Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliCon un pagamento di oltre 200mila euro, deciso dalla Corte d’Appello di Bologna in una sentenza emessa il 12 luglio scorso e resa nota alle parti solo a fine ottobre, si chiude il contenzioso legale in corso dal 2017 tra i proprietari parmensi del ciclo «Imagini della Divina Commedia» di Amos Nattini e il Mar, Museo Comunale d’Arte di Ravenna. «La sentenza della Corte d’Appello di Bologna, emessa dalla corte presieduta da Maria Cristina Salvadori della seconda Sezione Civile, spiega l’avvocato Giulio Volpe, docente di Legislazione comparata dei beni culturali all’Università di Bologna, ribalta l’azzardata e inspiegabile sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna, del 25 febbraio 2021 emessa dal giudice Annarita Donofrio (che faceva riferimento qui alla mancanza di un «nesso causale certo tra eventuali inidoneità dei locali, comunque non dimostrata in modo certo, e il danneggiamento lamentato», Ndr), e così si riafferma un principio essenziale sul quale si fonda inequivocabilmente il rapporto tra collezionisti prestatori e musei organizzatori di mostre. È dunque ora ribadito il principio dell’affidamento nei confronti di un’istituzione museale, su cui ogni prestito e ogni mostra si reggono».
Volpe, legale con l’avvocato Alice Potitò di una famiglia di collezionisti parmensi, fa riferimento a un delicato contenzioso in atto tra questi, proprietari dell’importante corpus «Imagini della Divina Commedia», 100 fogli realizzati dal genovese Amos Nattini (1892-1985) raffiguranti tutti i canti del poema dantesco, e il Mar, Museo Comunale d’arte di Ravenna, che aveva esposto le opere ormai otto anni fa nella mostra «Divina Commedia. Le visioni di Doré, Scaramuzza, Nattini» (3 ottobre 2015-10 gennaio 2016). La causa iniziò nel 2017 perché le opere, a dire della proprietà, erano state deteriorate durante il periodo espositivo: «Quei fogli, prosegue Volpe, sono delicatissimi e sono stati danneggiati irreparabilmente in molte parti, letteralmente strappati, come rilevò durante la mostra stessa anche l’esperta di restauro Camilla Roversi Monaco del Laboratorio degli Angeli di Bologna che li aveva esaminati nell’autunno 2015 all’arrivo in museo per l’esposizione. Al Mar, al tempo, non mossero un dito per salvare il salvabile quando a mostra in corso vennero segnalati i primi problemi: io stesso verificai con le strumentazioni tecniche che la temperatura riscontrata era tra i 22 e i 23° con indice di umidità relativa tra 37% e 39%, nettamente inferiore a quanto previsto dalle condizioni di climatizzazione formalmente comunicate. Invece i rilevamenti termo-igrometrici quotidiani, richiesti più volte e promessi dalla direttrice di allora del Mar (Maria Grazia Marini, Ndr), non ci pervennero mai».
Che questi lavori siano importanti è noto agli studi e agli organizzatori di mostre: Nattini ottenne la commissione nel 1921, in occasione del sesto anniversario della morte di Dante Alighieri (1265-1321), dall’Istituto nazionale dantesco di Milano. L’artista, a partire dal 1923, realizzò una litografia per ogni canto dantesco, a colori e utilizzando acquarello e olio, completando l’illustrazione di Inferno, Purgatorio e Paradiso rispettivamente nel 1928, 1936 e 1941. La Corte d’Appello di Bologna nel dispositivo della sentenza scrive ora che «in parziale accoglimento dell’appello proposto (dai proprietari) e in riforma dell’impugnata sentenza, condanna il Mar di Ravenna al risarcimento dei danni in favore (dei proprietari) che liquida in euro 209mila per il deprezzamento delle opere e in euro 16.500 per il restauro». Nessun commento da parte dell’avvocato Andrea Facco, legale del museo e del Comune ravennati.
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