Milano l’attendeva da 52 anni e il 7 dicembre prossimo (pare incredibile) Brera diventerà davvero la «Grande Brera» vagheggiata nel 1972 dal direttore di allora, Franco Russoli (1923-77), e resa possibile da lui e dal soprintendente Gian Alberto Dell’Acqua (1909-2004). A portare a compimento questo percorso, dopo decenni di diatribe, intoppi, rinvii, cambi di rotta, è Angelo Crespi, dallo scorso dicembre direttore generale della Pinacoteca di Brera (500mila visitatori nel 2024), della Biblioteca Nazionale Braidense e ora anche del Cenacolo Vinciano, che nella marcia di avvicinamento all’inaugurazione di Palazzo Citterio (che con le magnifiche collezioni Jesi e Vitali porterà il museo nel ’900) si è mosso su più fronti. A iniziare dalla nuova identità visiva e dalla nuova immagine coordinata dell’intero complesso, con il logo progettato da Gruppo Qubit con Carmi e Ubertis (cui si deve anche il logo degli Uffizi, Compasso d’Oro 2020 per la Comunicazione), basato su un ottagono, la figura geometrica che compare sia nel cortile del Palazzo di Brera sia in quello di Palazzo Citterio, e declinato in color ottanio. E che vede il nome «Milano» accanto a quello di «Grande Brera».
Dottor Crespi, era necessario un nuovo logo per Brera?
Certamente sì, nel momento in cui diventava Grande Brera Milano; ma non solo: questo sarà una sorta di «mother brand» (depositato), che già include le tre istituzioni a me affidate (Pinacoteca, Palazzo Citterio, Biblioteca) ma che mi auguro sia adottato quanto prima da tutti gli altri importanti «condòmini» del Palazzo: l’Accademia di Belle Arti, l’Osservatorio astronomico, l’Orto Botanico, l’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere. Conseguenza di questo sarà la segnaletica coordinata, che dal 7 dicembre esordirà in Palazzo Citterio per poi interessare non solo l’intero complesso di Brera (sinora non esisteva, Ndr) ma anche l’esterno, con un «wayfinding» che inizierà dalle stazioni più vicine delle tre linee contigue della Metropolitana, pensato anche per il pubblico fragile: un collegamento urbanistico studiato con il Comune di Milano per facilitare l’accesso a tutti. E il progetto è interamente finanziato.
Su chi avete potuto contare?
Sui membri del Patto per Brera, un gruppo di grandi imprenditori (figure al vertice di Avm Gestioni, Banca Ifis, Bmw Italia, Fondazione Berti, Studio Legale Mascetti, Francesco Micheli, Pomellato, PwC Italia, Siram Veolia, Swarovski Italia). Al momento 10, ma conto di arrivare presto a 20. Tutti si sono impegnati a sostenere per quattro anni Brera con l’ArtBonus. Non una sponsorizzazione, quindi (infatti non potranno avvalersi del nostro marchio), ma nulla vieta loro di intervenire in altra veste per altri eventi. Così ha fatto Banca Ifis, che ha sostenuto la mostra di Mario Ceroli curata da Cesare Biasini Selvaggi che presenteremo, per l’inaugurazione di Palazzo Citterio, nelle Sale Stirling, sotterranee. Ma non solo, a tutti gli aderenti al Patto per Brera, che hanno versato 50mila euro, abbiamo chiesto di aggiungere altri 10mila euro per un progetto destinato ai bambini autistici, realizzato con l’associazione «I bambini delle fate». A questo proposito, stiamo attivando un sito dedicato all’Esg (Environmental, Social, Governance, un rating di sostenibilità che esprime l'impatto ambientale, sociale e di governance di una impresa o di una organizzazione, Ndr): qualcosa che sinora nessun museo ha mai fatto.
Ma che cosa troveremo entrando, finalmente, in Palazzo Citterio?
Oltre alla retrospettiva di Ceroli negli spazi ipogei, che andrà poi a Roma alla Gnam, al secondo piano ci sarà una grande mostra curata da Luca Molinari e allestita da Francesco Librizzi che racconterà Brera, la sua storia, il suo palazzo, dal ’200 ad oggi: una vicenda che sarà anche plasticamente riassunta in una sorta di grande diorama. Al piano nobile, com’è noto, ci saranno in permanenza le due magnifiche collezioni Jesi e Vitali, ma al «Giornale dell’Arte» anticipo una novità: la prima sala del piano nobile sarà dedicata al secondo ’800 (nel palazzo storico la collezione si arresta al 1860) e qui troverà posto, finalmente, il grandioso dipinto «Fiumana» (1895-96) di Pellizza da Volpedo (l’immediato precedente del «Quarto Stato», Ndr), rimasto lungamente nei depositi. Accanto ci saranno altre opere coeve, alcune delle quali prestate dalla Gnam di Roma, con cui abbiamo appena stretto un patto di reciproca valorizzazione per l’arte dell’800 e ’900.
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