale e ricerca di nuovi effetti luministici. Tra gli artisti di maggior rilievo figurano Artemisia Gentileschi, presente con una «Giuditta e la sua serva con la testa di Oloferne», e Mattia Preti, di cui vediamo la «Santa Maria Maddalena contempla i chiodi della Crocefissione». Tra i protagonisti del Vedutismo e della pittura en plein air in mostra c’è Francesco Guardi con una bellissima veduta di piazza San Marco, oltre al francese Claude Joseph Vernet con una scena portuale idealizzata, al fiammingo Jan Frans van Bloemen e a Martin Verstappen, di cui esponiamo la «Veduta della cascata delle Marmore».
Per gli ultimi due secoli invece?
La sezione dedicata all’Ottocento e al primo Novecento documenta l’evoluzione del gusto borghese e del sentimento del vero, dalla pittura romantica, al Realismo e all’Impressionismo. Esponiamo, ad esempio, due straordinarie opere: una natura morta di Camille Pissarro e un raffinato paesaggio di Alfred Sisley. Arrivando all’Italia spicca Alberto Burri con una «Combustione» del 1961, oltre a numerosi altri nomi tra cui Ardengo Soffici, Ugo Castellani, Umberto Prencipe, Amerigo Bartoli, Orneore Metelli e Aurelio De Felice fino ad Agostino Bonalumi.
Com’è costituita la raccolta della Fondazione Carit?
Abbiamo un ricco patrimonio storico costituito da oltre 1.100 opere suddivise in due nuclei storici: il primo deriva dal conferimento di beni mobili da parte della Cassa di Risparmio di Terni e Narni avvenuto nel 1992; il secondo è costituito da beni acquistati direttamente dalla Fondazione a partire dalla sua nascita, nel luglio 1992, che tuttora viene incrementato con nuove e preziose donazioni e acquisizioni prevalentemente da case d’asta nazionali e internazionali. Quest’ultimo nucleo si compone di oltre mille opere tra oli su tela, tavola e carta, acquerelli, disegni e grafiche, sculture lapidee e in bronzo: la parte più rilevante è rappresentata dal fondo «Guido Mirimao», costituito da 932 opere devolute dalla moglie dell’artista nel 2015, cui la Fondazione ha dedicato una mostra ed esposizioni permanenti a Palazzo Montani Leoni.
Camille Pissarro, «Bouquet di fiori con rose», 1900 ca
Alberto Burri, «Combustione», 1961